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AMERICA LATINA

Argentina: possibilità di riscatto?

Davide Serraino
15 luglio 2022

Instabilità politica e volatilità economica sono due caratteristiche costanti nella storia che ha caratterizzato l’Argentina negli ultimi decenni. Quanto avvenuto negli ultimi mesi non fa eccezione, con un’inflazione sempre fuori controllo e una serie di dimissioni multiple nel Governo. Tuttavia, la recente congiuntura internazionale, amplificata dalla guerra tra Russia e Ucraina, potrebbe agevolare la ripresa economica di Buenos Aires, tra i principali produttori mondiali di commodities agricole.

 

Il governo Fernández perde pezzi

Le dimissioni del Ministro dell’Economia argentino Martín Guzmán lo scorso 2 luglio sono una notizia la cui rilevanza va ben al di là del ménage di politica interna della terza economia latinoamericana. Se da un lato la decisione sorprende fino a un certo punto, considerando le frizioni sempre più forti del ministro con il mondo kirchnerista, dall’altro l’accelerazione improvvisa ha preso in contropiede il presidente Alberto Fernández e il Paese. Guidare il Ministero dell’Economia è a ogni latitudine un compito gravoso e quasi sempre impopolare, vieppiù in Argentina dove la volatilità è la norma e chi è alla tolda di comando deve essere abile a navigare tra i frequenti marosi.

Con Guzmán se ne va l’esponente principe nella compagine di governo del cosiddetto “peronismo moderato” secondo la classificazione dicotomica che stenta a cogliere le sfumature del pensiero politico che dal secondo dopoguerra a oggi ha sostanzialmente esercitato l’egemonia culturale in Argentina. Guzmán è stato prontamente sostituito da Silvina Batakis, seconda donna a ricoprire questo ruolo nella storia argentina e già Ministra dell’Economia della Provincia di Buenos Aires, la più popolosa del Paese, dal 2011 al 2015. Le dimissioni del ministro, non ancora quarantenne e considerato un allievo del Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, giungono un mese dopo quelle di Matías Kulfas, Ministro dello Sviluppo Economico, altro esponente tra i più vicini al Presidente Fernández nei quasi tre anni di vita dell’esecutivo. Il posto di quest’ultimo è stato preso da Daniel Scioli, peronista più vicino al kirchnerismo e presidente della Provincia di Buenos Aires proprio quando Batakis era a capo del dicastero dell’Economia.

 

La difficile relazione con il FMI

Il Presidente Fernández è quindi più debole di prima? Certo la presenza di esponenti meno ideologicamente a lui affini restringe i margini di manovra dell’esecutivo nell’ultimo scorcio di legislatura. Ma da qui alla data delle nuove elezioni presidenziali a ottobre 2023 molte cose possono ancora cambiare e le carte possono rimescolarsi.

Dopo la débâcle dei peronisti alle elezioni di metà mandato dello scorso novembre, il pericolo di perdere il potere l’anno prossimo è forte e un cambiamento di rotta nell’ottica kirchnerista può servire a recuperare terreno. Per farlo sarà necessario abbandonare l’accordo Extended Fund Facility (EFF) faticosamente raggiunto a marzo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) dopo un anno e mezzo di negoziazioni? Non è detto; certo, raggiungere gli obiettivi previsti dal piano non era facile prima e lo è ancor meno adesso. Tuttavia Batakis, nella prima conferenza stampa da ministra dell’11 luglio, ha affermato che il Paese non può vivere al di sopra dei propri mezzi e che l’accordo con il Fondo è in vigore e va rispettato. In estrema sintesi, tale accordo prevede il progressivo azzeramento del deficit fiscale entro il 2025 dal 2,5% previsto per il 2022, l’azzeramento del finanziamento monetario del deficit da parte della Banca Centrale entro il 2024, misure fiscali a supporto dell’aumento strutturale delle entrate e di riduzione delle spese nonché obiettivi specifici sull’accumulazione di riserve valutarie (5 miliardi di dollari in media dal 2022 in avanti) in modo da raggiungere il 100% dell’ARA metric (canone di adeguatezza) del FMI entro il 2025.

