Il recente intervento della Nato in Libia si inserisce nel solco della stagione di ingerenze militari inauguratasi con la fine della guerra fredda. L’ingerenza, intesa come interferenza coercitiva negli affari interni di uno stato sovrano, è una vecchia pratica nella vita internazionale. A partire dalla fine della guerra fredda, è tuttavia entrata in una fase nuova. Innanzitutto, dagli anni Novanta in poi si è assistito a una serie di interventi militari – Somalia, Haiti, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Timor Est – come risposta alla diffusione di conflitti civili che ha contraddistinto la fase post bipolare dell’ordine internazionale. Inoltre, l’ingerenza è diventata una pratica multilaterale attraverso il coinvolgimento di diversi stati e la partecipazione inedita di organizzazioni internazionali e/o sovranazionali quali la Nato, la Nazioni Unite e l’Unione europea, laddove in passato era una pratica unilaterale. Infine, le motivazioni umanitarie, benché non del tutto assenti negli interventi militari del passato, hanno assunto un rilievo nuovo. Non a caso, il cuore del dibattito contemporaneo sull’ingerenza ruota intorno alla legittimità di intervenire con l’uso della forza per difendere i diritti umani. Tuttavia, la pratica dell’ingerenza umanitaria non è nuova. Già nel XIX secolo interventi umanitari venivano condotti dalle potenze europee, in particolare Gran Bretagna e Francia, per mettere fine a massacri, atrocità o stermini nei confronti delle popolazioni cristiane sotto l’Impero ottomano o in difesa dei propri connazionali all’estero. È solo dopo la seconda guerra mondiale che la definizione di intervento umanitario fa riferimento alle gravi violazioni dei diritti umani fondamentali. La riflessione giuridica e politologica odierna è invece dominata dalla dottrina della “Responsibility to Protect” – intesa come dovere di ogni stato di proteggere non solo la sua popolazione ma anche la popolazione di altri stati in caso di gravi crimini contro l’umanità – che non ha raccolto consensi unanimi ma, allo stesso tempo, ha definito i termini del dibattito attuale.