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UNIONE EUROPEA

Missione: decoupling dal gas russo

Alessandro Gili
11 marzo 2022

La guerra in atto ha posto l’Europa di fronte a una decisione complessa, che richiama alla necessità di un forte equilibrio tra la volontà di supportare in modo ampio e deciso l’Ucraina – mettendo in difficoltà l’economia russa – e la necessità di assicurarsi l’energia necessaria per il funzionamento della propria economia e per i bisogni delle famiglie. L’Unione Europea, che dipende per circa il 45% delle proprie importazioni dal gas russo, pur non potendo applicare integralmente l’embargo sul gas e sul petrolio russo (come annunciato l’8 marzo dagli Stati Uniti), ha deciso di dare una svolta alla propria sicurezza energetica e ha annunciato il piano REPowerEU. Un primo passo per arrivare poi all'eliminazione del gas russo dal mix energetico europeo entro il 2027. 

Nel corso dei primi giorni di marzo, e in gran parte come conseguenza della invasione russa dell’Ucraina, i prezzi nel mercato di riferimento del mercato del gas europeo, il TTF di Amsterdam, hanno registrato punte di 230 €/MWh, contro una media che fino a settembre 2021 si aggirava intorno ai 20€/MWh. Si può ben comprendere lo shock negativo per l’intera economia europea, per le famiglie e per il tessuto industriale, un impatto che la Banca centrale europea ha già misurato intorno allo 0,5% del Pil, ma che probabilmente sarà maggiore, considerando che tali stime sono state prodotte prima dell’invasione e con prezzi del gas sensibilmente inferiori.

 

I contenuti di REPowerEU

REPowerEU è un piano ambizioso, che necessiterà di uno stretto coordinamento tra gli attori del settore per la sua realizzazione: intende infatti ridurre le importazioni di gas russo da 155 miliardi di metri cubi a 55 miliardi. Come?

In primo luogo, l’intenzione è quella di procedere a una diversificazione massiccia attraverso il gas naturale liquefatto (LNG) che dovrebbe fornire circa 50 miliardi di metri cubi in sostituzione del gas russo, in particolare da Qatar, Stati Uniti, Egitto e Africa occidentale. Già nel periodo gennaio-febbraio 2022 si è notato come le importazioni di gas naturale liquefatto siano state il 33% del totale dell’import europeo di gas, contro circa il 15% del periodo gennaio-febbraio 2021 (aumento che ha avuto come conseguenza una riduzione delle forniture russe, passate dal 47% al 28% del totale dell’import). Inoltre, il piano europeo prevede di diversificare i rifornimenti dai gasdotti, per sostituire nel 2022 circa 10 miliardi di metri cubi di gas russo attraverso maggiori forniture da Azerbaigian, Algeria e Norvegia. In secondo luogo, il biometano – che secondo gli obiettivi Fit for 55 dovrà fornire 35 miliardi di metri cubi annui entro il 2030 - nel 2022 dovrà garantire circa 3,5 miliardi di metri cubi in sostituzione dell’import russo.

La seconda grande partita sarà determinata da una forte accelerazione degli investimenti in energie rinnovabili, per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili. Secondo REPowerEU nel 2022 si potranno sostituire 20 miliardi di metri cubi di gas russo  grazie a maggiori installazioni di impianti eolici e fotovoltaici.  Ulteriori 2,5 miliardi di metri cubi di gas russo potranno essere inoltre sostituiti attraverso nuovi impianti fotovoltaici sui tetti di abitazioni e imprese. Precondizione per tale accelerazione è la semplificazione e riduzione dei tempi per le autorizzazioni, obiettivo che sarà oggetto di una Raccomandazione della Commissione a maggio. Un risparmio considerevole, secondo la strategia europea, dovrebbe inoltre arrivare da interventi di efficientamento energetico e riduzione dei consumi, che permetterebbero di evitare circa 14 miliardi di metri cubi di import di gas russo già nel 2022.

