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L'anno della presidenza Italiana
L’occasione del G20
Giampiero Massolo
21 Dicembre 2020

Il sogno di una governance mondiale.  Negli anni si sono moltiplicati i formati tra gli Stati, ma i risultati il più delle volte si sono limitati al coordinamento delle rispettive posizioni e alla ricerca del minimo comune denominatore. In un primo tempo, per divergenze tra europei e americani, con i russi spesso a fare da spettatori. Poi, per la sostanziale indisponibilità occidentale a riconoscere ai grandi Paesi emergenti uguaglianza di status internazionale. Un soprassalto di ambizione si ebbe a cavallo del 2008/2009 con la crisi finanziaria: quando, sotto la spinta degli eventi, americani e britannici trasformarono un asfittico formato di ministri finanziari, il G20, in una sequenza di vertici internazionali a livello di capi di Stato e di Governo.

Per la prima volta, europei, americani, cinesi spinti dalla necessità si sedettero allo stesso tavolo su piede di parità e con i responsabili delle maggiori organizzazioni internazionali. I risultati non furono disdicevoli e il formato si affermò come sede di confronto e di coordinamento di posizioni tra mondo occidentale e nuove realtà emergenti. Ma a crisi finita, ne emerse via via tutta la difficile governabilità: troppo numerosa ed eterogenea la composizione, poca l'attitudine ad assumersi responsabilità in comune, agende nutrite e con argomenti diversi. Insomma, non proprio un governo sovranazionale, ma un'assise di Stati intenzionati a far valere i propri interessi e logiche di schieramento.

Ora le circostanze sono di nuovo mutate. E l'Italia, che avrà la presidenza del G20 per il 2021, ha l'occasione di giocare un ruolo attivo e non protocollare. La pandemia, anzitutto, calamità globale: come la crisi finanziaria di tredici anni fa, spinge a lavorare insieme. La nuova Amministrazione americana, poi, intenzionata a ritornare a forme più consuete di coordinamento tra alleati e di ricorso a strumenti tradizionali di diplomazia plurilaterale. La Cina, infine, desiderosa di dimostrare, dopo l'infelice gestione delle fasi iniziali del Covid, di essere ormai una potenza responsabile, con la quale diventa inevitabile fare i conti.

Abbastanza naturale, su questo sfondo, l'agenda dei lavori, che la presidenza italiana intende concentrare su tre filoni tematici: inclusione sociale e lotta alle disuguaglianze, sviluppo sostenibile e transizione energetica, qualità della vita e rivoluzione tecnologica. Oltre al G20, sempre l'anno prossimo avremo la copresidenza con gli inglesi della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 26) e ospiteremo il Vertice mondiale sulla salute. C'è quindi di che influire sui temi chiave del dibattito mondiale, cercando risposte alle sfide globali. Per farlo, occorre anzitutto non disperdersi tra mille rivoli. Sarebbe un successo rilevante, ad esempio, ottenere impegni comuni a fare dei vaccini un vero bene pubblico globale, riallineare Stati Uniti e Cina sui cambiamenti climatici, fare passi concreti per alleviare il peso del debito sui Paesi più poveri, sancire l'accesso a internet come diritto fondamentale.

Starà alla presidenza italiana trovare il consenso sulle formule più opportune. Se vorrà contare, tuttavia, l'Italia dovrà mostrarsi consapevole anche della posta in gioco sul piano più complessivo. Riguarda la necessità di ridefinire il rapporto tra l'Occidente e l'Asia: senza precluderci a priori ogni forma di rapporto con Pechino, ma badando a non lasciare campo libero ai cinesi nella regione. Passa attraverso un'intesa ritrovata tra Stati Uniti e Europa: solo un Occidente compatto potrà competere alla pari con la Cina e essere un partner alternativo credibile per le altre nazioni asiatiche. Comporta, infine, maggiore coesione tra i Paesi europei, incluso il Regno Unito indebolito dalla Brexit, senza sterili fughe in avanti. Consolidare il rapporto con le democrazie asiatiche, essere partner affidabile di Joe Biden, allineare gli europei: è anche questa la sfida per la presidenza italiana. Il G20 è una piattaforma che ben si presta a dimostrare, per chi lo presiede, di saper stare al mondo. Non possiamo sottrarci.

Una versione di questo articolo è apparsa sull'edizione cartacea de La Repubblica il 19 dicembre 2020.

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AUTORI

Giampiero Massolo
Presidente ISPI

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