La Libia rimane politicamente e territorialmente divisa fra due governi rivali. I fronti militari sono calmi e la guerra civile non è imminente ma la situazione resta instabile.
La capitale Tripoli ed il nord ovest del paese sono controllati dal Governo di unità nazionale (Gnu), attualmente guidato del primo ministro Abdul Hamid Dbeibah. Il governo di Tripoli è riconosciuto a livello internazionale e occupa il seggio della Libia alle Nazioni Unite e all’Unione africana, ma è meno unito di quanto sembri. Dbeibah è una figura politica che rappresenta un compromesso fra i poteri forti dell’ovest, che includono le milizie islamiste di Tripoli e Misurata e interessi economici legati a reti di clientelismo.
L’est del paese e vaste zone della Libia centrale sono nominalmente sotto l’autorità della Camera dei Rappresentanti, la legislatura unicamerale della Libia, che nel marzo 2022 ha creato un governo parallelo con Fathi Bashagha come primo ministro. In realtà, è il generale Khalifa Haftar a governare questi territori in modo autoritario.
I due campi si reggono fondamentalmente su network di forze armate e milizie organizzate a livello locale e regionale, ma mantengono al tempo stesso complesse alleanze internazionali che hanno loro permesso di perdurare negli anni. Il governo di Tripoli ha l’appoggio militare della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan. La Russia, l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti sono invece i principali alleati di Haftar.
Le divisioni della Libia di oggi non sono un semplice conflitto est-ovest. I due pretendenti al potere, Dbeibah e Bashagha, non sono distinguibili l’uno dall’altro né per ideologia né per provenienza. Sia Bashagha sia Dbeibah sono originari di Misurata ed entrambi hanno l’appoggio di fazioni islamiste. Un altro fattore che li accomuna è che non hanno legittimità democratica. Le ultime elezioni nazionali in Libia si sono tenute nell’ormai lontano 2014. Quanto a Haftar, nonostante si sia efficamente posizionato come uomo forte anti-islamista, il suo Esercito nazionale libico conta fra le sue file diversi battaglioni salafiti e il generale lascia loro campo libero in materia di questioni religiose.
Le élite politiche della Libia sono interessate principalmente a ottenere posizioni di potere nel governo e nelle forze di sicurezza, a controllare le finanze pubbliche e le infrastrutture energetiche e a gestire le alleanze internazionali.
La Libia è un petrostato: nel 2021, i proventi del petrolio hanno rappresentato il 98% delle entrate pubbliche, secondo dati della Banca centrale della Libia. Le autorità di Tripoli controllano la compagnia petrolifera nazionale, la National Oil Corporation (Noc), e la Banca centrale, e riscuotono quindi la totalità dei proventi della produzione di idrocarburi. Ma le forze di Haftar controllano l’intera “mezzaluna del petrolio” nell’est del paese, così come cinque dei principali porti petroliferi della Libia: Es Sider, Ras Lanuf, Zueitina, Brega e Hariga. (Gli altri due principali porti petroliferi, Mellitah e Zawiya, sono nell’ovest del paese.)
Haftar non può vendere il petrolio direttamente sui mercati internazionali ma può bloccare fino a ¾ della produzione e dell’esportazione, cosa che ha fatto ripetutamente negli anni per forzare il governo di Tripoli a cedergli una percentuale dei proventi.
Un accordo segreto fra Haftar e Dbeibah, probabilmente mediato dagli Emirati Arabi Uniti, ha portato alla nomina di Farhat Bengdara al posto di direttore della Noc nel luglio 2022.[1] I termini dell’accordo non sono pubblici ma da quando Bengdara ha preso le redini della Noc la completa ripresa della produzione e delle esportazioni di petrolio in tutta la mezzaluna dell’est indica che Haftar sta incassando una percentuale dei proventi.
Da un punto di vista politico e militare, la Libia resta in una situazione di stallo. Il paese rimane diviso, malgovernato, suscettibile a sporadici scontri armati su scala limitata e ad abusi dei diritti dei cittadini libici e dei migranti. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha inoltre complicato ulteriormente il processo di mediazione dell’Onu in Libia.
[1] H. Saleh. “Libya’s new oil chief promises to lift blockades”, Financial Times, 14 luglio 2022 (https://www.ft.com/content/7a96ce04-4642-43a7-9610-b5b0b8965540).