La forte espansione economica del Myanmar è un fenomeno che dura da almeno tre anni, e le previsioni per il prossimo futuro restano positive. Grazie a una grande dotazione di risorse, a una posizione geografica strategica, e alla crescita degli investimenti stranieri, la strada birmana sembra in perfetta discesa. Ma per il prossimo leader sarà importante fare attenzione: l'aumento dell'inflazione e il disavanzo nella bilancia dei pagamenti sono solo alcune delle variabili da monitorare per poter agire, poi, sul piano delle riforme strutturali.
L’economia del Myanmar, con base ancora fortemente agricola (30% del prodotto interno lordo e 60% dell’occupazione) ha un elevato potenziale di sviluppo grazie all’ampia dotazione di materie prime – tra cui il gas naturale, risorse forestali e pietre preziose – l’abbondante e giovane popolazione (oltre 50 milioni di persone secondo il censimento del 2014) e la posizione strategica tra tre grandi centri dello sviluppo in Asia: Cina, India e i paesi dell’ASEAN.
Il paese registra ormai da tre anni una crescita annuale intorno all’8%, e le previsioni per il biennio 2015-2016 sono altrettanto positive, con tassi di crescita superiori all’8% secondo la Banca Asiatica di Sviluppo. La crescita interessa quasi tutti i settori: le esportazioni di gas naturale sono cresciute nel 2014 di 400 milioni di dollari, assestandosi a quota 2,1 miliardi di dollari, gli arrivi di turisti sono aumentati del 50% in un anno, fino a circa 3 milioni, e grazie al flusso d'investimenti stranieri si è aperta una nuova fabbrica di prodotti di abbigliamento alla settimana. I settori delle telecomunicazioni, idrocarburi, immobiliare e alberghiero e manifatturiero (soprattutto tessile) hanno attirato quasi sette miliardi di dollari nel 2014. Unica eccezione a questa crescita vertiginosa è il settore agricolo, la cui situazione è stata ulteriormente aggravata dagli allagamenti e dalle frane del luglio e agosto 2015, che hanno causato 120 morti, lo sfollamento temporaneo di più di un milione e mezzo di persone, e danni ingenti all’agricoltura e alle infrastrutture.
La rapida crescita ha portato a un surriscaldamento dell’economia. L’inflazione ha superato l’8% nei mesi recenti, e le proiezioni sono per un modesto calo al 6,6% nel 2016. La domanda di beni di consumo e d'investimento è stata ulteriormente sostenuta da politiche fiscali espansive, causando un disavanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti stimato al 7% nel 2015, con un calo intorno al 5% nel 2016. Come conseguenza di questo disavanzo (e del generale rafforzamento del dollaro USA) il kyat si è svalutato negli ultimi 18 mesi quasi del 24%. Fortunatamente il basso livello del debito estero (circa il 18% del PIL) dopo la sanatoria del 2013, i forti influssi di capitali e il primitivo sviluppo del settore finanziario mettono il paese al riparo da pressioni speculative sul fronte finanziario. Sarà tuttavia importante nel dopo-elezioni per il governo non perdere d’occhio l’importanza di mantenere la stabilità macroeconomica a fronte delle pressioni causate dalla rapida crescita.
Sullo sfondo di queste tendenze di breve periodo rimangono significativi problemi strutturali. Una rete infrastrutturale ancora molto carente, debole capacità dell’amministrazione pubblica, un settore privato domestico sottosviluppato e cresciuto all’ombra di divieti e protezioni, bassa produttività nell’agricoltura e nei servizi, e un capitale umano carente sul piano della formazione. Mentre l’80% degli iscritti alla scuola elementare la completa, solo il 10% degli iscritti alla scuola secondaria raggiunge il completamento del ciclo di studi. Oltre alle sfide politiche ed etniche, il Myanmar del dopo-elezioni dovrà continuare a fare i conti con quelle economiche. Nonostante la grande dotazione di risorse e la recente crescita impetuosa, il reddito medio pro capite del paese si attesta sui 1.270 dollari, un quarto meno del vicino Laos dove gli abitanti dispongono di 1.670 dollari pro capite all’anno.
Alessandro Pio, ISPI e Asian Development Bank (ADB)