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Commentary

Made in Italy: le medaglie d'oro della ripresa

Alessandro Terzulli
17 settembre 2021

L’uscita da crisi economiche profonde è tipicamente caratterizzata da una divergenza nei sentieri di ripresa, ma nell’attuale congiuntura post-pandemica questa caratteristica si sta rivelando particolarmente accentuata tra le principali geografie. “Eterogeneità” è difatti la parola chiave che caratterizzerà la ripresa economica mondiale nel 2021 e negli anni successivi. Il ritorno alla crescita dell’economia mondiale a cui stiamo assistendo, grazie soprattutto alle campagne vaccinali e al connesso allentamento - seppur non sempre lineare - delle misure restrittive, non sarà infatti uniforme per tutti i Paesi. La capacità di gestione della pandemia, l’efficacia delle politiche adottate, oltre che le caratteristiche strutturali delle singole economie sono tra i fattori che spiegheranno l’immediato recupero dei livelli pre-crisi già nel 2021 oppure il rinvio di questo risultato di almeno un ulteriore anno.

Sulla scia di un contesto globale dove sia il Pil che il commercio internazionale registreranno una robusta ripresa, l’export italiano tornerà sul sentiero di crescita interrotto dalla crisi; quello che possiamo definire un vero e proprio “Ritorno al Futuro”, come il titolo che SACE ha dato al Rapporto Export 2021.

 

Ripresa trainata dall’export di beni

Nello scenario base – ossia quello a maggior probabilità di accadimento – le esportazioni italiane di beni in valore registreranno una crescita dell’11,3% nel 2021, più che compensando il calo del 9,7% dello scorso anno, attestandosi nel triennio successivo su una dinamica di crescita superiore a quella pre-pandemica.

Sarà invece parziale il recupero dell’export dei servizi (+5,1% nel 2021 dopo il -30,0% del 2020), ancora suscettibile alle misure restrittive e al clima di incertezza, in particolare riguardo alla componente del turismo. La vera e propria ripresa avverrà solamente l’anno prossimo, quando l’export tornerà allo stesso livello del 2019.

L’impatto della pandemia sui settori di export è stato diversificato, così come la dinamica di recupero attesa per quest’anno e negli anni a venire (Fig. 1).

 

Fig. 1 Tassi di crescita dell’export italiano, per raggruppamenti di beni

(valori correnti; var. % annua)

Nota: il peso dei raggruppamenti nel 2020 è calcolato escludendo dal totale le voci residuali che includono principalmente le merci classificate con i codici speciali della nomenclatura combinata; pertanto la loro somma non raggiunge l’unità. Anche la differenza tra il peso 2020 e 2019 è soggetta alla stessa discrepanza.

Fonte: Elaborazioni SACE su dati Oxford Economics e Istat

 

I beni di investimento manterranno una quota preponderante sull’export italiano e supereranno i valori del 2019, sulla spinta della meccanica strumentale (+12,4% nel 2021) e degli apparecchi elettrici (+11%), che beneficeranno dei piani di rilancio varati da diversi partner commerciali, e dell’automotive, grazie soprattutto all’impulso green. La ripresa del ciclo degli investimenti globali potrà favorire anche alcuni beni intermedi, specie metalli e gomma e plastica, la cui crescita quest’anno è prevista per entrambi lievemente sotto il 15%; si confermerà in aumento inoltre la dinamica della chimica, che aveva già chiuso il 2020 in positivo, trainata soprattutto dalla farmaceutica.

Il recupero dei beni di consumo - che lo scorso anno hanno segnato il calo più marcato, come conseguenza del minor reddito disponibile e dell’elevata incertezza che ha indotto le famiglie a una maggiore propensione al risparmio – non sarà, invece, completo (+10,0% nel 2021 vs -12,8% nel 2020). Occorrerà più tempo, infatti, per la ripresa del tessile e abbigliamento, uno dei settori di punta del Made in Italy, mentre le prospettive per altri consumi e prodotti in legno sono più favorevoli. Si confermerà positiva la performance del raggruppamento agroalimentare (+11%), sostenuto lo scorso anno dai prodotti legati al consumo domestico e quest’anno dalla ripartenza del canale legato all’ospitalità.

 

Chi c’è sul podio dell’export italiano?

L’eterogeneità della domanda di Made in Italy nei principali mercati è stata rappresentata, prendendo ispirazione dall’anno delle Olimpiadi, in un ipotetico medagliere, in funzione della capacità di ripresa del nostro export e dell’intensità della sua dinamica nel prossimo futuro (Fig. 2).

