Il presidente Joe Biden parla di “buon giorno per la democrazia” e lascia la porta aperta ad una ricandidatura nel 2024.
“È stata una buona giornata per la democrazia e per gli Stati Uniti”: non ha nascosto la sua soddisfazione, Joe Biden, parlando alla stampa nella tarda serata di ieri. Il presidente americano ha sottolineato che le previsioni di “media e opinionisti” su una vittoria schiacciante del partito repubblicano non si sono avverate e che i democratici hanno incassato il miglior risultato mai registrato alle midterm da un partito al governo negli ultimi decenni. A scrutinio ancora in corso, infatti, i repubblicani sembra avviarsi verso una maggioranza risicata alla Camera, mentre al Senato la situazione è in bilico: 49 a 48 per i repubblicani, ma si contano ancora i voti di Arizona e Nevada, mentre la Georgia, cruciale “swing state”, andrà al ballottaggio il 6 dicembre. “Sono pronto a lavorare con i miei colleghi repubblicani – ha aggiunto Biden – e il popolo americano ha chiarito che si aspetta che anche i repubblicani siano pronti a lavorare con me”. In proposito il presidente ha ribadito che apporrà “il veto a qualsiasi tentativo di approvare un divieto nazionale sull'aborto”, ma si è detto disposto a “fare compromessi laddove abbia senso”. Guardando alle prossime presidenziali del 2024, l’inquilino della Casa Bianca non ha voluto sciogliere la riserva: “L’intenzione è di ricandidarmi – ha detto – ma alla fine è una scelta che prenderò con la mia famiglia. Non ho fretta, in un senso o nell'altro”. E ha aggiunto che prenderà una decisione “all'inizio del prossimo anno”.
Repubblicani alla resa dei conti?
Se il risultato delle elezioni non è ancora definitivo, diversi elementi appaiono già chiari. L’inatteso successo dei candidati democratici, superiore ad ogni più rosea aspettativa dei giorni precedenti il voto, mette Joe Biden in una posizione di forza: il presidente avrà meno pressioni da gestire all’interno del partito da parte di chi fino a ieri riteneva di poter sfidare la sua autorità. Al contrario, in casa repubblicana, il malcontento si fa sempre più palese. Il “Grand Old party” (Gop) ritiene di aver perso l’occasione di assicurarsi una maggioranza forte al Congresso, con cui avrebbe di fatto ipotecato i prossimi due anni di mandato democratico alla Casa Bianca. E il responsabile di quella che in molti ora chiamano apertamente una ‘débacle’ è principalmente Donald Trump: i suoi candidati, estremisti, radicali, complottisti, negazionisti e legati da un patto di fedeltà all’ex presidente più che al partito, hanno ottenuto meno di quanto ci si aspettava. Come ha sintetizzato – in una battuta fulminante – il politologo Sean Trende su Twitter: “Il voto dimostra che selezionare i candidati dal bar di Guerre Stellari non è una ricetta per il successo elettorale”. Con l’eccezione di JD Vance in Ohio e Adam Laxalt (attualmente in vantaggio in Nevada), gli altri – Mehmet Oz in primis – hanno perso seggi che erano contendibili e possibili dal vincere. Questo, oltre alla vittoria di Ron De Santis in Florida, potrebbe aprire la strada ad una lotta intestina tra le due anime del Gop in vista delle presidenziali del 2024.
Aborto: l’altro voto?
Sembra che molti altri stati seguiranno l’esempio del Kansas che quest’estate ha rifiutato con un voto schiacciante al referendum una norma che prevedeva la rimozione dalla Costituzione dello Stato dei diritti di accesso alle interruzioni di gravidanza. Oltre al voto per le midterm, martedì
sia la California che il Vermont hanno aggiunto i diritti di accesso all’aborto alle loro Costituzioni con un margine ampissimo. Una misura simile è stata approvata in Michigan, con uno scarto compreso tra il 56% e il 44%. E anche altri stati ‘rossi’ – come Kentucky e Montana – hanno detto ‘no’ a norme antiaborto simili a quelle del Kansas. Il provvedimento del Kentucky, che non è passato, avrebbe chiarito che la Costituzione dello Stato non prevede alcun diritto all'aborto; la misura in Montana, invece, richiedeva agli operatori sanitari di cercare di salvare qualsiasi bambino nato vivo, anche dopo un tentativo di aborto. Sembra che il tema del diritto all’aborto abbia avuto un impatto anche a livello nazionale: quasi tre elettori su dieci hanno affermato che questo tema è stato in cima alle loro preoccupazioni al momento del voto. Esattamente la stessa media che ha indicato l’inflazione come priorità.
L’Europa tira un sospiro di sollievo?
Gran parte dell'Europa ha accolto i risultati parziali del voto di midterm con un sospiro di sollievo. La mancata ‘onda rossa’, l’assenza di violenze elettorali e la tenuta del partito del presidente in carica hanno alleviato i timori di possibili nuove turbolenze transatlantiche e garantito sulla salute della democrazia americana, almeno per ora. La paura di un ritorno di Donald Trump e, con lui, di una dottrina ‘America First’ preoccupa i governanti europei fin dall’insediamento di Joe Biden, quindi sapere che il tycoon potrebbe aver perso almeno parte della sua influenza nel partito repubblicano non può che essere una buona notizia al di qua dell’Atlantico. L’esito del voto allontana inoltre i timori su un disimpegno economico da parte americana in Ucraina. L’Europa è pienamente cosciente del fatto che il sostegno di Washinton a Kiev è essenziale per contrastare i piani del Cremlino e le dichiarazioni di alcuni repubblicani di spicco nonché le critiche di Trump che ha accusato Biden di “fomentare il conflitto” avevano destato più di un allarme. Non è un caso se già ieri il presidente è tornato a parlare del conflitto. “All’Ucraina non abbiamo dato assegni in bianco. Ci sono molte cose che Kiev vuole e che non abbiamo fatto”, ha detto Biden, che rispondendo a una domanda sull'annuncio del ritiro russo da Kherson ha osservato: “Trovo interessante che abbiano aspettato fino a dopo le elezioni per fare quella valutazione”.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications.