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Covid-19
Scambi Globali: shock virale per l’export italiano
Alessandro Terzulli
|
Cecilia Guagnini
31 luglio 2020

L’insorgere del virus COVID-19 alla fine dello scorso anno in Cina e la sua veloce diffusione su scala globale nei primi mesi del 2020 hanno profondamente mutato il quadro economico internazionale. Sebbene con modalità e tempistiche differenti, infatti, il lockdown istituito in vari paesi per rallentare il contagio ha causato uno shock di natura economica. Da un lato, si è registrato un calo della produzione determinato dalla sospensione delle attività economiche non essenziali; dall’altro, gli investimenti delle imprese sono stati bloccati dall’elevata incertezza e i consumi si sono contratti a causa del lungo periodo di isolamento, delle riduzioni dei redditi derivanti dalle criticità sul mercato del lavoro, nonché dell’aumento del risparmio precauzionale.

La singolarità dello shock e l’incertezza riguardo la sua durata hanno reso difficile prevederne l’impatto sia sanitario che economico. A distanza di diversi mesi dallo scoppio della crisi è tuttavia possibile elaborare una valutazione preliminare dell’andamento delle esportazioni italiane grazie ai dati ISTAT relativi al commercio estero, disponibili per i primi cinque mesi dell’anno.

Dopo il crollo registrato in marzo e aprile, le esportazioni italiane di beni sono tornate a crescere in maggio rispetto al mese precedente segnando un +35% (Figura 1). L’andamento è tuttavia condizionato dal risultato particolarmente negativo di aprile, mese in cui si è registrato il picco nelle misure di contenimento in vigore a livello globale. A riprova di ciò, il trimestre marzo-maggio è in marcato peggioramento rispetto ai tre mesi precedenti (-29%).

Nonostante la ripresa in termini congiunturali, a maggio l’export in valore è calato del 30,4% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, segnando solo un parziale miglioramento rispetto al -41,6% su base annua registrato ad aprile.

Figura 1. Export italiano di beni in valore
(dati mensili, miliardi di euro)

 

Fonte: ISTAT

Il bilancio per l’export italiano di beni è in rosso nei primi cinque mesi dell’anno (-16% il dato rispetto allo stesso periodo nel 2019), a causa di cali della domanda proveniente sia dai Paesi dell’Unione Europea (-15,1%) sia dai Paesi al di là dei confini del mercato unico (-16,9%). Su questo andamento ha inciso la marcata contrazione delle vendite verso importanti destinazioni intra-europee quali Francia (-18,3%) e Spagna (-21,9%), rispettivamente secondo e sesto mercato di sbocco per il Bel Paese, così come il crollo registrato dall’export verso alcuni partner extra-europei come India (-33,9%), Cina (-21,9%) e Regno Unito (-21,5%).

A livello di Unione Europea si osservano risultati migliori della media per l’export verso Germania (-12,3%), Paesi Bassi (-8%) e Belgio (+2,4%). La performance verso Bruxelles è fortemente condizionata dall’andamento delle vendite di prodotti farmaceutici, il Paese è infatti un hub distributivo di tali prodotti, nonché sede di numerose multinazionali attive nel settore.

Tra i mercati extra europei è l’export verso gli Stati Uniti – terza più importante destinazione per le vendite italiane oltreconfine – a reggere meglio il colpo (-7,9%), seguito da Giappone (-10,2%), Russia (-11,3%), Turchia (-11,5%) e Svizzera (-14,6%). La minore contrazione delle vendite verso Washington è stata determinata dalla domanda in crescita di prodotti farmaceutici (+33,4%) e alimentari e bevande (+5,9%) – due tra i più importanti settori per l’export italiano verso questa destinazione – ma anche di carta e stampa (+12,7%) e apparecchi elettronici (+3,3%).

