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AREA MENA

Marocco: le ferite economiche della guerra

Aldo Liga
27 maggio 2022

L’irrompere della guerra in Europa ha colto il Marocco in una congiuntura politica, economica e diplomatica particolare. Il nuovo governo Akhannouch, entrato in carica lo scorso ottobre, si è insediato in un contesto contraddistinto da frizioni diplomatiche con l’Algeria e importanti partner europei, come Spagna e Germania, alcune delle quali ricomposte solo negli ultimi mesi.

Sul piano economico, il primo anno della ripresa post-Covid, seppure incompleta ed esitante, aveva registrato una crescita del Pil pari al 7,4%. Per l’anno in corso la Banca mondiale prevede invece un rallentamento, con un tasso dell’1,1%, e un aumento del deficit delle partite correnti pari al 5,5% del Pil, proprio a causa degli effetti collaterali del conflitto in corso. Fra questi, le maggiori spese di importazione di commodities, quali grano e petrolio, e il conseguente aumento dei sussidi per il mantenimento dei prezzi dei beni di prima necessità. Il settore alimentare e quello energetico sono quelli maggiormente esposti alle conseguenze del conflitto e questa vulnerabilità si riflette in termini di aumento dei prezzi al consumo e perdita di potere di acquisto dei cittadini del regno.

 

Inflazione e proteste

Sono l’inflazione e l’aumento del costo della vita le principali minacce all’equilibrio sociale del Paese. Secondo le stime della Banca centrale marocchina, nell’anno in corso il tasso d’inflazione dovrebbe assestarsi al 4,7%. Nel mese di aprile, l’Haut Commissariat au Plan ha registrato rispetto al mese precedente un aumento dei prezzi al consumo dei prodotti alimentari e non alimentari, rispettivamente del 3% e dello 0,9%. L’aumento complessivo rispetto al mese di aprile 2021 è pari al 5,9% (+9,1% per i beni alimentari e +3,7% per i beni non alimentari).

Un’ondata di proteste e sit-in contro il caro-vita si è sviluppata a ridosso dell’anniversario delle proteste del 20 febbraio, data simbolo per il movimento di contestazione del 2011, e si è diffusa in una cinquantina di città.  Inoltre, nel mese di marzo, gli operatori del settore del trasporto su strada hanno intrapreso alcuni giorni di sciopero. L’aumento del prezzo dei carburanti ha anche ravvivato le accuse di conflitto di interessi nei confronti del Primo Ministro, Aziz Akhannouch, azionista principale del gruppo Afriquia, leader nella distribuzione di idrocarburi.

Il governo ha affrontato il malcontento con una serie di misure ad-hoc. A metà febbraio, sono stati stanziati circa 10 miliardi di dirham (936 milioni di euro) a sostegno del settore agricolo e i cittadini sono stati rassicurati sul mantenimento dei sussidi alimentari. A marzo, sono stati allocati circa 200 milioni di euro a supporto del settore dei trasporti stradali. A fine aprile il governo e i principali sindacati hanno firmato un “accordo sociale” che prevede l’aumento del salario minimo sia nel settore pubblico sia in quello privato entro i prossimi due anni.  Aumentano anche gli assegni familiari per il quarto, il quinto e il sesto figlio.

Anche grazie a queste misure, le dimostrazioni di malcontento popolare registratesi a febbraio si sono progressivamente attenuate e il Paese ha superato indenne una fase cruciale come quella del Ramadan, che molti osservatori vedevano come potenzialmente esplosiva in conseguenza del tradizionale aumento dei consumi alimentari.

Ma con il protrarsi della guerra in Ucraina, il tema della vulnerabilità alimentare ed energetica del Paese e le politiche per affrontarle acquisiscono una rinnovata centralità.

