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Commentary

Mediterraneo, punto strategico di incontro tra "Belt" e "Road"

Alessia Amighini
21 luglio 2017

Dalla metà di maggio, in occasione del primo Belt and Road Forum a Pechino, si susseguono, concitati e confusi, numerosi commenti e presunte rivelazioni su quelli che dovrebbero diventare i punti di arrivo delle due direttrici principali, terrestre e soprattutto marittima di OBOR. Il fatto che nel disegno complessivo tali approdi non siano ancora del tutto ufficialmente definiti è un segnale che a tutt’oggi gli snodi e i collegamenti nella grande rete di infrastrutture di trasporto che collegherà Europa e Asia è in piena fase di progettazione. Ma è indubbio che, dal punto di vista geo-economico, l’Italia è un partner di grande rilievo nella realizzazione dell’iniziativa, in quanto approdo naturale imprescindibile dal Mediterraneo al cuore dell’Europa. Infatti, sebbene le nuove reti ferroviarie già operative tra Cina ed Europa lascino intravedere scenari più articolati sulle direttrici future dei commerci – in termini sia di rotte, sia di modalità di trasporto – la maggior parte degli scambi continuerà ad avvenire via mare. Oggi il Mediterraneo è più centrale che mai nel commercio mondiale. La presenza del grande hub del Pireo, già gestito e controllato dalla Cina, non riduce, ma semmai aumenta il vantaggio di posizione dell’Italia, perché qualunque alternativa terrestre alla via marittima verso il centro Europa dovrebbe passare dai Balcani e sarebbe inefficiente dal punto di vista economico, complicata su quello istituzionale e rischiosa su quello politico.

Oggi la centralità del Mediterraneo è ulteriormente rinvigorita da almeno tre fenomeni di grande rilevanza geo-strategica. Primo, il raddoppio del canale di Suez (che consente l’attraversamento contemporaneamente nelle due direzioni e il transito anche delle navi di grandi dimensioni). Secondo, il gigantismo navale (nel 2012 le navi oltre i 10.000 Teus erano solo il 13% del totale in circolazione, oggi sono il 23% e si prevede che arrivino al 32% nel 2019): le meganavi, per ammortizzare i costi, devono potere prevedere più scali lungo la stessa rotta e questo è possibile solo lungo la rotta Asia-Europa e non su quella Transpacifica, che può contare solo sul vantaggio relativo di 4 gg di navigazione sulla rotta Shanghai-New York. Terzo, le nuove alleanze nello shipping, tra le quali soprattutto l’alleanza tra Cosco - che ha massicciamente investito nel Porto del Pireo sin dal 2008 fino all’acquisizione del controllo di maggioranza (67,5%) del porto stesso nell’estate del 2016 (con riferimento sia al traffico merci sia al trasporto passeggeri nelle isole greche e al settore crocieristico) e a Port Said allo sbocco mediterraneo del Canale di Suez - e China Shipping che ha portato alla nascita di un conglomerato che rappresenta il 7% del mercato dei container, con 1.114 navi e 46 terminal nel mondo, a sua volta alleato con altri gruppi (prevalentemente asiatici) nella Ocean Alliance che controlla quasi il 40% del mercato nelle principali rotte Est-Ovest [1].

Il Mediterraneo peraltro è centrale non solo nelle rotte Asia-Europa, ma anche nei traffici globali e, in particolare, cinesi con il resto del mondo. Nell’area MENA l’interscambio cinese è passato da 21,3 miliardi di dollari del 2001 ai 257,4 del 2015 (con stime di 283 miliardi nel 2018), di cui la gran parte avviene via nave. Nel periodo 1995-2015, mentre i transiti di container sulla rotta Asia-Europa sono cresciuti dal 27% al 42%, i transiti lungo la rotta Transpacifica sono calati dal 53% al 44% e quelli lungo la rotta Transatlantica dal 20% al 13%. Infatti, l'Europa sta guadagnando un ruolo importante nelle rotte commerciali internazionali ben oltre quelle che riguardano il commercio dell'Unione europea. Il trasporto di container tra la Cina e la costa nordamericana continua ad avvalersi del canale di Suez. Poiché il Canale di Panama è più stretto del Canale di Suez e non è abbastanza largo per le più grandi navi container, c'è un passaggio dal transpacifico al tragitto transatlantico per il traffico container tra l'Asia e la costa orientale nordamericana. Nel 2014, la capacità del container dall’Asia verso la costa orientale statunitense attraverso il Canale di Suez ha superato per la prima volta quella del Canale di Panama.

L’ampliamento del Canale di Panama, pur consentendo di aumentare drasticamente la dimensione delle navi che possono attraversarlo (da 4.500 Teus a 13.000 Teus) e il numero dei transiti (fino a 50 al giorno), continuerà a non permettere il passaggio delle meganavi e quindi si rafforzerà soprattutto come grande canale panamericano (tra Nord e Sud America) più che mondiale. È questo che spiega gli ingenti investimenti cinesi in Nord-Africa, soprattutto in Marocco (con un apporto iniziale di 1 miliardo di dollari) sia nel porto di Tangeri, sia nelle infrastrutture di trasporto, e nella costruzione di un polo produttivo e residenziale che ospiterà fino a 200 aziende cinesi, la più grande piattaforma della Repubblica popolare nel continente africano; ma anche in Algeria (ad esempio nel porto di Cherchell) e in Egitto.

I vantaggi strategici dei porti italiani sono inter-modalità, procedure doganali oggi ai vertici mondiali in termini di rapidità ed efficienza, maggiore vicinanza geografica, rispetto ai porti del Nord, alle principali aree di destinazione delle merci cinesi. Inoltre, la rete ferroviaria che collega l’Italia al resto dell’Europa sarà ulteriormente ampliata e rafforzata con il completamento della tratta del Terzo Valico, al centro di quattro grandi corridoi ferroviari europei, e rafforza costantemente il suo sistema di alta velocità ferroviaria per le merci (settore tecnologico su cui ha auspicato una collaborazione con la Cina). Soprattutto, permetterà di dotare le filiere produttive trans-europee di un punto logistico-industriale che si sta materializzando con il regime di "porto franco" a Trieste. In questa prospettiva si spiega la logica del recente accordo tra il porto di Duisburg e quello di Trieste. E in questo modo l’Italia diventerà parte centrale non solo nelle vie marittime, ma anche in quelle terrestri, con grandi prospettive per uno sviluppo economico integrato di tutto il paese.

 VEDI WATCH

Alessia Amighini, Università del Piemonte Orientale e ISPI Associate Research Fellow

 

[1] Massimo Deandreis, Orizzonte Cina novembre-dicembre 2016.

 

 

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OBOR Cina commercio Italia mediterraneo
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Autori

Alessia Amighini
Senior Associate Research Fellow

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