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Commentary

L'incognita della disputa sino-americana sugli FTA

07 novembre 2014

Un concentrato di attività diplomatica al massimo livello come quello che si profila questa settimana nella regione asiatica appare già di per sé straordinario, quasi come una nuova indicazione simbolica dello spostamento del baricentro geopolitico dall’Atlantico verso Est. 

Sullo sfondo di tensioni politiche crescenti, l’economia sarà il focus di tutti i vertici: Apec a Pechino (11-12 novembre), Asean, Asean+3 e East Asia Summit a Nay Pyi Taw, Myanmar (12-13) e G20 a Brisbane, Australia (15-16).  L’appuntamento in Cina appare destinato a essere il più importante e delicato: non a caso a Pechino viene considerato il maggior evento internazionale dalle Olimpiadi. 

Il background è diverso dai precedenti vertici Apec. Mentre il Congresso Usa tarda a ratificare la revisione delle quote Fmi (approvata al vertice di Seul del lontano 2010), la Cina si è fatta promotrice della prima vera sfida al sistema finanziario globale originato da Bretton Woods: in estate è stata annunciata la costituzione della New Development Bank dei Brics e il 24 ottobre 21 paesi hanno firmato l’MoU per l’istituzione di una nuova banca asiatica per lo sviluppo infrastrutturale, Aiib, versione sino-centrica dell’Asian Development Bank dominata da Giappone e Usa. Paradossalmente, la Cina – al di là della sua volontà di creare istituzioni multinazionali che possa dominare - è diventata la maggiore sostenitrice di una concreta integrazione economica tra i 21 paesi Apec attraverso l’obiettivo di una Ftaap, una vera area di libero scambio. Lo fa perché non gradisce quella che è diventata la priorità per gli Usa, ossia la Tpp (Trans-Pacific Partnership), in negoziazione tra 12 paesi Apec e che taglia fuori Pechino. Ha peso anche il suo argomento secondo cui l’Apec sarebbe il luogo naturale per portare a sintesi lo “spaghetti bowl” degli ormai innumerevoli accordi di libero scambio bilaterali e regionali che rischia di complicare la vita alle imprese anziché facilitarla. Se la Cina ha interesse a mettere i bastoni tra le ruote alla Tpp diluendola nella prospettiva dell’Ftaap, gli Usa hanno scoraggiato le adesioni alla Aiib, trattenendo Corea del Sud e Australia dalle sollecitazioni cinesi. Così il tema dell’Apec 2014 – “Strenghtening the Future through Asia-Pacific Partnership” – appare un po’ aleatorio per le resistenze di chi in passato più si batteva per uno scenario macroregionale di Free Trade. I padroni di casa cercheranno di ottenere risultati, d'immagine e di sostanza, soprattutto fuori dal tavolo comune delle discussioni. Già alla vigilia hanno incassato il sì dell’Indonesia a unirsi all’Aiib (Jakarta era stato l’unico paese Asean a non firmare subito il MoU). Magari potrà essere annunciata la conclusione di massima dei negoziati dell’Fta tra Cina e Corea del Sud: del resto, sta per partire a Seul un mercato diretto won-yuan che rappresenta un’altra sfida al mondo dollaro-centrico.  Con linguaggio generico, all’Apec potranno essere sottolineate le necessità di sviluppo infrastrutturale dell’Asia: ormai l’Aiib è in rampa di lancio e non può essere ignorata, mentre molti dubbi sussistono ancora su identità e ruolo della futura banca dei Brics. Sarà poi interessante vedere l’andamento del primo incontro tra i leader di Cina e Giappone: si è tenuto, in quanto pietito dal premier Shinzo Abe e reso inevitabile dai doveri di ospitalità. Gli ultimissimi sviluppi lasciano intendere che la diplomazia ha fatto il miracolo e che quindi sia stato un colloquio chiarificatore in grado di portare a un allentamento delle tensioni bilaterali e regionali.

A Myanmar i paesi dell’Asean daranno aggiornate indicazioni sullo scenario ormai molto vicino per una piena integrazione economica subregionale (prevista per l’anno prossimo): appuntamento al quale alcuni membri non si sentono ancora del tutto pronti. All’Asean+3 l’elemento su cui si focalizzerà l’attenzione del mondo esterno riguarda le dispute nel Mar Cinese Meridionale e l’eventuale aggiornamento dell’impegno a risolverle su base pacifica e negoziale. Il parallelo Japan-Asean summit dovrebbe concludersi proprio con un impegno di collaborazione per rendere più stabile e sicuro il contesto regionale attraverso l’opposizione a ogni tentativo di cambiamento dello status quo con la forza, ma senza citare esplicitamente la Cina. L’East Asia Summit appare ormai più che altro formale: nato nel 2005 per diluire l’influenza cinese nell’Asean+3 inglobando India, Australia e Nuova Zelanda, con l’estensione successiva a Usa e Russia appare quasi come un duplicato in tono minore dell’Apec (la differenza principale è l’inclusione dell’India nel gruppo). Quanto al G20, sarà enfatizzato l’obiettivo del “2%” di crescita collettiva e i singoli paesi presenteranno i loro piani di riforme. L’Asia guarderà soprattutto agli sviluppi in tema di requisiti per le banche, il cui irrigidimento - anche se riguarderà soprattutto gli istituti occidentali - rischia di riflettersi negativamente sulla regione. Alla fine, il pronostico corrente è che i summit porteranno in una luce più intensa le crepe nella governance globale economico-finanziaria tradizionale. Ma probabilmente evidenzieranno anche che le tensioni politiche hanno più conseguenze economiche in Europa (con le sanzioni alla Russia post-Crimea) che non in Asia orientale, dove l’aggressività cinese (creazione di una zona di identificazione aerea sopra le isole Senkaku amministrate dal Giappone, occupazione e sviluppo di isole contestate nel Mar Cinese Meridionale, esplorazioni in acque contese) non sfocia né nell’inflizione di seri danni reciproci né nel naufragio del processo di integrazione economica. Certo andrà sotto i riflettori, alla fine, l’esigenza di innovazioni e di una maggiore cooperazione sia nel sistema economico mondiale sia nella cornice della sicurezza in Asia orientale, in un momento in cui la crescita economica mondiale appare in rallentamento. Alla fine della settimana, si potrà avere una percezione del momento storico: o in direzione di un rafforzamento delle competizioni strategiche o in quella di un rafforzamento delle basi per una maggiore fiducia reciproca a beneficio dell’economia globale. 

Stefano Carrer, giornalista de Il Sole 24 Ore

 

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FTA ASEAN Apec FTAAP Aiib pechino Giappone India Cina summit Stati Uniti economia cooperazione Europa Mar Cinese Meridionale
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