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Commentary
Monti negli Stati Uniti: la quadratura del cerchio
Andrea Carati
07 febbraio 2012

Il mandato del governo Monti, per quanto limitato, ha avuto fin dal principio una forte valenza internazionale. Il primo e irrinunciabile compito del nuovo governo era infatti il rilancio dell’immagine e del ruolo dell’Italia all’estero, a partire anzitutto dall’Europa. Un tale compito era iscritto, ancor prima che nel mandato del governo, nella stessa figura di Mario Monti, il quale fino a poche settimane fa era noto e stimato in sede europea molto più di quanto lo fosse in Italia. Accettando l’incarico, Monti raccoglieva una doppia sfida sul piano internazionale. In primo luogo, quella di adottare in breve tempo provvedimenti interni che potessero rassicurare i mercati finanziari internazionali, ridando credito alla capacità di solvenza dell’Italia sul suo debito. In secondo luogo, una sfida altrettanto impegnativa riguardava la capacità di ridare all’Italia un ruolo di primo piano nei meccanismi decisionali internazionali, anzitutto a livello europeo.

I ripetuti viaggi in Europa delle ultime settimane e i dolorosi provvedimenti interni non hanno deluso le aspettative. Per un verso, i mercati internazionali sembrano aver abbandonato l’assalto speculativo ai titoli italiani e, soprattutto, l’Italia è riuscita a vendere il suo debito nelle aste sui titoli pubblici senza incontrare grossi problemi. Per un altro verso, sul piano più strettamente politico, Monti ha mostrato che le sue credenziali in Europa erano e rimangono molto solide. Il direttorio bicefalo Merkel-Sarkozy, per quanto rimanga al centro della politica comunitaria, sembra essersi stemperato con il ritorno dell’Italia a far sentire la sua voce.

Il cerchio ora è destinato a chiudersi con il viaggio di Monti negli Stati Uniti. Il compito in questo caso è molto più semplice, per diverse ragioni. Anzitutto, il rilancio del ruolo italiano rispetto all’alleato americano era vincolato alla capacità dell’Italia di ri-accreditarsi anzitutto in Europa. Ciò che gli Stati Uniti si aspettavano dall’Italia negli ultimi mesi era un cambio di marcia che togliesse il paese dalla lista dei problemi più preoccupanti dell’euro-zona per inserirlo fra i paesi più attivi nella risoluzione di tali problemi – ad es. nella negoziazione del fiscal compact. Da questo punto di vista, Monti può vantare qualche successo.

In secondo luogo, il rapporto dell’Italia con gli Stati Uniti si muove da molti anni su un solco di continuità che ha conosciuto pochi scossoni. Le discontinuità, le diffidenze e le tensioni introdotte dai governi Berlusconi in sede europea sono state incomparabilmente più profonde di quelle registratesi negli ultimi quindici anni nei rapporti con gli Stati Uniti. In altre parole, nei rapporti con Washington l’Italia ha molte meno divergenze da ricomporre rispetto a quelle accumulate in sede europea.

Infine, Mario Monti rappresenta agli occhi degli Stati Uniti una figura di garanzia dell’agganciamento dell’Italia ai contesti multilaterali internazionali, in particolare nelle relazioni con Washington. Ad alimentare una tale percezione c’è naturalmente la biografia del presidente del consiglio italiano, per i suoi incarichi nella commissione europea. Ma c’è soprattutto la scelta della squadra di governo: con la nomina dell’ammiraglio Di Paola alla Difesa (già presidente del Comitato militare della Nato e uomo particolarmente vicino a Washington) e dell’amb. Terzi di Sant’Agata (già nella Rappresentanza italiana all’Onu e ambasciatore italiano negli Stati Uniti).

Il rilancio dell’Italia in sede europea, le continuità nelle relazioni transatlantiche e le garanzie fornite da Monti e dalla sua compagine governativa faciliteranno dunque il viaggio a Washington del premier italiano, che si configura come l’ultima tappa di un viaggio la cui vera meta, in fondo, è quella di ridare una forte credibilità all’Italia, in Europa e nel mondo. 

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Italia USA relazioni transatlantiche Obama Monti
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Autori

Andrea Carati
Associate Research Fellow

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