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Daily Focus - Speciale MED2020
MED: Gli effetti della pandemia sulle migrazioni
26 novembre 2020

Ripensare le migrazioni: oggi al centro del dibattito nell’ambito della Conferenza Rome MED – Mediterranean Dialogues, promosso dal MAECI e da ISPI, il futuro del Mediterraneo oltre la pandemia.

MED2020: segui lo streaming

La pandemia ha avuto degli effetti chiari sulle migrazioni nel Mediterraneo. Chiudendo i confini, tra marzo e aprile molti paesi europei si sono di fatto isolati, credendo di scoraggiare l’arrivo di migranti che – era opinione diffusa – sarebbero stati comunque molto meno disposti a partire, per paura di essere contagiati dal nuovo coronavirus. Oggi è chiaro che il trend innescato dall’epidemia è esattamente quello opposto. In Italia, dal primo gennaio al 15 novembre, gli arrivi sono stati 32mila, rispetto agli 11mila registrati nello stesso periodo dell’anno precedente. Pur trattandosi di numeri straordinariamente inferiori ai circa 150mila -180mila registrati tra il 2014 e il 2017, rappresentano comunque un aumento significativo. A spiegarne le ragioni e discutere di come gestire il fenomeno saranno oggi – nel corso di un panel virtuale intitolato ‘Ready to Reset? New migration partnership for a post-pandemic mediterranean’, nell’ambito della Conferenza MED - Mediterranean Dialogues – il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e il suo omologo del Governo di Accordo Nazionale libico (GNA) Fathi Ali Abdul Salam Bashagha, il Commissario per gli affari interni della Commissione europea Ylva Johansson, il Direttore Generale dell’Oim, António Vitorino, il ministro per gli affari europei di Malta, Evarist Bartolo e Anže Logar, Ministro degli esteri della Slovenia. I lavori possono essere seguiti sul sito med.ispionline.it.

 

 

Effetto moltiplicatore?

Circa il 60% dei 32mila migranti arrivati in Italia quest’anno, proviene dalla Tunisia. E di questi molti sono tunisini di nazionalità. Una composizione molto diversa da quella osservata tra il 2015 e il 2017, quando la stragrande maggioranza dei migranti che sbarcavano sulle nostre coste proveniva dall’Africa Subsahariana. “È un fatto – osserva Matteo Villa nel nuovo rapporto MED di ISPI – che ci dice molto dei motivi che determinano, oggi, le partenze: prossimità geografica e prospettive economiche deprimenti”. La pandemia di Covid ha infatti sconvolto l'industria del turismo su cui fa affidamento circa il 10% della forza lavoro tunisina. E il fatto che l'Italia e molti altri paesi europei abbiano chiuso i canali di migrazione regolare quest’anno non ha permesso a molti giovani in cerca di lavoro di entrare regolarmente nell'UE, come lavoratori stagionali. In assenza di alternative, la prossimità geografica delle due coste – che rende le rotte della migrazione irregolare molto attraenti – ha fatto il resto. Per potenziali migranti vicini all'Europa, dunque, la pandemia ha agito da moltiplicatore: a condizioni di rischio invariate ha decuplicato le ragioni per spostarsi. Una tendenza che, alla luce della crisi economica che sta investendo i paesi della sponda sud, rischia di diventare una costante per i prossimi anni.

 

Un sistema di asilo europeo?

La pandemia ha colto di sorpresa i sistemi di accoglienza e asilo rivelandone le vulnerabilità e mettendo in luce la drammatica urgenza di un sistema comune di asilo. Diverse carenze sistemiche che corrispondevano a “condizioni preesistenti” – come la mancanza strutturale di personale e il sottofinanziamento – hanno reso l'impatto del nuovo coronavirus sui migranti in Europa molto peggiore di quanto avrebbe potuto essere, con gravi carenze sul fronte della salute pubblica e dei diritti umani. Inoltre, la chiusura delle frontiere e le limitazioni ai viaggi hanno determinato la sospensione delle procedure di reinsediamento costringono in alcuni casi le persone a tornare in situazioni in cui temono persecuzioni o torture, in violazione del principio di non respingimento. In questi giorni il Parlamento europeo analizzerà il nuovo Patto sulle migrazioni, la proposta della Commissione per provare a superare lo stallo sul Regolamento di Dublino e la regola del paese di pima accoglienza. Prevede un rafforzamento delle frontiere esterne, accordi con i paesi di partenza e un meccanismo di solidarietà obbligatorio. “Qui non si tratta di trovare la soluzione perfetta, che non esiste – ha detto la commissaria Ylva Johansson in occasione della presentazione del Piano – ma di trovare una soluzione accettabile per tutti”.

 

 

Ready to reset?

Nel marzo 2021 cade il quinto anniversario degli accordi tra Unione Europea e Turchia per la gestione dei flussi migratori. Un accordo che ha segnato una svolta sul fenomeno migratorio nel Mediterraneo e nel rapporto tra le due potenze regionali. L’anniversario arriverà in un momento di turbolenze, pandemia e paura diffusa per il futuro. “In questi anni – osserva Daniele Albanese di Caritas Italiana – si è passati rapidamente dalla ‘crisi dei rifugiati’ alla ‘crisi della solidarietà’, mentre gli spazi di manovra dei partiti xenofobi e nazionalisti in tutta Europa sono cresciuti in modo sempre più evidente”.

Con il collasso della solidarietà intraeuropea, l’unica risposta che l’Unione ha dato per ora è stata quella di chiedere ai paesi limitrofi di fare di tutto quanto in loro potere per impedire ai migranti di attraversarli in direzione del Vecchio continente. È ora di ammettere che è un approccio che non funziona e che rende tutti, migranti ed Europa, più esposti al ricatto di attori esterni le cui agende differiscono sensibilmente dalle nostre. ‘Ready to Reset?’ suggerisce oggi il titolo del panel MED:: bisogna ripensare i partenariati, esplorare nuove strategie e tornare a concentrarsi su una delle più gravi crisi umanitarie degli ultimi decenni, in corso appena al di là delle frontiere europee. Perché ignorarla non è più possibile.

MED2020: sfoglia il programma

 

Il commento

Di Antonio Vitorino, Direttore Generale dell'OIM

"Le persone in movimento possono essere parte della soluzione. Non vediamo l'ora che il nuovo Patto venga adottato, esso rappresenta un'opportunità per l'Europa di ridisegnare la governance delle migrazioni e della mobilità umana come sicura, ordinata, inclusiva e incentrata sui diritti umani.

Un approccio equilibrato, basato sui principi e globale riconosce che la migrazione è una realtà umana da gestire per fini reciprocamente vantaggiosi. Sarà anche importante che l'UE garantisca che la politica a lungo termine sia coerente nei suoi aspetti interni ed esterni, sia radicata in veri e propri partenariati e allineata con i quadri e gli accordi internazionali esistenti".

Dichiarazione congiunta OIM e UNHCR

 

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

 

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