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Daily focus - speciale MED2020
MED: il Mediterraneo oltre la pandemia
25 novembre 2020

Al via la sesta edizione della Conferenza Rome MED – Mediterranean Dialogues, in formato virtuale. Al centro del dibattito, promosso dal MAECI e da ISPI, le sfide di oggi e il futuro del Mediterraneo oltre la pandemia.

 

In tempo di pandemia anche la Conferenza Rome MED – Mediterranean Dialogues diventa virtuale. Giunta alla sesta edizione, la conferenza annuale di alto livello promossa ISPI e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale si tiene quest’anno in formato digitale e prevede oltre 40 eventi virtuali dal 25 novembre al 4 dicembre 2020. In una fase cruciale per i destini del Mediterraneo e del mondo, gli incontri vedono la partecipazione di esponenti delle maggiori organizzazioni internazionali, accademici, imprenditori ed esperti, e l’intervento di oltre 40 tra Presidenti, Primi Ministri e Ministri di diversi paesi. Al centro del dibattito, le sfide per la sicurezza, la gestione del fenomeno migratorio, il destino delle giovani generazioni, la rivoluzione dell’energia e dell’economia verde e il ruolo strategico delle donne nell’area mediterranea. Ma anche il ruolo dell’Europa e le opportunità da cogliere per i paesi che, come l’Italia, sono protesi sul Mediterraneo. Un’occasione – osserva il Vice-Presidente Esecutivo di ISPI Paolo Magri, per “mettere a punto un’agenda positiva” per il Mediterraneo, elaborando possibili soluzioni condivise ai rischi sanitari, economici e politici che potrebbero dimostrarsi più gravi e pesanti rispetto al resto del mondo. I lavori possono essere seguiti sul sito med.ispionline.it.

Rivedi la sessione di apertura con gli interventi del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio e di Giampiero Massolo, Presidente ISPI:

 

 

 

Un contesto già vulnerabile?

Da mesi ormai tutti i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa sono impegnati nella lotta contro la pandemia. Nella regione si sono registrati finora oltre 3 milioni di casi. Non sono molti, in proporzione alla popolazione: un fenomeno su cui gli esperti si sono interrogati e che, di volta in volta, è stato attribuito a temperature miti (pur in assenza di evidenze scientifiche), bassa età media e possibile mancanza di tracciamento. Qui però, più che ad altre latitudini, l’epidemia ha impattato su un contesto già segnato da instabilità politica, disuguaglianze, conflitti e vulnerabilità socioeconomiche. Il tutto in uno scenario in cui i conflitti restano irrisolti, mentre cambiamenti geopolitici – simili ad attività telluriche profonde – stanno contribuendo a ridisegnare l'ordine regionale, con implicazioni di lungo periodo. Una delle principali questioni che MED – Mediterranean Dialogues cercherà di affrontare, negli incontri suddivisi in quattro sezioni tematiche – sicurezza condivisa; prosperità condivisa; migrazione; società civile, cultura e media – è come riuscire a trasformare la pandemia in un'opportunità e trovare soluzioni che possano favorire stabilità e prosperità nel Mediterraneo.

 

 

 

Un patto sociale compromesso?

Il coronavirus per la regione mediterranea non ha significato solo chiusure e pressione sanitaria. Mentre in Asia, Europa e nelle Americhe si predisponevano i lockdown, la domanda globale di petrolio, prodotti petrolchimici e manifatturieri e le altre fonti di reddito come turismo e servizi finanziari, è crollata. Il prezzo del petrolio, già ai minimi nei mesi precedenti, è finito in negativo “e considerato che quasi ogni produttore regionale, per soddisfare le esigenze di budget, ha bisogno che i prezzi al barile non scendano al di sotto dei 60 dollari – osserva Vali Nasr nel Rapporto MED2020 "Navigating the Pandemic" – questo ha avuto ripercussioni sul bilancio per molti stati”. A cui si è aggiunta la riduzione della domanda di manodopera migrante nei paesi ricchi di petrolio, che ha portato a tagli negli investimenti e nelle rimesse nel resto della regione. Infine, oltre ad aumentare la pressione nei confronti di economie già in difficoltà, come Iran, Iraq e Libano, i tagli alla spesa pubblica che arriveranno nel giro di mesi – laddove non siano già stati messi in atto – rischiano di far saltare un patto sociale già gravemente compromesso e, con esso, la stabilità interna di alcuni paesi. In una parte di mondo in cui quasi la metà della popolazione ha meno di 25 anni, già prima della pandemia, un quarto dei giovani era disoccupato. Una percentuale che in paesi come la Libia, ad esempio, raggiunge addirittura il 50%, il secondo più alto a livello mondiale.

 

Un’opportunità per il cambiamento?

Attualmente però, la sfida più importante e immediata che la regione MENA si trova ad affrontare è l'emergenza sanitaria. Alcuni paesi devono far fronte a carenze di capacità mediche ed altri servizi correlati (ad esempio, servizi igienico-sanitari). I paesi più fragili hanno circa 17 milioni di sfollati interni e quasi 3 milioni di rifugiati, e negli scenari di conflitto le parti in lotta non hanno raccolto l'appello delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco. In Libia, Siria e Yemen le violenze non sono terminate, ostacolando una risposta efficace al Covid-19 e procurando ulteriori sofferenze per le popolazioni civili, mentre in paesi che lo scorso anno erano stati teatro di proteste di piazza, i governi hanno approfittato dell’emergenza per imporre giri di vite e piegare il dissenso.

A dieci anni di distanza dalle cosiddette ‘Primavere arabe’, una seconda ondata di malcontento, frenata solo temporaneamente dalla pandemia, promette di riprendere vigore nel prossimo futuro. È molto probabile infatti che una scarsa risposta da parte delle autorità statali e il rafforzamento delle pratiche autoritarie, oltre all’aumento delle diseguaglianze, amplificherebbe le ragioni del malcontento, trasformando una crisi sanitaria determinata dal coronavirus in una crisi economica e politica.

 

Per questo gli incontri di MED – Mediterranean Dialogues invitano a guardare all’attuale crisi come a un’opportunità per i governi dell’area e non solo, di innovare e realizzare riforme sociali ed economiche sempre più urgenti. E a stilare un’agenda positiva per il domani, ripensando gli approcci tradizionali e stimolando il dibattito sulle sfide comuni alle due sponde del Mediterraneo per ricostruire società ed economie migliori, in cui nessuno venga lasciato indietro.

 

Il commento

di Paolo Magri, Vice Presidente Esecutivo ISPI

“In un quadro certamente più complesso e offuscato da nubi ulteriori, Med terrà accesa anche quest’anno la luce del dialogo e del confronto, cercando di cogliere i timidi segnali positivi della società civile, dei giovani, delle donne; i piccoli passi avanti in Siria, Libia e nel rapporto fra Israele e il Golfo; le attese nei confronti della nuova amministrazione Usa o per un’Europa che aspira ad essere più geopolitica.

La speranza? Che una maggior consapevolezza e attenzione, nonostante le pressanti emergenze domestiche, ci siano di aiuto quando la tempesta Covid sarà passata e riprenderemo ad alzare lo sguardo attorno a noi: sul mare nostrum che, seppur con realismo, non ci rassegniamo a vedere come un 'mare di guai'.”

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