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Commentary

Next Generation EU: Un debito comune per affrontare la crisi

Franco Bruni
16 aprile 2021

La pandemia ha causato un forte aumento del debito, sia pubblico che privato, in tutto il mondo. Il G20 è coinvolto, in particolare, nell’affrontare la sostenibilità del debito dei Paesi più poveri. Per poter ottenere successi su questo fronte, vi sono molte misure in discussione, tra cui la cancellazione del debito, diverse opzioni di ristrutturazione, una condivisone internazionale dei rischi, ed un aumento del debito comune stipulato tramite istituzioni finanziarie multilaterali. L’Unione Europea si sta occupando dei preoccupanti livelli di debito dei suoi Stati Membri grazie all’introduzione di uno strumento molto innovativo, chiamato giustamente “Next Generation EU” (NGEU). NGEU prevede l’emissione in volumi corposi di strumenti di debito comune UE sui mercati globali. Si tratta di una misura temporanea per affrontare la pandemia; tuttavia, nei prossimi anni potrebbe provocare un’accelerazione nello sviluppo di una politica fiscale europea che sia più ambiziosa ed integrata.

Che la pandemia avrebbe colpito l’economia europea e portato (come in tutto il resto del mondo) ad un sostanziale aumento del debito pubblico e privato era chiaro fin dall’inizio. Una delle prime misure che la Commissione ha implementato è stata la sospensione del Patto di Stabilità, che limita il deficit e il debito pubblici degli Stati Membri. Allo stesso tempo, la Banca Centrale Europea ha iniziato a fornire la liquidità aggiuntiva necessaria per stimolare le banche a prestare denaro alle aziende colpite dallo shock del Covid-19 e dai lockdown, mentre i governi nazionali sono anch’essi intervenuti nel dare garanzie per i prestiti bancari.

Il Covid-19 causa debito principalmente per le restrizioni e i blocchi alla produzione imposti per prevenire la diffusione del virus. Queste misure colpiscono i redditi sia delle imprese che delle famiglie. I secondi si riducono, indebolendo la domanda aggregata. Uno shock della domanda si aggiunge quindi alla contrazione della produzione. Solo un’ampia immissione di sussidi e prestiti di emergenza può dunque ridurre la velocità del moltiplicatore negativo, il quale crea recessione. Inoltre, il debito aumenta e cresce spontaneamente quando pagamenti in scadenza non vengono rispettati. Le inevitabili perdite delle aziende ne erodono il patrimonio netto, causando il fallimento di molte tra loro, mentre altre vengono tenute artificialmente in vita dalle banche o da sussidi pubblici; divengono infine “zombie”.

Una parte del debito necessario a sostenere aziende e famiglie è temporanea e può essere direttamente recuperata dai debitori al termine della pandemia. La produzione industriale, il settore immobiliare, e le infrastrutture possono quindi raggiungere una produttività più alta di quella che avrebbero avuto senza lo shock del Covid-19: così si genera il reddito necessario per rimborsare debiti pubblici e privati. Tuttavia, la gran parte del debito causato dal Covid-19 non sarà recuperabile, anche se dovuto da aziende efficienti. Per esempio, quando un’azienda di successo del settore turistico, impossibilitata a vendere i propri servizi durante la pandemia, non sarà certamente in grado, alla fine della crisi, di lavorare così tanto da compensare le entrate perse. Ancor meno recuperabile sarà il debito creato per sostenere aziende fallite o “zombie”, così come quelle che già prima della pandemia stavano dimostrando di essere inadeguate in termini di produttività e competitività.

Il Covid-19 è uno shock comune e simmetrico, e sembra naturale provare a cooperare per affrontare il tema del debito che ha causato, così come condividere parte dei suoi rischi. Si tratta anche di un’occasione per riorganizzare la produzione e redistribuire lavoro e capitali in Europa in modo da favorire i settori più efficienti e la produzione, verso quelli più in grado di interpretare i nuovi bisogni dei nostri tempi, i continui progressi tecnologici, le nuove forme di concorrenza internazionale, i cambiamenti delle preferenze dei consumatori privati, e le necessitò pubbliche. Più intensi saranno gli sforzi per riallocare risorse e innovare le attività, maggiori saranno i debiti per finanziarli. Tuttavia, la produttività crescerà anch’essa più velocemente; questo farà aumentare il PIL potenziale futuro e, dunque, le possibilità di rimborsare il debito originariamente contratto per finanziare queste innovazioni.

