Nel 2011 i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente sono stati teatro di trasformazioni senza precedenti che hanno influito non solo sugli assetti politici interni ma anche sugli equilibri regionali. La caduta di regimi di lunga data in Tunisia, Egitto e Libia sotto i colpi delle rivolte popolari e in seguito a una vera e propria guerra civile, con il coinvolgimento dell’intervento esterno della Nato, nel caso libico ha aperto una serie di interrogativi sull’evoluzione politica di questi paesi. Dopo dieci mesi dallo scoppio delle prime rivolte, di fronte al perdurare di difficoltà e tensioni, l’ottimismo iniziale sull’avvio di processi di democratizzazione nella regione ha lasciato spazio a un più cauto realismo. Se la morte di Gheddafi sembra segnare il termine delle operazioni militari in Libia, la richiesta del Consiglio nazionale transitorio di prolungare la missione Nato fino alla fine dell’anno lascia intravedere la possibilità di un coinvolgimento dell’Alleanza Atlantica in una attività di stabilizzazione e consolidamento open end del paese.
In Egitto la situazione politica rimane fortemente dominata dalla giunta militare che tiene stretto il potere. Tuttavia una pluralità di partiti e di coalizioni di forze politiche sta emergendo in vista delle elezioni di fine novembre. Sul versante orientale del Mediterraneo, la Siria è da mesi teatro di rivolte interne il cui esito è ancora incerto. Il collasso della Siria, sebbene il regime di Bashar al-Assad sembri al momento reggere, avrebbe pesanti ricadute non solo internamente ma anche per l’intera area dal Libano all’Iran.
Sul piano regionale, la Turchia ha cercato di accrescere il proprio ruolo tentando di influire sulle trasformazioni prodotte dalla primavera araba e allo stesso di presentarsi come un esempio di riferimento per i paesi arabi.
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