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Napolitano: il garante dell’Italia in Europa

29 gennaio 2015

Giorgio Napolitano ha favorito le relazioni del nostro paese con gli altri partner europei mostrando vigore anche nei momenti di maggior difficoltà sia politica che economica. In questa intervista, l'ambasciatore Sergio Romano dipinge il ritratto di un presidente della Repubblica che ha rappresentato un importante elemento di stabilità e continuità nella vita politica italiana degli ultimi anni.

 

In un momento di grande difficoltà sia politica che economica per l’Italia, il presidente Napolitano si è fatto  garante del rispetto italiano delle "richieste" europee, ad esempio affidando la guida dell’esecutivo a Mario Monti. Come giudica il suo impegno in questo senso?

In una prima fase, l’impegno di Giorgio Napolitano non è stato molto diverso da quello dei suoi predecessori. All’inizio del suo mandato, Napolitano si è subito dimostrato fortemente europeista con dichiarazioni e discorsi che esprimevano calore ed entusiasmo, ma si è attenuto a una linea simile, per esempio, a quella di Carlo Azeglio Ciampi.

Il momento di svolta è arrivato con la crisi  del governo Berlusconi. In questa occasione Napolitano è apparso  a tutti gli interlocutori un presidente pronto ad avvalersi dei propri poteri per intervenire direttamente, anche in modo risoluto, nella gestione della vita politica italiana. Il presidente, insomma, non si limitava più a dichiarazioni, importanti, condivisibili ma comunque generali, e diventava il garante della credibilità dell’Italia in Europa.

Convien ricordare che Giorgio Napolitano non è stato il primo presidente ad intervenire così vigorosamente. Ci sono stati altri casi, penso a Luigi Einaudi, Giovanni Gronchi e  Oscar Luigi Scalfaro, per non parlare del caso particolare di Francesco Cossiga. Questo è possibile perché i costituenti hanno disegnato un sistema in cui il potere può oscillare fra il Quirinale e Palazzo Chigi a seconda delle circostanze. Se il governo attraversa  una fase di debolezza che gli impedisce di assolvere pienamente ai propri compiti, il presidente può subentrare almeno in parte all’esecutivo.

Quello che caratterizza il ruolo di Napolitano rispetto ai suoi predecessori è la situazione nella quale si è sentito autorizzato a intervenire. E’ stata l’Europa, ormai emersa come un soggetto forte e in grado di avanzare richieste che i paesi membri non potevano permettersi di disattendere, che ha creato le condizioni per un maggior interventismo del presidente.

 

Elemento di continuità e stabilità in un panorama politico in fermento, in che modo Giorgio Napolitano ha favorito le relazioni dell’Italia con gli altri partner europei?

Nel momento in cui è stato evidente a tutti che l’Italia stava attraversando una fase critica, Napolitano è divenuto l’interlocutore naturale di molti leader stranieri. E’ accaduto ogniqualvolta altri capi di stato o di governo non sapevano per quanto tempo il presidente del Consiglio sarebbe rimasto alla testa dell’esecutivo e di quale autorità effettivamente godesse. Il presidente Napolitano, invece, era una figura sempre presente, che poteva contare su un mandato lungo e stabile, e che dava prova di interesse e competenza nelle maggiori questioni internazionali.

Con la decisione di sostituire Mario Monti a Silvio Berlusconi alla guida del paese, Napolitano ha acquisito grande credito agli occhi dei partner internazionali dell’Italia cambiando la percezione che si aveva del presidente e ottenendo importanti riconoscimenti pubblici da molti leader tra i quali il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. 

 

Qual è invece la sua opinione sul ruolo svolto per favorire la collaborazione con i paesi europei sul piano internazionale, penso ad esempio alla crisi in Siria, al coinvolgimento in Libia o sul tema dell’immigrazione?

Non ho l’impressione che su questi temi il presidente Napolitano abbia voluto o potuto  assumere un ruolo che andasse oltre dichiarazioni di esortazione e di buona volontà. Un maggior interventismo del presidente è stato possibile solo quando le condizioni esigevano un ruolo dell’Italia. In molte crisi internazionali, quando l’Italia non era chiamata ad assumere un ruolo determinante, il presidente poteva  limitarsi a osservare  e dare consigli quando gli venivano richiesti.


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