Secondo le previsioni invernali della Commissione Europea, solo nel 2022 il PIL dell’UE tornerà ai livelli pre-Covid-19, quando sarà il 2,7% inferiore di quanto sarebbe cresciuto senza la pandemia. La perdita non è irrecuperabile con un piano comprensivo per l’Eurozona che preveda il giusto mix di riforme e investimenti mirati, che possa portare ad un aumento notevole nella crescita potenziale delle nostre economie. La sostenibilità prevede anche che gli elementi digitali e green della strategia di investimenti siano enfatizzati; il piano deve anche includere finanziamenti corposi per la prevenzione di malattie, la sanità pubblica, la ricerca, e l’istruzione. La convergenza dei sistemi nazionali europei deve essere favorita tramite la concentrazione degli aiuti finanziari negli Stati Membri più deboli e a crescita più lenta. Per raggiungere questi risultati, l’UE ha deciso di condividere una larga parte del debito causato dal Covid-19 e una porzione del finanziamento delle riprese nazionali per rafforzare la resilienza degli Stati Membri contro shock futuri imprevisti. Questo livello di condivisione non ha precedenti nella storia dell’Unione e si e sviluppato in due modalità. La prima è la più immediata e precaria, per quanto meno trasparente: prevede un enorme aumento degli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE. La composizione degli acquisti di questo strumento legato al Covid-19 era impostata per favorire i Paesi più indebitati e fragili. Come conseguenza di questa politica, si è assistito ad un aumento esponenziale della moneta e del bilancio della BCE, una dinamica che dovrà essere gestita nei prossimi anni.

La seconda modalità di condivisione del debito e i piani di uscita dalla pandemia avranno un effetto più graduale e dilatato nel tempo. Si compone di misure molto innovative con grandi conseguenze possibili sulla qualità e l’intensità della crescita UE, nonché della sua integrazione economica. Tramite i programmi SURE e Next Generation EU (NGEU), l’Unione ha deciso di emettere eurobond (debito comune sui mercati globali), usati per finanziare prestiti e sussidi agli Stati Membri, da usare con obiettivi e modalità ampiamente decisi a livello comunitario, favorendo anche i Paesi che più hanno sofferto lo shock della pandemia. SURE ha già emesso i propri titoli ed iniziato i trasferimenti agli Stati Membri, destinati principalmente per supportare gli schemi nazionali di disoccupazione. NGEU attualmente sta terminando la fase della stesura comune dei piani nazionali di “ripresa e resilienza” con linee guida comuni: in particolare, l’economia verde e digitale, i giovani, l’istruzione, e la ricerca. Mentre “ripresa” indica il sostegno ciclico per rilanciare i redditi, gli investimenti, e la domanda aggregata, l’enfasi su “resilienza” comprende i finanziamenti per supportare le riforme e le trasformazioni strutturali per rendere le economie europee più produttive e più in grado di affrontare le sfide del futuro. Per alcuni Paesi, tra cui l’Italia, le riforme programmate nel quadro di NGEU includono settori essenziali, come la giustizia e la pubblica amministrazione. Questi elementi di trasformazione nell’uso dei fondi forniti da NGEU dovrebbero sottolineare la qualità percepita degli eurobond che verranno emessi per finanziare il programma. In questo modo, il debito pubblico comune europeo crescerà notevolmente; la sua sostenibilità sarà rafforzata dalla solidarietà tra Stati Membri; i suoi tassi di interesse saranno invece minori di quelli della maggior parte dei debiti nazionali.

Risulta importante notare che NGEU, che è stato pianificato e approvato in stretta connessione

Con il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, potrebbe costituire il primo passo per un incremento permanente delle dimensioni del bilancio UE, un’abitudine regolare di prevedere deficit nei bilanci pubblici europei, una fornitura periodica di eurobond per i mercati finanziari globali che aumenti il ruolo internazionale dell’euro e dei mercati UE di capitali. Sembra infatti che Italia e Francia stiano già pensando ad un aumento dei fondi di NGEU, che attualmente è superiore al 5% del PIL aggregato dell’Eurozona. Nuovi tipi di eurobond possono essere emessi creando un paniere di titoli nazionali, limitando così i rischi, magari indirettamente, tramite i bilanci del Meccanismo Europeo di Stabilità, che può essere riformato profondamente. Simili sviluppi, che richiederebbero complessi cambiamenti istituzionali e una riforma dei Trattati, sono ancora lontani dall’essere oggetto di discussione seria da parte degli Stati Membri e sono fortemente avversati dai molti nemici della condivisione dei rischi tra Paesi, dell’amento delle finanze pubbliche UE, e dei suoi potenziali poteri per stabilire trasferimenti regolati di reddito tra Stati. Nonostante ciò, si può sostenere che la reazione dell’Unione nell’affrontare la pandemia ha fatto pochi passi verso questa direzione assai controversa.

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Europa
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AUTORI

Franco Bruni
Vice Presidente ISPI

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