 

Lo spettro dell’insicurezza alimentare

Secondo la FAO, il 28% della popolazione marocchina si trova in una situazione di insicurezza alimentare grave o moderata. Quest’anno il Paese subirà l’impatto del combinato disposto fra inflazione alimentare globale e calo della produzione agricola locale dovuta all’eccezionale ondata di siccità che ha colpito il Marocco nei primi mesi del 2022. Il settore agricolo è il principale dell’economia marocchina e vale circa il 14% del Pil.

Il Paese importa circa la metà del proprio fabbisogno in cereali ma, rispetto a vicini della regione, è meno esposto all’interruzione dell’approvvigionamento di grano dalla regione del Mar Nero (solo il 20% del grano importato proviene dalla Russia e dall'Ucraina, i principali fornitori sono invece Francia e Canada). L’impatto della siccità di gennaio avrà conseguenze significative sulla produzione di cereali (quest’anno la raccolta cerealicola dovrebbe essere inferiore del 69% rispetto a quella del 2021) e si rifletterà pertanto sul volume di importazioni necessarie a soddisfare la domanda interna.

Per affrontare il rischio di penuria e l’aumento dei prezzi al consumo, il Paese sta approntando varie misure. Innanzitutto, la costituzione di uno stock strategico; si è poi deciso di aumentare il budget per i sussidi statali: il governo infatti sovvenziona tramite la Caisse de Compensation il grano tenero, lo zucchero e il gas butano, considerati essenziali per garantire la sicurezza alimentare e salvaguardare il contratto sociale; infine, si è deciso di sospendere i diritti doganali e istituire un meccanismo di rimborso all’importazione per il grano duro e tenero.  

Con l’attuale tasso di inflazione, l’aumento delle importazioni e il crollo della produzione dovuto alla siccità, la spesa pubblica destinata al mantenimento dei sussidi e al sostegno all’agricoltura locale è destinata quest’anno ad aumentare dall’1,9% al 3,7% del Pil.

Il conflitto in corso si è anche riflesso sul prezzo dei fertilizzanti, risorsa di cui il Marocco, che possiede il 75% delle riserve mondiali di fosfato, elemento necessario alla loro produzione, è uno dei principali produttori. Nel 2019 le esportazioni di fertilizzanti valevano il 4,5% del Pil. Il gruppo pubblico Office chérifien des phosphates è uno dei leader mondiali del settore e componente fondamentale della politica estera marocchina: il Paese, tramite le ramificazioni internazionali del gruppo e il suo impatto a livello di sicurezza alimentare negli Stati in cui è attivo, ha espanso la sua influenza politica nell’intero continente africano. Il nuovo ministro dell’Agricoltura brasiliano, Paese che importa circa l’85% dei suoi bisogni in fertilizzanti, ha annunciato un viaggio in Marocco proprio al fine di aumentare le importazioni dal Paese nordafricano.

 

Tensioni regionali e forniture di gas naturale

L’aumento del prezzo del petrolio e del gas ha un forte impatto sulle importazioni di idrocarburi da parte del Marocco, Paese che dipende da fornitori esterni per circa il 90% del proprio fabbisogno. Il mix energetico è composto per il 62% da petrolio, il 22% da carbone e il 5% da gas naturale.

La crisi energetica si innesta su una congiuntura diplomatica delicata. Con il riconoscimento della sovranità marocchina sul “territorio non autonomo” del Sahara Occidentale ad opera dell’amministrazione Trump a fine 2020, in cambio della normalizzazione delle relazioni con Israele, si è aperta una fase di profonde tensioni fra il Marocco, l’Algeria, la Spagna e la Germania. Mentre le tensioni con Berlino e Madrid sono progressivamente rientrate a partire dalla fine del 2021, le relazioni diplomatiche con Algeri restano interrotte dal mese di agosto 2021. L’Algeria ha quindi deciso di non procedere con il rinnovo del contratto di sfruttamento del gasdotto Maghreb-Europe, che trasportava il gas algerino in Spagna attraverso il Marocco, che riceveva il 7% delle royalties sul gas trasportato. Rabat consuma circa 1 miliardo di metri cubi di gas l’anno: di questi fra il 60% e l’80% proveniva dall’Algeria e garantiva l’operatività di due centrali elettriche.

