Michele Bombassei ha frequentato il Master in International Affairs dell’Ispi nel biennio 2003/2004. Oggi è Senior Policy Advisor – Head of the United Nations Partnership Division dell’IOM e ha alle spalle una lunga carriera nella protezione e assistenza dei migranti.
Cosa ha significato per lei frequentare il master ISPI e come ha cambiato la sua carriera lavorativa?
Per me che avevo studiato giurisprudenza e avevo completato il ciclo di studi tra Bergamo e Milano, l’Ispi ha rappresentato la porta d’ingresso in un mondo nuovo. Ho avuto insegnanti con esperienze in varie parti del mondo, con approcci pedagogici completamente nuovi. Per me è stato fonte di grande ispirazione e lo consiglierei a chiunque volesse intraprendere una carriera in ambito internazionale.
Dove lavora oggi e di cosa si occupa?
Da settembre sono nella sede Oim a Ginevra. Ma prima ho lavorato in diversi paesi: Tunisia, Libia, Egitto, Dakar. Mi occupavo di coordinare progetti relativi alla protezione dei migranti: tutti coloro che percorrono le rotte migratorie hanno bisogno di assistenza lungo il tragitto. L’Oim si occupa di fornire questa assistenza a 360 gradi, incluse soluzioni durevoli tra cui l’assistenza al ritorno volontario, nel caso dei migranti che decidono di tornare a casa. In Egitto, seguivo i corridoi migratori dal Corno d’Africa al Sinai e alla Penisola Araba; in Senegal, seguivo il corridoio migratorio che dall’Africa Occidentale porta i migranti attraverso il Sahel, il Niger, il Mali, verso la Libia, il Nord Africa ed in seguito il Mediterraneo e l’Europa. Forse il corridoio migratorio piu letale al mondo. Ora a Ginevra mi occupo di partnership con le Nazioni Unite: sviluppiamo sinergie con le altre agenzie dell'ONU nella gestione condivisa del fenomeno migratorio.
Cosa pensa del rinnovo del Memorandum Italia – Libia?
È un problema spinoso. Ero in Libia quando fu firmato il primo. L’Oim non considera la Libia un ‘porto sicuro’. E’ necessario sviluppare politiche condivise per assicurare dignità e sicurezza ai migranti, e al tempo stesso proporre soluzioni realistiche, che tengano conto della volontà di ogni paese di determinare le proprie politiche migratorie. Bisogna creare delle prospettive di lungo periodo e sostenere gli sforzi dei paesi Europei per identificare i vantaggi indiscutibili di una gestione della questione migratoria lungimirante e intellettualmente onesta.
Perché in Italia il tema migrazioni è diventato così spinoso?
La nostra società è diventata multietnica nell’arco di una generazione o due. La globalizzazione ha cambiato il volto delle cose e la classe dirigente (politici, intellettuali e giornalisti) ha spesso faticato a star dietro alla velocita di questo cambiamento. Non si è saputo gestire un fenomeno complesso, spiegarlo e creare strutture e percorsi di inserimento dei migranti nella società. Con il risultato paradossale che i migranti sono vissuti e raccontati sempre e solo come un problema, mentre la realtà ci mostra esempi di grande successo, testimonianze di come la migrazione, se ben gestita, possa essere un grandissimo fattore di sviluppo, che giova alle società di origine, di transito e di destinazione.
Che consiglio darebbe a chi vorrebbe lavorare in ambito internazionale?
La brutta notizia è che è diventato un mondo molto competitivo. Ricevo richieste di internship da persone con CV incredibilmente competitivi, livelli inimmaginabili al tempo in cui io mi affacciavo al mondo del lavoro. La buone è che ce la si può fare, se si è determinati. Il consiglio che mi sento di dare è di cominciare sul campo (affidandosi pero a datori di lavori seri e professionali, che sappiano garantire le condizioni minime di sicurezza. Niente avventurieri o rischi inutili). L’esperienza diretta e il contatto con i beneficiari sono fattori essenziali per costruire una deontologia e le capacita che alla lunga risulteranno vincenti nella carriera professionale.