Un ruolo fondamentale avranno inoltre, secondo il piano Fit for 55, lo sviluppo dell’idrogeno e l’installazione di pompe di calore per il riscaldamento. Per quanto riguarda l’idrogeno, entro il 2030 si prevede che saranno installati 480 GW di eolico e 420 GW di solare, in grado di produrre 5,6 milioni di tonnellate di idrogeno verde, l’equivalente per ridurre il consumo di gas di 170 miliardi di metri cubi. In particolare, ciò permetterebbe di risparmiare tra 25 e 50 miliardi di metri cubi di importazioni di gas russo entro il 2030. Fondamentale, secondo la Commissione, sarà lo sviluppo di una rete integrata del gas e dell’idrogeno, così come di nuove strutture per lo stoccaggio dell’idrogeno stesso. La rete del gas dovrà divenire progressivamente totalmente compatibile con l’idrogeno e dovranno essere rafforzate le interconnessioni tra i Paesi membri. Un obiettivo complessivo che potrebbe essere favorito attraverso nuovi  accordi con Paesi partner e imprese, a partire da una futura Mediterranean Green Hydrogen Partnership. Tutto nel quadro di un nuovo Hydrogen Accelerator, la cui creazione dovrà garantire l’integrazione di reti, stoccaggi e capacità portuali. L’idrogeno sarà in particolare fondamentale per assicurare la decarbonizzazione del settore industriale, e per fornire energia rinnovabile a prezzi competitivi. Attraverso un Innovation Fund, inoltre, la Commissione intende rafforzare le capacità di produzione di dispositivi e infrastrutture energetiche a zero emissioni di carbonio, come  elettrolizzatori, turbine eoliche e pannelli fotovoltaici.

Infine, l’azione europea intende velocizzare l’installazione di pompe di calore: il piano originario Fit for 55 prevede la diffusione entro il 2030 di 30 milioni di pompe di calore, in grado di ridurre i consumi di circa 35 miliardi di metri cubi di gas; REPowerEU intende installare quest’anno un numero di pompe  in grado di sostituire l’equivalente di 1,5 miliardi di metri cubi di importazioni di gas russo.

Centrale, nella strategia europea, sarà inoltre la questione degli stoccaggi. Una politica coordinata europea permetterebbe un uso più efficiente delle infrastrutture esistenti, limitando la necessità di nuovi depositi, considerando anche il fatto che non tutti gli Stati membri saranno in grado di disporre sul proprio territorio di simili infrastrutture energetiche. Entro aprile sarà quindi elaborata una proposta legislativa per assicurare che le infrastrutture di stoccaggio siano riempite al 90% entro il 1° ottobre di ogni anno. Tale misura si rende necessaria per evitare situazioni come quella del 2021, quando si è entrati nel periodo autunnale con solamente il 77% dei livelli di riempimento. Inoltre, le infrastrutture di stoccaggio dovranno essere identificate come infrastrutture critiche e gli Stati membri dovranno attentamente vigilare che l’eventuale proprietà straniera di tali asset non ponga rischi per la sicurezza delle forniture.

Gli alti prezzi dell’energia in Europa, che determineranno inevitabilmente interventi per calmierarli e forti investimenti per ridurre la dipendenza, richiederanno importanti misure di politica fiscale. Gli Stati membri sono innanzitutto autorizzati a concedere aiuti di Stato per i settori e le imprese in difficoltà a causa dell’aumento dei prezzi energetici, così come potranno ridurre il carico fiscale sulle bollette per le famiglie e le imprese. Inoltre, la Commissione intende valutare, consultando gli Stati membri, le necessità di ognuno per il lancio di un nuovo Temporary Crisis Framework. Tale strumento potrebbe concedere, ad esempio, liquidità d’emergenza per i consumatori energivori, che non potrebbero altrimenti far fronte agli improvvisi aumenti dei prezzi senza un dilazionamento dei pagamenti. Infine, la Commissione, durante il Consiglio europeo informale di Versailles del 10-11 marzo non ha escluso la possibilità di misure di emergenza per limitare l'impatto dell'aumento dei prezzi del gas su quelli dell'elettricità, anche attraverso temporanei limiti ai prezzi massimi. In secondo luogo, così come suggerito dall'IEA, la tassazione dei sovraprofitti delle società energetiche potrebbe determinare incassi fino a 200 miliardi di euro per i Governi degli Stati membri

