Secondo l’Osce le elezioni parlamentari che si sono svolte domenica 28 ottobre in Ucraina sono state caratterizzate da un abuso di potere e dal peso eccessivo del denaro e denotano perciò una chiara inversione del processo di democratizzazione. La dichiarazione contrasta con quanto invece fu affer-mato in occasione delle elezioni presidenziali del 2010 quando si sottolineò una conduzione pienamen-te soddisfacente nel rispetto dei criteri di libertà, competitività e trasparenza. Quelle elezioni furono vinte dall’attuale presidente Viktor Yanukovych che ebbe la meglio sull’ex primo ministro e leader della Rivoluzione arancione Yulia Tymoshenko. Ancora è il partito del presidente – il Partito delle Regioni – che ha avuto la meglio con oltre il 33% dei voti, seguito dal blocco dell'Opposizione Unita, guidato dalla Tymoshenko (ricoverata in ospedale, in stato di detenzione) e da Arseniy Yatsenyuk con il 22,5%. La formazione politica Udar, guidata dal campione di pugilato Vitali Klitschko, si è attestata al terzo posto con il 15%. Segue poi Svoboda (libertà), partito di estrema destra nazionalista anti russo con posizioni xenofobe e antisemite, con un inatteso 12,3%, distaccato di poco con l'11,8% dai comunisti alleati del presidente.
Se l'Alleanza d'opposizione Patria, Udar e Svoboda unissero i loro voti nel proporzionale, supererebbero il Partito delle Regioni e i loro alleati comunisti. Ma l'esito dipenderà anche dai collegi uninominali che assegnano 225 dei 450 deputati in palio: il partito delle Regioni si aspetta di ottenere i due terzi dei seggi, mantenendo così la maggioranza parlamentare. L’ex calciatore del Milan Andrei Shevchenko con il suo partito, Avanti Ucraina!, non è riuscito a superare lo sbarramento del 5% ripor-tando appena l'1,6% delle preferenze. La distribuzione del voto evidenzia una chiara spaccatura nel paese: le regioni occidentali hanno infatti sostenuto il partito della Timoshenko e i nazionalisti mentre quelle orientali e meridionali, in cui cospicua è la presenza di popolazione russa, hanno accordato la loro preferenza a Yanukovych e ai comunisti. L’esito del voto mostra anche una tendenza alla polariz-zazione, con i partiti di estrema destra e sinistra che rafforzano le loro posizioni. La frammentazione inoltre non favorisce lo sviluppo di un’opposizione coesa alternativa alla attuale compagine di potere sempre più incline all’autoritarismo.
Anche per quanto riguarda la prospettiva, per ora ipotetica, non essendoci alcun impegno formale da parte di Bruxelles, di aderire alla Ue oppure di entrare a fare parte, così come auspicato da Mosca, nell’Unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakhstan, gli ucraini si dividono. Secondo un son-daggio di poco precedente l’appuntamento elettorale (Ukrainian Centre for Economic and Political Stu-dies) il 45,2% degli ucraini sarebbe propenso ad entrare a far parte della Unione doganale mentre il 35,7% si opporrebbe e il 19,1% sarebbe indeciso. Al contrario, il 43,8% degli intervistati sarebbe a favore della membership nella Ue mentre il 37,9% mantiene una posizione negativa. Inoltre solo il 13,3% sarebbe a favore di far parte dell’Alleanza Atlantica mentre ben il 64,9 % sarebbe contrario a tale decisione e il 21,8% non sarebbe in grado di dare una risposta. I sondaggi evidenziano che non solo che l’elite politica ucraina ma anche i cittadini oscillano tra un’appartenenza europea, al dire il vero molto meno netta rispetto ai paesi dell’Europa centrale ora membri della Ue, e un richiamo verso la Russia. Sinora i governi che si sono alternati alla guida del paese hanno tergiversato in un pragmatismo utilita-rio accettando offerte dall’una e dall’altra parte.
A causa della mancanza della prospettiva di adesione, la Ue è stata giudicata un partner strategico anche se non determinante. Ma lo scorso dicembre la conclusione di un Accordo di Associazione che include una «zona di libero scambio completo e approfondito» potrebbe avere effetti molto positivi sulla economia dal momento che circa il 28% del commercio dell’Ucraina si svolge con la Ue. Ma la ratifica del Trattato è stata posticipata da Bruxelles a causa dell’uso politico della giustizia, riscontrato in relazione all’arresto della Timoshenko, e vincolata all’esito di queste elezioni. La Ue si troverà ora intrappolata in una situazione in cui dovrà rivedere al ribasso il proprio pacchetto di offerta destinato a Kiev perdendo però ‘influenza’ sul paese che potrebbe conseguentemente fluttuare sempre più verso Mosca. Del resto la Russia ha molte leve di potere da esercitare a partire da quella energetica: l’Ucraina importa circa il 90% del gas e il 70% del petrolio proprio dalla Russia.
Nell’aprile del 2010, dopo una nuova crisi del gas il presidente Medvedev e il presidente Yanukovych firmano un accordo in cui Mosca assicurava alla controparte uno sconto del 30% per i prossimi dieci anni sulle forniture di gas. Grazie al risparmio ottenuto il presidente ucraino ha potuto sostenere la spesa sociale, fondamentale per garantirsi consenso in vista proprio delle elezioni legislative. In cambio, l’Ucraina ha acconsentito all’estensione dell’affitto della base navale di Sebastopoli ai russi per altri 25 anni dopo la scadenza prevista nel 2017 (ossia fino al 2042) nonostante la veemente protesta della opposizione. Nel giugno del 2010 il parlamento ucraino ha anche approvato una legge che esclude la partecipazione del paese ad alleanze politico-militari, e in particolare esplicitamente alla Nato. Putin ha anche chiesto – sul modello bielorusso – di acquisire almeno parte del controllo sulla rete dei gasdotti gestita da Naftogaz, ciò potrebbe avvenire alla prossima apertura dei negoziati su prezzi e volumi di gas.
L’esito di queste elezioni sembra condannare l’Ucraina a un periodo d’instabilità politica e il presidente e il suo partito saranno costretti a nuove concessioni a Mosca proprio per assicurarsi risorse economi-che per mantenere il consenso riducendo di fatto l’autonomia del paese e precludendosi la possibilità di una modernizzazione attraverso l’avvicinamento alle istituzioni euro-atlantiche.
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