Sono comunque probabili limature agli obiettivi dell’accordo EFF, visto che l’assunto dell’inflazione in aumento del 50% in media rispetto allo scorso anno è ormai irrealistico considerando i fattori esterni sfavorevoli. La prima revisione da parte del Fondo nel mese di giugno è stata positiva; tuttavia, in base al quadro parzialmente mutato - in particolare con riferimento al prezzo dei beni energetici di cui l’Argentina è importatore netto - le autorità hanno richiesto modifiche in senso più lasco all’obiettivo del deficit fiscale nonché dell’accumulazione di riserve. Batakis ha annunciato inoltre modifiche al regime di crawling peg, cioè alla velocità della svalutazione programmata del peso argentino nei confronti del dollaro statunitense. Resta infatti molto ampio, e in ulteriore crescita nelle ultime settimane a causa dell’aumento dell’incertezza circa la direzione che prenderà Buenos Aires, il delta rispetto al dólar blue, cioè rispetto al tasso di cambio al quale il peso argentino viene scambiato al di fuori dei canali ufficiali (Fig.1)

 

Fig.1 I mercati del peso

Tasso di cambio ufficiale (blu) e non ufficiale (azzurro), peso argentini per dollari USA

Fonte: Economist Intelligence Unit su dati J.P.Morgan Emerging Market Bond Index

 

Tra difficoltà e alcuni passi avanti

Sarà quindi importante verificare, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, se tale misura, insieme alle altre annunciate dalla ministra - tra cui il blocco delle assunzioni della pubblica amministrazione, la riduzione delle spese amministrative dello Stato e degli enti locali nonché la prosecuzione del progetto di rimodulazione delle tariffe dei servizi pubblici essenziali - saranno sufficienti a placare i mercati, molto nervosi dopo l’uscita di Guzmán dalla compagine di governo visto che il rischio Paese, misurato dai credit default swap, è schizzato a livelli mai così alti da maggio 2020, data dell’ultimo default selettivo dell’Argentina.

Certo da quella infausta data il Paese ha compiuto importanti passi avanti: dalla ristrutturazione del debito verso i creditori commerciali a fine estate 2020 fino alla rimodulazione del debito verso il Fondo Monetario passando per un accordo parziale con i creditori del Club di Parigi (destinato a essere finalizzato a luglio 2022 ma che, probabilmente, slitterà ancora), il tutto all’interno di un contesto molto complicato visto che alle difficoltà preesistenti del Paese si è sommato l’impatto della pandemia. Di fatto Buenos Aires, al netto dell’accordo da chiudere con i membri del Club di Parigi, non si trova ad affrontare scadenze importanti sul debito pubblico in valuta forte fino alla fine del 2024 e deve sfruttare questa fase per crescere di più e con minori up&down.

 

Le opportunità offerte dalla situazione internazionale

Di rilievo, in tal senso, i segnali dati dall’Argentina sulla volontà, terminata la gestione della fase emergenziale, di ripartire attraverso maggiori investimenti dall’estero: spicca, su tutti il recente provvedimento volto a ridurre la rigidità del regime cambiario, in particolare con riferimento all’accesso alla valuta forte per il settore degli idrocarburi, che presenta ancora un potenziale in parte inespresso in Argentina e il cui rafforzamento è cruciale per incassare più valuta estera e contribuire alla risoluzione dei cronici problemi di bilancia dei pagamenti. Provvedimenti di questo tipo potrebbero essere estesi nel prossimo futuro anche ad altri settori chiave per l’approvvigionamento di valuta forte (per es. il minerario, la trasformazione alimentare, l’automotive) a condizione che il quadro macroeconomico e finanziario non subisca ulteriori deterioramenti.

La guerra tra Russia e Ucraina offre infine all’Argentina - una delle powerhouse agricole a livello mondiale nonché unico Paese G20 insieme a Brasile e Messico nella regione - opportunità aggiuntive per quanto riguarda, per esempio, le esportazioni di soia, di cui il Paese è il 3° produttore mondiale nonché di mais (4°). Complessivamente la produzione agricola argentina si stima sia in grado di sfamare 400 milioni di persone a fronte di una popolazione di 45 milioni: per non sprecare queste opportunità e contribuire alla sicurezza alimentare globale sono però necessarie politiche meglio calibrate rispetto al passato e di medio-lungo periodo, al fine di evitare che l’Argentina sprechi occasioni essenziali e faccia sì che il futuro sia diverso dalle recenti esperienze.

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Geoeconomia economia Argentina
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AUTORI

Davide Serraino
SACE

Image Credits: Charly Diaz Azcue/Comunicacion Senado

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