Non disponendo di altre infrastrutture per approvvigionarsi in gas naturale, Rabat ha quindi raggiunto un accordo con Madrid, che prevede l’utilizzo degli impianti di rigassificazione spagnoli per l’importazione di gas naturale liquefatto (Gnl). Una volta rigassificato, utilizzando il Maghreb-Europe a flusso invertito, il gas naturale dovrebbe raggiungere il Marocco. Questo accordo ha scatenato l’ira dell’Algeria che vi ha visto un modo di aggirare la decisione di interrompere le vendite di gas verso il proprio vicino e ha minacciato di rompere il contratto di fornitura con la Spagna, garantito tramite un secondo gasdotto, il Medgas. La crisi si svolge sullo sfondo delle tensioni scaturite dalla decisione spagnola di appoggiare il piano di autonomia marocchino per il Sahara Occidentale, che nel mese di marzo aveva provocato il richiamo dell’ambasciatore di Algeri a Madrid.

L’interruzione del flusso di gas dall’Algeria ha spinto inoltre Rabat a pianificare la costruzione dei suoi primi terminal di rigassificazione. A gennaio è stato lanciato lo studio per lo sviluppo di un terminal Gnl galleggiante nel porto di Mohammedia. Dall’inizio del conflitto si è poi tornato a parlare della costruzione di un gasdotto off-shore per connettere il Paese con i bacini di gas naturale nigeriani. Nel mese di marzo, la Banca di sviluppo islamica, i governi marocchino e nigeriano e il Fondo OPEC per lo sviluppo internazionale hanno stanziato 14,3 milioni di dollari per gli studi ingegneristici.

 

Le relazioni con Mosca

Il Marocco ha assunto una posizione di prudenza e neutralità rispetto al conflitto in corso, espressa tramite la non partecipazione al voto sulle risoluzioni ONU a condanna dell’invasione del 2 marzo, sulla protezione dei civili del 24 marzo e sulla sospensione della Russia dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite del 7 aprile. La non partecipazione e l‘assenza di condanne all’invasione russa è sintomo della volontà di non opporsi agli alleati occidentali con un voto contrario e di non urtare la Russia con un voto a favore. Danneggiare le relazioni con Mosca rischierebbe infatti di riflettersi sulla questione del Sahara Occidentale che rappresenta il “centro di gravità” della diplomazia marocchina: Rabat vuole infatti prevenire eventuali ritorsioni di Mosca in sede di voto al Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite. Mosca si è regolarmente astenuta al momento del voto su risoluzioni inerenti il dossier ma negli ultimi mesi Sergej Lavrov, ministro degli esteri russo, si era espresso a favore di alcune rivendicazioni del Fronte Polisario, il fronte indipendentista sahrawi che si oppone a Rabat.  

Le relazioni economiche fra Rabat e Mosca restano relativamente deboli, soprattutto se comparate con quelle che il Paese intrattiene con l’Unione Europea. Nonostante il Marocco sia il terzo partner commerciale della Russia nel continente africano, dopo Egitto e Algeria, il volume degli scambi è inferiore a 2 miliardi di dollari, mentre quello con Bruxelles supera i 35 miliardi di euro. Molte delle aspettative che si erano create sull’asse Mosca-Rabat sono state disattese, con accordi annunciati in campi diversi, dal turismo all’energia, ma mai finalizzati.

Nonostante la debolezza delle relazioni economiche, fra le sei maggiori economie africane, quella marocchina sarà probabilmente la più colpita dall’impatto della guerra in corso. Secondo la Banca Mondiale, l’effetto combinato dell’ondata di siccità, dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari e dell’energia e l’impatto duraturo della pandemia può lasciare nel Paese profonde “cicatrici socio-economiche” se non trattato adeguatamente.

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Aldo Liga
ISPI

Image Credits (CC BY-NC 2.0): Hasna Lahmini

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