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Daily focus
Libia: bel suol d’amore
13 febbraio 2020

L’Onu approva una risoluzione sul cessate-il-fuoco, Haftar blocca i voli delle Nazioni Unite mentre Di Maio fa la spola tra Tripoli e Bengasi. E l’Italia finisce sotto attacco per il rinnovo del memorandum con la Libia.

 

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu approva una risoluzione per un "cessate-il-fuoco duraturo" che sostituisca la tregua in corso nel paese, che da gennaio è stata ripetutamente violata. Il testo, redatto dal Regno Unito, è stato approvato con la sola astensione della Russia. Nonostante l'unità di intenti manifestata a Berlino lo scorso 19 gennaio, infatti, sul dossier libico permangono divisioni profonde nella comunità internazionale. Poche ore dopo, il generale Khalifa Haftar ha bloccato i voli Onu per l'aeroporto di Tripoli, invitando il personale internazionale a usare altri scali aerei e dicendo di “non poter garantire la sicurezza dei voli sull’aeroporto di Mitiga a Tripoli, utilizzato dalle forze turche come propria base”. Intanto il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio fa la spola con la Libia: dopo la missione di ieri a Tripoli – dove ha incontrato il premier del governo di accordo nazionale (Gna) Fayez al Serraj e il ministro dell'Interno Fathi Bashaga che gestisce la questione migratoria – oggi vola a Bengasi per un faccia a faccia con il generale Haftar. La doppia missione in Tripolitania e Cirenaica conferma l'impegno da parte dell'Italia a dialogare con entrambe le parti in conflitto, e a guadagnare terreno in vista della conferenza sulla sicurezza prevista il 16 febbraio a Monaco.

 

Onu: una risoluzione vincolante?

 

Per la prima volta dall’inizio dell’offensiva su Tripoli da parte del generale Khalifa Haftar il Consiglio di Sicurezza Onu ha adottato una risoluzione per chiedere alle parti in conflitto di "impegnarsi per un cessate-il-fuoco duraturo" e insiste sul pieno rispetto dell’embargo sulle armi, ripetutamente violato. Inoltre, ricorda l’impegno assunto da tutti i partecipanti alla conferenza di Berlino, ovvero di astenersi dall’interferire nel conflitto. Ma le buone notizie finiscono qui. Perché il documento – approvato con 14 voti a favore e l’astensione della Russia (che in quanto membro permanente avrebbe avuto potere di veto) – non prevede alcun meccanismo sanzionatorio in caso qualcuno violi le suddette regole. In altre parole, non è cambiato nulla. Tutti proclamano le proprie buone intenzioni, ben sapendo che in caso di trasgressione non saranno adottate contromisure. 

 

 

 

Perché Di Maio va a Tripoli?

 

Ieri nella capitale libica assediata, il ministro degli Esteri Di Maio ha proposto alla controparte un documento che permettesse di superare le criticità interne al memorandum di intesa del 2017, ideato con l'intento di contrastare il traffico di esseri umani. In cambio l’Italia si è detta pronta a destinare 20 milioni per le municipalità libiche e a riconsiderare un vecchio progetto infrastrutturale (la famosa autostrada litoranea prevista dagli accordi tra Muammar Gheddafi e Silvio Berlusconi nel 2008) mai realizzato. Ma cosa chiede esattamente Roma nel nuovo memorandum di intesa? Secondo quanto riportato nella bozza pubblicata in esclusiva da Avvenire, non mancano i buoni propositi come il “rilascio di donne e bambini” da quelli che – in modo inappropriato – vengono definiti “centri d’accoglienza” e una loro chiusura non immediata bensì “progressiva”.

 

…e poi a Bengasi?

 

Oggi il ministro è tornato in Libia, stavolta a Bengasi, per incontrare il generale Khalifa Haftar. Con lui il ministro toccherà quello che, assieme ai migranti, è il tema che maggiormente tocca l’Italia: il petrolio e gli interessi energetici del nostro paese sul suolo libico. Meno di un mese fa, alla viglia della conferenza di Berlino, il generale ha bloccato i terminal petroliferi facendo crollare la produzione da 1,2 milioni di barili al giorno a 183 mila circa e provocando una perdita economica di 1,3 miliardi di euro alle casse del Governo di Tripoli. Per l’Italia è un’emergenza che tocca il cuore dei nostri interessi strategici; per Haftar uno strumento di pressione sull’esecutivo della capitale.

 

Guardando a Monaco?

 

E domenica a Monaco di Baviera si riunirà il cosiddetto “Comitato dei seguiti” dei ministri degli Esteri, per proseguire il processo di verifica della tregua in Libia. È il primo incontro dell’organismo ad hoc, istituito per attuare le conclusioni della conferenza di Berlino. L’obiettivo principale, sostiene Di Maio in un’intervista a La Stampa, “è di assicurare una partecipazione costruttiva delle due parti al Comitato militare congiunto”, il fragile embrione da cui potrebbe nascere una futura missione di pace europea sotto il cappello dell’Onu.

 

Sotto accusa?

 

Riguardo il memorandum di intesa, molti dubbi sono stati sollevati sulla possibilità di migliorare la condizione degli stranieri nei centri di detenzione di un paese che, come la Libia, non riconosce la convenzione di Ginevra sui rifugiati. Inoltre, le agenzie umanitarie presenti nel paese – e che già hanno grandi difficoltà a garantire la sicurezza dei propri dipendenti – hanno detto di non essere state interpellate dal governo nella stesura del documento. Parole dure sono state rivolte all’Italia dall’organizzazione Human Rights Watch, che ha chiesto che Roma interrompa ogni forma di collaborazione con le autorità e la Guardia Costiera Libica fino a quando la Libia “non si impegnerà per un piano chiaro capace di garantire il pieno rispetto della sicurezza e dei diritti dei migranti

 

Il commento

Di Eugenio Dacrema, acting co-head Area Mena, ISPI

“Il blocco petrolifero imposto dal generale Haftar per soffocare il Governo di accordo nazionale di Fayez al-Serraj e in corso da quasi un mese ha aggiunto un tassello nuovo e determinante per i futuri sviluppi del conflitto in Libia. È verosimile che il crollo del prezzo del barile, causato dagli effetti del Coronavirus in Cina, non incoraggi gli sponsor del generale – tutti paesi rentier del Golfo più la Russia – a sbloccare l’estrazione, che comporterebbe l’arrivo sul mercato di quasi un milione di barili al giorno. L’azione di Haftar è un promemoria per le potenze internazionali: chiudendo i campi, ha chiarito di detenere un veto su qualsiasi accordo di cessate-il-fuoco o eventuale accordo politico”.

 

***

A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)

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