 

Fig. 2 Il medagliere della ripresa

Fonte: Elaborazioni SACE su dati Oxford

 

Le principali destinazioni delle nostre vendite all’estero sono state divise, quindi, in 4 gruppi, in cui convivono geografie già consolidate e altre tuttora poco presidiate. In questa partita dell’export una simbolica medaglia d’oro è stata assegnata a quei Paesi dove le nostre vendite sono attese in rapida ripresa già quest’anno e con una dinamica intensa anche nel prossimo triennio. Tra questi troviamo importanti partner come, tra gli avanzati, Germania e Stati Uniti (1° e 3° mercato di destinazione dei beni Made in Italy), Polonia e Russia in Europa Orientale, oltre a diversi mercati dell’Asia Pacifico, su tutti la Cina, ma anche la Corea del Sud o il Giappone, così come nel Golfo gli Emirati Arabi Uniti (a breve alle luci della ribalta con Expo Dubai).

Anche per le medaglie d’argento, il recupero sarà completo già nel 2021, ma la dinamica negli anni successivi sarà più contenuta. Si tratta di alcuni mercati di sbocco dipendenti dai corsi delle materie prime. Un gruppo anche qui eterogeneo che vede Paesi di tutte le aree geografiche: Brasile, Arabia Saudita, Malesia e Ghana per citarne alcuni. Senza tralasciare quelle destinazioni europee che rappresentano importanti mercati di sbocco (come Francia o Paesi Bassi) e non solo: il Senegal, per esempio, nel continente africano, grazie ai programmi d’investimento ormai in fase avanzata si è guadagnato il secondo posto del podio.

Vi sono quindi le medaglie di bronzo attribuite a quei Paesi, ognuno per un motivo diverso, dove un pieno recupero sarà ancora incompiuto nel 2021, ma che manterranno buone prospettive di crescita in un orizzonte temporale più ampio: per esempio il Regno Unito (alle prese con gli strascichi della Brexit), la Turchia (dove sanzioni e politica monetaria espansiva sono temi all’ordine del giorno), il Messico (nel tentativo di prendere il treno della ripresa americana), l’India (che risulta ancora esposta a potenziali recrudescenze della pandemia) e il Sudafrica (primo mercato per le nostre vendite estere nell’area sub-sahariana, ma penalizzato dall’incertezza sulla crescita economica futura).

Infine ai piedi di questo ipotetico podio quei mercati dove la ripresa sarà più lenta e che scontano, in alcuni casi, fragilità economiche e politiche, in altri, gli effetti depressivi della domanda derivanti dalla pandemia; fra questi, si segnalano ad esempio Argentina e Romania.

 

Prospettive: sotto la “spada di Damocle” dell’incertezza

Il contesto globale si sta dimostrando caratterizzato ancora da elevata, seppur in calo, incertezza; è stato, quindi, quanto mai necessario simulare scenari di previsione alternativi, basati su ipotesi differenti rispetto a quelle dello scenario base, in relazione a importanti variabili che trainano la ripresa economica mondiale, come la fiducia di imprese e famiglie o l’andamento della campagna vaccinale, cercando di quantificarne gli effetti sulle esportazioni italiane. In un primo scenario, una spinta positiva al clima di fiducia globale porterebbe le famiglie a spendere a un ritmo ancora più rapido i risparmi accumulati durante la pandemia, andando a generare di riflesso effetti benefici non solo per le imprese ma anche per l’export che così crescerebbe in maniera più intensa sia nel 2021 (+14,7%) che nel 2022 (+9,1%). In un secondo scenario, è stata invece ipotizzata una minore efficacia delle vaccinazioni con ripercussioni negative sulla fiducia delle imprese e delle famiglie vincolate da un possibile ritorno di misure restrittive. In questo scenario la crescita delle nostre esportazioni sarebbe più limitata quest’anno (+7,2%) e pressoché nulla nel 2022.

Il 2021 va caratterizzandosi anche per il varo da parte di numerosi governi di importanti piani di ripresa; lo si vede in questi giorni negli Stati Uniti con l’Infrastructure Investment and Jobs Act, ma lo si è visto soprattutto in Europa con il Next Generation EU e, in particolare con il PNRR in Italia. In un ulteriore esercizio per valutare gli impatti economici di una piena realizzazione di tutte le riforme strutturali del PNRR, si evidenziano effetti positivi futuri non solo per gli investimenti e la crescita potenziale, ma anche, attraverso una maggiore competitività di prezzo, per il nostro export: il livello delle esportazioni di beni, in valore, nel 2025 aumenterebbe infatti del 3,5% rispetto a quanto previsto nello scenario base, rappresentando un ulteriore stimolo alla crescita dell’economia italiana.

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Alessandro Terzulli
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