A livello di raggruppamenti principali di industrie i beni di consumo, pur rimanendo in territorio negativo (-10,3%), sono stati i più resilienti nei primi cinque mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 (Figura 2). Il calo registrato è da ascriversi principalmente ai beni durevoli (-27,7%) – ad esempio mobili, gioielli e prodotti di elettronica – mentre la diminuzione rimane più contenuta per i beni di consumo non durevoli (-6,8%) – come prodotti alimentari e farmaceutici – a conferma della minore esposizione allo shock di questi ultimi data la loro natura di beni essenziali.

Figura 2. Raggruppamenti principali di industrie
(variazione % su base annua gennaio-maggio)

 

Fonte: ISTAT

Relativamente più marcata la flessione per le esportazioni di beni intermedi (-14,2%) che, pur risultando migliori della media complessiva grazie alla performance dei prodotti chimici e degli articoli in gomma, sono state frenate dai blocchi produttivi in vigore in varie geografie nei primi mesi dell’anno e dalle conseguenti interruzioni in diverse catene globali del valore. Si osserva invece una forte contrazione per i beni strumentali (-23%) – come apparecchiature mediche e mezzi di trasporto – colpiti in modo particolare dal clima di incertezza che ha inciso sulla fiducia di consumatori e imprese.

In termini di settori, sono alimentari e bevande (+4,3%) e prodotti farmaceutici (+16%) – con un peso di circa il 15% sull’export complessivo – a rimanere in territorio positivo mitigando il calo degli altri comparti. Mentre per alimentari e bevande il traino è provenuto dai mercati extra europei, specie Giappone (+23,9%), Cina (+11,5%), Russia (+10,6%) e Stati Uniti, la performance positiva della farmaceutica è da ascriversi principalmente ai mercati europei, ad esempio Polonia (+50,8%), Francia (+33,1%), Spagna (+22,3%) e Paesi Bassi (+21,1%). In territorio negativo ma migliore della media l’andamento di chimica (-7,1%) e di carta e stampa (-6,5%), che hanno potuto contare sulla domanda proveniente da Germania, Paesi Bassi, Stati Uniti e Cina.

In forte contrazione, invece, le vendite di prodotti tessili e dell’abbigliamento (-28%), penalizzate dalle chiusure avvenute in prossimità della stagione primaverile. In calo anche le esportazioni di meccanica strumentale (-22,4%) e mezzi di trasporto (-26,8%), che nel 2019 rappresentavano oltre un quarto dell’export complessivo. All’interno di questi ultimi, gli autoveicoli hanno registrato la contrazione più ampia (-34,5%), visti i blocchi alla produzione ma anche la difficile congiuntura in cui il settore si trova già dallo scorso anno. Anche altri mezzi di trasporto, quali aeromobili, treni e imbarcazioni, hanno visto flessioni importanti nei primi cinque mesi dell’anno (-21,4%) a causa delle limitazioni agli spostamenti e dell’incertezza collegata alle tempistiche e modalità in cui sarà possibile viaggiare in futuro.

Pur rimanendo contenuti, alcuni segnali incoraggianti provengono dalle vendite italiane del primo semestre verso i soli partner extra europei[1]. Nei primi sei mesi, infatti, si registra una contrazione del 16,7% rispetto allo stesso periodo del 2019. Nonostante il numero rimanga in territorio negativo, non si osserva quindi un ulteriore peggioramento rispetto al dato di maggio. Nello specifico, il dato relativo al solo mese di giugno 2020 segna un -15,6% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, un’indicazione lievemente positiva se comparata con le contrazioni accentuate osservate a maggio e aprile sempre rispetto agli stessi mesi del 2019 (rispettivamente -31,5% e -44%).

 

NOTE:

[1] I dati di export riferiti ai partner commerciali al di fuori del mercato unico vengono diffusi con quasi un mese di anticipo rispetto a quelli riferiti ai partner europei. La discrepanza temporale è dovuta alle modalità di raccolta dei dati.

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Geoeconomia Europa Italia coronavirus
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AUTORI

Alessandro Terzulli
Ufficio Studi SACE
Cecilia Guagnini
Ufficio Studi SACE

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