La disuguaglianza favorisce l'instabilità. Ciò è particolarmente vero quando essa si sovrappone a un crescente senso di ingiustizia, al dilagare della corruzione e al declino della fiducia nei leader politici, nei partiti e nelle istituzioni.
La pandemia e le misure associate al contenimento del Covid-19 hanno avuto un impatto negativo sulla crescita economica, sull'afflusso di capitali e sulla produttività in tutto il mondo. Maggiormente colpiti dai loro effetti a catena sono stati i più vulnerabili delle nostre società.
In Medio Oriente e in Nord Africa, la pandemia causata dal Covid-19 e le misure per il suo contenimento hanno amplificato le disuguaglianze economiche e sociali preesistenti, approfondendo le gravi e prolungate sofferenze. La pandemia è la quarta crisi che colpisce questa regione nell'ultimo decennio, dopo le rivolte della primavera araba, il declino dei prezzi del petrolio nel 2014-2016 e il riemergere nel 2019 delle proteste nei paesi risparmiati alla prima ondata di rivolte del 2010-2011.
Per di più, un decennio dopo, i motivi del malcontento politico e socioeconomico di fondo che hanno scatenato le rivolte devono ancora trovare soluzione. Il ridimensionamento autoritario, la mancanza di rappresentanza politica, il crescente divario tra ricchi e poveri, la percezione sempre più diffusa di una corruzione endemica, il crollo della fiducia nelle istituzioni e nella leadership e l’assottigliamento delle aspettative per il futuro rimangono evidenti in tutta la regione. Milioni di persone, rifugiati o sfollati interni, che vivono in condizioni deplorevoli, sono fuggiti dalle loro case in cerca di sicurezza. Centinaia di migliaia di altri cittadini provenienti dai paesi arabi cercano di emigrare in paesi meno turbolenti.
Scampati alla prima ondata, nel 2019 Algeria e Sudan sono stati investiti dalla nuova ondata di proteste. Manifestazioni di massa si sono susseguite anche in Iraq e in Libano contro i leader politici, che si erano arricchiti con la corruzione, impoverendo le loro società e i loro cittadini. E in paesi come l'Egitto e la Siria, la gente è scesa in strada nonostante l’acuirsi dell’autoritarismo e dell’illegalità.
Il Covid-19 è stato sfruttato per inibire queste proteste, poiché le misure di contenimento e i timori per la salute sono stati usati per costringere le persone a restare a casa. Tuttavia, è probabile che i manifestanti scendano nuovamente in piazza una volta che questi timori saranno placati o se le popolazioni sentiranno di avere relativamente meno da perdere impegnandosi in azioni collettive piuttosto che accettare condizioni in progressivo deterioramento.
L'impatto socioeconomico della pandemia sarà gigantesco ed avrà conseguenze profonde e durature. La povertà e la disuguaglianza si stanno espandendo rapidamente, anche se a un ritmo disomogeneo tra i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Le economie della regione registrano saldi fiscali negativi e centinaia di migliaia di persone hanno perso il lavoro. Questo è un dato sconvolgente in un mondo arabo dove quasi la metà della popolazione è al di sotto della soglia di povertà e la disoccupazione media è il doppio della media globale.
Un recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha sottolineato come il "doppio smacco" dei lock-down e il conseguente crollo della domanda e dei prezzi del petrolio abbiano colpito duramente i paesi esportatori. Il FMI stima inoltre che nel 2020 il prodotto interno lordo (PIL) della regione si ridurrà del 5,7% e nei paesi colpiti da conflitti del 13%, anche se la spesa è aumentata a seguito delle misure adottate per combattere le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19. Ciò corrisponde a una previsione un aumento del deficit fiscale e del debito pubblico. In questo contesto è improbabile che gli Stati Arabi possano continuare a produrre consenso sociale attraverso il sovvenzionamento di beni e servizi e la promessa di occupazione nel settore pubblico. Non c'è quindi da stupirsi se, secondo le previsioni, solo quest’anno circa 45 milioni di persone in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa cadranno in povertà. Nel frattempo le donne stanno pagando lo scotto della pandemia. La maggior parte dei posti di lavoro persi, soprattutto nel settore informale, era occupato da donne. E come le donne di tutto il mondo, anche le donne arabe stanno subendo il peso di un significativo aumento della violenza domestica.
I paesi fragili e coinvolti in conflitti sono stati colpiti ancora più duramente. La maggior parte di essi si trova ad affrontare un indebolimento dell'attività economica e un calo delle rimesse di almeno il 20%. Tutto questo sta accadendo in un contesto di instabilità politica cronica, di espansione della povertà e della vulnerabilità sociale, di debolezza delle istituzioni, crisi delle infrastrutture e di crescenti sfide alla sicurezza. Alcuni Paesi hanno colto l'occasione per reprimere ulteriormente il dissenso. Nell'ultimo anno le autorità algerine hanno sfruttato il lock-down imposto dal coronavirus per soffocare il movimento di protesta all’interno. Nei Paesi in guerra, come la Siria, l'Iraq, lo Yemen e la Libia, le parti in conflitto hanno strumentalizzato la pandemia a fini politici, mettendo a repentaglio le forniture mediche transfrontaliere e gli aiuti umanitari, di cui vi è un disperato bisogno.
Dieci anni fa, le rivolte arabe erano espressione della richiesta di giustizia sociale e libertà. La pace sociale non è ottenibile con la forza e gli incentivi finanziari per far tacere le popolazioni non sono più un'opzione percorribile. Fino a quando i governi arabi non prenderanno in esame con maggiore serietà tutte queste questioni, cominciando ad investire sui loro popoli, i paesi della regione correranno il rischio di dovere affrontare un'instabilità ancora maggiore.