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Commentary

Migrazioni e terrorismo: Emergenza Mediterraneo in 3 mosse

01 luglio 2014

Pochi giorni dopo il suo insediamento a Palazzo Chigi il presidente Renzi si era recato a Tunisi. Da laggiù aveva voluto porre in evidenza la centralità del Mediterraneo per l’Italia e per la stessa Europa e indicarla come punto prioritario dell’agenda del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea. L'aveva ribadita nell'incontro con Obama del marzo scorso.

Giunti alla vigilia di quest’impegnativa scadenza quella centralità è apparsa sfumarsi nel suo discorso programmatico del 25 giugno in Parlamento per affiorare quasi solo sul tema, certo cruciale ma non decisivo, dell'ondata migratoria e alla sordità dell'Unione Europea alle nostre istanze. È risultato rarefatto anche il riferimento alle problematicità del Medio Oriente.

Un po' poco, insomma, rispetto alla portata delle sfide che quest’area di così rilevante e bruciante prossimità sta ponendo all’intera Europa, oltre che all'Italia, dopo tre anni e mezzo dall’inizio di quel tumultuoso processo – “primavere” o “risveglio” che dir si voglia – che ha investito l’intero mondo arabo e che è ancora in pieno svolgimento. 

Portata considerevole se solo si pensa che questo processo, assieme agli sconvolgimenti interni che si sono e si stanno realizzando nei singoli paesi interessati - oggi in termini di assoluta acutezza in Libia, Siria, Iraq, ma preoccupanti anche in Egitto Bahrein e Yemen - ha comportato e sta comportando anche significativi mutamenti nei loro rapporti inter-regionali, marcati in particolare dall'espandersi dell'influenza delle monarchie del Golfo, e in parte della Turchia, e dalle perniciose crepe del confronto scontro di carattere settario ed etnico-settario. Altrettanto dicasi per trame delle loro relazioni con i Player internazionali, dalle più tradizionali – ancora condizionate dall’eredità dei "patti politico-sociali" intercorsi con i regimi pre-2011 - alle più recenti ed emergenti, come quelle dei cosiddetti Brics. 

Tra questi Player figura naturalmente la stessa Unione eEuropea che, protagonista di un partenariato ventennale già poco esaltante - da molti in realta' considerato fallimentare - ha mostrato una debolezza di fondo favorita certo dalla grave crisi economico-finanziaria ma soprattutto dal gioco incrociato delle ambizioni dei paesi europei piu' legati alla sponda sud e sud est del Mediterraneo. L'Unione Europea non ha cioe' trovato la forza di reagire con quel sussulto strategico e con quella visione di futuro che sarebbe stata coerente con i suoi interesse geopolitici. L'Italia dal canto suo non è riuscita a fare gran che di meglio, impantanata in una politica difensiva, lontana dal ruolo europeisticamente propositivo e fors'anche protagonistico che dovrebbe essere nelle sue corde.

Su questo sfondo, complesso e incerto, che vede un'Unione Europea rimodulata nei suoi strumenti legislativi e di governo e dunque in un momento di passaggio suscettibile anche di aperture per importanti correzioni di rotta, che cosa possiamo aspettarci dal semestre di presidenza italiana?

Non molto se ci si attiene alle precitate dichiarazioni programmatiche. 

In realtà penso che, accanto all’indiscutibile pregnanza del tema crescita-flessibilità-stabilità, il governo si sia preparato con grande serietà e puntualità anche per un semestre di presidenza all'altezza delle sfide "mediterranee" nella consapevolezza delle opportunità che esse pure offrono. 

Tra le prime, più pressanti e politicamente sensibili figura certo la pesante pressione migratoria che si sta scaricando sulle nostre coste. Sosteniamo a buon diritto che l’Europa non ci può lasciare soli ma forse dovremmo corredare questa rivendicata europeizzazione del fenomeno con una proposta politica che ne collochi dimensione umanitaria e di sicurezza, importanti ma tutt’altro che esaustive, all’interno di una strategia di partenariato di più ampio contenuto e respiro. Che vada ben al di la' delle regole sull'asilo, che comunque sono da rivedere. Magari riprendendo le fila di progettualità di co-sviluppo già sperimentate in passato, imperniandole eventualmente su un formato iniziale incentrato nel Maghreb con epicentro in Libia dove già siamo fortemente impegnati in uno sforzo euro-americano teso al superamento delle gravi difficoltà politico-istituzionali in cui versa questo paese per noi tanto strategicamente importante. 

Altra sfida di straordinaria importanza è data dalla minaccia dell’estremismo e del terrorismo la cui crescita esponenziale in quest'area mediterranea e medio orientale proprio in questi ultimi anni, dovrebbe far riflettere sulla validità delle politiche di intervento seguite finora - e non solo dall'Occidente come certa stampa vorrebbe accreditare - e sull'esigenza e urgenza di introdurvi significativi emendamenti, col corredo di azioni concertate e appropriatamente inclusive tra Player internazionali e attori regionali piu' attrezzati nella lettura del fenomeno. E dunque in una logica di corresponsabilità in cui intelligence e strumento militare vengano immersi in un humus di cultura sociale, politica e religiosa.

Una terza sfida cui potremmo dare un impulso rilevante col nostro semestre di presidenza è relativa al riconoscimento dell'accresciuto ruolo politico oltre che finanziario  dei nostri principali inquilini regionali, fra i quali le monarchie del Golfo e dunque nel recepimento attivo, ovvero nel coinvolgimento, di tali inquilini nello sviluppo del nostro partenariato complessivo con i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Si tratta in sostanza di cercare di dare spessore strategico a questa trama che proprio nel nostro semestre potrebbe trovare una tessitura rispondente ai nostri interessi a medio e lungo termine. A cominciare dai paesi della costa nord africana dove il rilancio dello sviluppo economico costituisce una priorità assoluta per dare concretezza ad una ragionevole prospettiva di recupero di condizioni sostenibili di stabilità e quindi di pace. 

E a proposito di stabilità e di pace, come non considerare l’opportunità di essere noi i suggeritori di una più percettibile assertività politica in tal senso da parte dell’Unione europea sul piano internazionale e in particolare nel nostro intorno più immediato. A Est, naturalmente, ma anche alle crisi che si stanno sviluppando nel Medio Oriente e oggi con particolare gravità quell'enclave siro-iracheno su cui sta sventolando la bandiera dell'Isis, ad alto rischio di esondazione territoriale. In una perversa spirale politico-settaria ed etnica in cui si incrociano i ferri di Tehran, Riyadh e Ankara e si misurano, nuovamente, Washington e Mosca.

Penso che l'Europa possa fare di più e di meglio di quanto non abbia fatto finora e rivendicare un proprio ruolo quale potenza di pace e dunque di mediazione in una più stretta sintonia con la segreteria generale delle Nazioni Unite, in evidente caduta di credibilità.

Visione utopistica? Forse, ma molto coerente e in fondo anticipatore del sogno degli Stati Uniti d'Europa che il presidente del Consiglio sta prospettando ai partner del vecchio continente. La miglior risposta anche al vento euroscettico e xenofobo e il più vigoroso viatico per il nostro sistema economico che ha reagito e sta reagendo bene, a braccetto con una politica estera attivamente proiettata alla sua tutela e promozione.

Armando Sanguini, ISPI Scientific Advisor, già Ambasciatore d’Italia in Tunisia e Arabia Saudita. 
 
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