 

La situazione europea e italiana

La scorsa settimana, anche l’Autorità internazionale dell’Energia (IEA) ha pubblicato un piano in 10 punti, che permetterebbe una riduzione di circa un terzo delle importazioni di gas russo nel 2022. Le misure sono largamente coincidenti con quelle proposte dall’Unione europea, sebbene meno ottimistiche rispetto ai volumi di sostituzione.

D’altro canto, dalla pubblicazione della EU Energy Security Strategy del 2014, che prevedeva la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, ben poco è stato fatto. Se nel 2015 la Russia pesava per il 36% del totale dei consumi europei di gas, nel 2021 questa quota è stata pari al 38%, segnalando quindi un aumento. Al tempo stesso, la grande assente negli ultimi anni è stata la produzione interna. Se nel 2015 l’Unione europea soddisfaceva il 24% dei propri consumi, nel 2021 tale percentuale si è ridotta al 9%, in gran parte a causa della progressiva riduzione dei nuovi investimenti in fonti fossili, coerentemente con la strategia europea di transizione energetica. Inoltre, un problema fondamentale dell’Europa è la grande differenza in materia di dipendenza dal gas russo dei Paesi europei. Germania e Italia dipendono rispettivamente per il 55% e il 40%, mentre Paesi come Francia e Spagna hanno livelli di dipendenza inferiori, anche grazie all’uso dell’energia nucleare.

Anche per l’Italia, che nel 2021 ha consumato 76 miliardi di metri cubi di gas, ora si apre quindi la partita della diversificazione delle fonti. Le missioni del Ministro degli Esteri in Algeria e Qatar confermano tale orientamento. L’Algeria, ad esempio, nel corso del 2021 ha rifornito l’Italia per circa 21 miliardi di metri cubi, raddoppiando i volumi rispetto al 2020, e superando la Russia a gennaio 2022 come primo fornitore. Si stima che, con i gasdotti esistenti, la fornitura potrebbe raggiungere i 30 miliardi di metri cubi. Lo stesso TAP, che collega l’Azerbaigian all’Italia e che nel 2021 ha garantito un flusso per 10 miliardi di metri cubi, potrebbe raddoppiare la propria capacità. La grande partita, tuttavia, deriverà dai contratti sul gas liquefatto che Roma intende chiudere con Qatar e altri Paesi, considerando che i tre rigassificatori italiani, che coprono circa il 10% della domanda nazionale, funzionano attualmente solo al 60% della capacità e altri potranno essere costruiti in futuro. Sempre tenendo a mente che il gas LNG, in media, ha costi maggiori rispetto al gas via pipeline. L’aumento della produzione nazionale, infine, che attualmente si aggira intorno al 4% della domanda, potrebbe essere raddoppiato in tempi brevi, ma ciò non avrebbe un impatto considerevole sul quadro complessivo. Rimangono inoltre le misure di emergenza annunciate dal Premier Draghi, come la riapertura temporanea delle centrali a carbone, e le speranze di nuove fonti di energia pulita, come il possibile primo prototipo di reattore a fusione nucleare europeo entro il 2028.

Ma sia l’Europa sia l’Italia hanno dunque una missione: continuare e velocizzare la strada verso la transizione energetica con investimenti in rinnovabili e nucleare pulito, considerando l’utilizzo di fonti fossili come elemento emergenziale per affrontare una sfida per ora ancora più importante: la sicurezza energetica europea con la fine della pericolosa dipendenza dalla Russia.

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economia Geoeconomia Energia UE
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AUTORI

Alessandro Gili
ISPI

Image Credits: European Commission

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