Al-Sisi in Francia e i diritti umani in Egitto
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La visita di Al-Sisi in Francia

Onore d'Egitto

10 Dicembre 2020

Il presidente egiziano Al-Sisi a Parigi viene accolto con tappeti rossi e Legion d’Onore. E Macron esclude di voler condizionare la vendita di armi francesi all'Egitto al rispetto dei diritti umani.

 

Un lungo tappeto rosso, strette di mano e persino la Gran croce della Legion d’Onore. Sono immagini che imbarazzano l’Eliseo quelle trasmesse dalle tv egiziane e opportunamente occultate alla stampa francese, che riprendono fasti e onori riservati ad Abdel Fattah Al-Sisi durante la sua visita di stato a Parigi. Un’accoglienza sfarzosa che le autorità francesi hanno cercato di minimizzare, stralciando dall’agenda del presidente Macron una serie di eventi con Al-Sisi e vietando ai media francesi le riprese che invece sono state girate e rilanciate dal Cairo. Ed ecco quindi il ricevimento in pompa magna della ministra delle Forze Armate agli Invalides, seguito da quello della sindaca Anne Hidalgo all'Hotel de Ville e infine la consegna della Legione d'Onore, seguita da una cena ufficiale nei saloni dorati dell'Eliseo con Emmanuel e Brigitte Macron. Incontri in cui si è parlato di temi diversi, dal terrorismo alla Libia e al Mediterraneo. Ma non di diritti umani. Contrariamente a quanto accaduto in passato e nonostante la deriva autoritaria del governo egiziano, accusato di violazioni sistematiche dei diritti umani. Sull’argomento, il presidente Macron è stato perentorio: quella tra Egitto e Francia è una “partnership strategica” essenziale “alla stabilità regionale” e come tale “non sarà condizionata nei settori della difesa o dell’economia, dai disaccordi in materia di diritti umani”.

 

Zaki, Regeni e i diritti umani?

La massima onorificenza francese consegnata in premio a un autocrate che governa col pugno di ferro, lontano dalle telecamere, arriva all’indomani di una sentenza difficile da digerire per l’Italia. Quella con cui le autorità egiziane hanno rinnovato per l’ennesima volta la detenzione preventiva e arbitraria nei confronti di Patrick Zaki, lo studente copto a Bologna da un anno per gli studi di dottorato, arrestato il 9 febbraio scorso al Cairo. Un muro, quello della magistratura egiziana, contro cui il nostro paese si è scontrato più volte dalla scomparsa, tortura e omicidio di Giulio Regeni al Cairo nel 2016. E proprio nelle scorse settimane, una nuova offensiva delle autorità egiziane ha preso di mira l'Eipr (Iniziativa egiziana per i diritti personali), con cui collabora lo stesso Zaki. I tre dirigenti arrestati sono stati rilasciati con un tempismo tale, a poche ore dalla visita parigina, da far pensare che il Cairo voglia sfruttare il tema come strumento negoziale. Nel mentre, decine di altri attivisti continuano a restare in carcere. Ad oggi sono tra i 60mila e i 100mila, secondo Human Rights Watch, i prigionieri politici detenuti arbitrariamente nelle carceri egiziane. Circa un egiziano su mille.

 

In difesa dei valori repubblicani?

Eppure, sono passati solo due anni da quando, durante una visita nel paese arabo, Macron aveva stigmatizzato le violazioni dei diritti umani, facendo piombare nel gelo le relazioni bilaterali. Allora la mossa fu definita controproducente agli interessi dell’Eliseo, che tra il 2013 e il 2017 era diventato il principale fornitore di armi dell’Egitto, a cui aveva venduto poco meno di un miliardo e mezzo di euro di attrezzature militari e di sicurezza solo nel 2017. Ma oltre agli interessi commerciali, da allora, a rinsaldare l’alleanza tra i due paesi sono intervenute questioni spinose di politica interna: oggi il governo francese ha presentato la legge di “rafforzamento dei principi repubblicani”, in origine contro “il radicalismo” e “il separatismo” islamico. Una legge controversa, composta da 5 titoli e 57 articoli, che stabilisce regole e divieti in diversi ambiti: dalla creazione dei luoghi di culto all’indottrinamento e dagli attacchi contro il laicismo dello stato e la dignità delle persone. Il contesto in cui è stata concepita sono gli attentati terroristici di cui la Francia è teatro da anni e in particolare dal 2015, reso ancor più drammatico dal recente attentato di Nizza e dalla decapitazione del professore Samuel Paty e la polemica sulle vignette di Charlie Hebdo. Ma secondo i critici le misure rischiano di essere inefficienti a contrastare la minaccia terroristica mentre stigmatizzeranno ulteriormente i cittadini musulmani.

 

Realpolitik francese?

La pericolosa sovrapposizione tra ‘islamismo’ e ‘terrorismo’ – alimentata dalla destra populista francese – trova terreno fertile nei regimi autoritari del Medio Oriente e Nord Africa. E l’Egitto di Al-Sisi, che in questi anni ha giustificato con questa narrativa la progressiva repressione del dissenso, le incarcerazioni di intellettuali, giornalisti e attivisti, le sparizioni forzate e un regime di impunità, non fa distinzione. Col paradosso di alimentare le ideologie estremiste all'ombra della privazione dei diritti civili, dell'alienazione e dell'esclusione.

Va detto, inoltre, che Il Cairo e Parigi condividono l’opposizione alla Turchia di Erdogan e alla sua crescente assertività, dal Mediterraneo Orientale alla Libia. Con la lente della realpolitik l’Eliseo vede nel presidente egiziano un alleato fidato, seppur sgradevole. Quanto all’Europa, ha fatto appena in tempo a disinnescare una crisi interna sulla difesa dello Stato di diritto, per scoprirsi preda di una beffa amara. Poco lontano da Bruxelles si aggira un autocrate, e c’è chi fa a gara a stendergli tappeti rossi.

 

 

Il commento

Di Ugo Tramballi, Senior Advisor ISPI

È una linea sottile quella che separa – e raramente unisce – i valori morali dalle necessità economiche di un paese. Con l'Egitto dell'ex generale Al-Sisi Italia e Francia, come ogni altro paese industrializzato e democratico, sono di fronte a questo dilemma. Emmanuel Macron ha deciso di risolverlo ignorando i valori e pensando esclusivamente al business. Il realismo impone che si debba invitare Al-Sisi a una visita di Stato. Dignità nazionale e senso della misura avrebbero consigliato di evitare tappeti rossi, cena di gala e Legion d'Onore.

 

Ma non è stata solo una débacle francese. L'umiliazione etica e politica di tanta munificenza verso l'autocrate egiziano, è dell'Europa. Se si arrende così un paese importante, che pretende di essere una guida della Ue, con quale coerenza potremo criticare il populismo illiberale di Ungheria e Polonia?

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

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