Boko Haram rivendica il sequestro di centinaia di studenti. È solo l’ultimo di una lunga serie di violenze e rapimenti nel nord del paese, sempre più fuori controllo.
Il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, ha rivendicato con un messaggio audio il rapimento di centinaia di studenti sequestrati nella notte tra venerdì e sabato a Kankara, nello stato nord-occidentale di Katsina. Circa 800 studenti erano a scuola quando è avvenuto l'attacco e più di 300 sono ancora dispersi, ma non è chiaro quanti siano riusciti a mettersi in salvo fuggendo nella foresta. Nonostante la rivendicazione, le autorità parlano di ‘banditi locali’ e ci sono dubbi sul reale coinvolgimento del gruppo islamista nell’azione: il rapimento – avvenuto in una scuola maschile – ricalca per strategia e modalità operazioni simili eseguite in passato, come quella dell’aprile 2014 quando 276 ragazze furono rapite a Chibok. Ma il sequestro di Kankara avviene in un contesto di banditismo diffuso, attiguo alle violenze dei jihadisti, per cui i rapimenti sono un mezzo per ottenere visibilità e riscatti.
Le cause della violenza nel Nord Ovest sono molteplici. All’origine dell’insicurezza della regione c’è la competizione di lunga data per la terra e le risorse idriche tra pastori di etnia Fulani e agricoltori Hausa, entrambi potetti da milizie di ‘banditi’ e ‘vigilantes’. La desertificazione e l'elevata crescita della popolazione hanno intensificato questa lotta, alimentando il traffico di armi leggere e di piccolo calibro. In molti temono che nel nord del più popoloso paese africano la situazione sia ormai fuori controllo. E che lungi dall’essere debellata, come sostiene il governo di Abuja, la minaccia jihadista si stia rapidamente diffondendo dalle sue roccaforti tradizionali, gli stati di Borno, Yobe e Adamawa, a tutte le regioni settentrionali (Katsina, Zamfara, Sokoto, Kaduna). Dal 2009 ad oggi, il conflitto nel nord del paese ha causato circa 50.000 morti e oltre due milioni di sfollati, propagando le violenze nei vicini Niger, Ciad e Camerun.
Accuse ai militari?
In un rapporto intitolato "Nigeria: My heart is in pain", Amnesty International accusa i militari nigeriani di violazioni dei diritti umani nel combattere l’insurrezione di Boko Haram. Secondo il rapporto, la risposta alla crisi del Nord-Est – culla del gruppo armato jihadista da una cui costola nel 2016 si è formata la Provincia dello Stato Islamico in Africa Occidentale (Iswap), entrata successivamente in conflitto con Boko Haram - è stata minata da violenze indiscriminate e dalla mancata inclusione della società civile in tentativi di dialogo e pacificazione. Nonostante governo e militari respingano ogni accusa, il Tribunale penale internazionale permanente ha confermato a conclusione dell’indagine preliminare avviata nel novembre 2010, che Boko Haram e le forze armate nigeriane avrebbero commesso gravi crimini di diritto internazionale contro la popolazione civile. In circostanze diverse, ma indicative della situazione interna al paese, il pugno di ferro e l’impunità di cui godono le forze dell’ordine sono state nei mesi scorsi alla base di manifestazioni di protesta, represse nel sangue, contro la SARS, reparto speciale della polizia nigeriana accusato di brutalità e violenze ai danni dei civili.
Buhari sta perdendo la guerra?
L’attacco e il rapimento degli studenti a Kankara è avvenuto durante una visita del presidente nigeriano, Muhammadu Buhari, originario della regione di Katsina. Il presidente ha condannato l'attacco, promettendo di rafforzare la sicurezza nelle scuole. Il giorno dopo, nella notte di sabato, Boko Haram ha attaccato un villaggio nella regione di Diffa, in Niger, uccidendo almeno 27 civili. Buhari è stato più volte criticato per non aver saputo sradicare la ribellione jihadista nel nord, nonostante abbia dichiarato Boko Haram “tecnicamente sconfitto” già nel 2015. E se i rappresentanti del Senato e della Camera hanno più volte esortato il presidente a licenziare i vertici militari per le loro mancanze nell'affrontare lo stato di perenne insicurezza nelle regioni settentrionali, poco sembra essere cambiato. Sabato, dopo la notizia dell’attacco a Kankara, il governo di Abuja ha rinviato sine die un intervento in parlamento in cui avrebbe dovuto illustrare a che punto è l’offensiva per fermare le violenze nel nord.
Una minaccia regionale?
Per contrastare Boko Haram la Nigeria ha chiesto il sostegno militare dei suoi vicini, i cui territori di confine sono sempre più spesso teatro degli attacchi jihadisti. Dal 2015 Camerun, Ciad e Niger hanno schierato migliaia di truppe in una forza multinazionale autorizzata dall'Unione Africana. Alla coalizione è stato attribuito il merito di aver aiutato l'esercito nigeriano a riconquistare gran parte del territorio controllato da Boko Haram e a respingere l’avanzata delle sue milizie, costrette a ritirarsi nella foresta di Sambisa. Ciononostante il gruppo conta ancora migliaia di adepti e – complici le violenze delle forze armate nazionali – non sembra incontrare difficoltà a reclutare nuove leve. Secondo una recente dichiarazione del capo della coalizione internazionale, Tukur Buratai, “il terrorismo in Nigeria potrebbe protrarsi altri 20 anni”. Anche i partner internazionali non hanno fatto mancare il loro sostegno. Gli Stati Uniti hanno inserito Boko Haram nella lista delle organizzazioni terroristiche alla fine del 2013, ma più volte in passato Washington ha negato l'assistenza militare al governo di Abuja per “differenti vedute” sulla sua strategia antiterrorismo e presunte violazioni dei diritti umani. Da parte sua, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha imposto sanzioni economiche e un embargo sulle armi al gruppo ijihadista nel 2014. Una mossa perlopiù simbolica, considerato che le attività finanziarie e i movimenti dei militanti di Boko Haram sono difficili da monitorare.
Il commento
di Camillo Casola, ISPI Associate Research Fellow, Africa Programme
Il rapimento degli studenti di Kankara dà innanzitutto una conferma della capacità del JAS (o Boko Haram) di compiere azioni di ampia portata fuori dalla tradizionale area di operazione, nello stato nord-orientale di Borno. In tal senso, l’attacco ha rappresentato una chiara dimostrazione di forza dell’organizzazione jihadista, più volte data per finita dalle istituzioni politico-militari di Abuja. La chiusura di numerose scuole in diverse città del nord, decisa dalle autorità locali a seguito dei fatti di Kankara (e solo formalmente per i rischi connessi alla crisi sanitaria) rivela tutte le fragilità dello stato, incapace di garantire la sicurezza delle popolazioni civili.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)