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BRICS

Prove di "Nuovo Mondo"

Filippo Fasulo
01 luglio 2022

Dal 23 al 24 giugno la Cina ha presieduto in modalità virtuale il 14° Summit dei paesi BRICS ovvero Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. L’incontro, durante il quale sono stati discussi temi di rilevanza economica quali la ripresa post-pandemica e il supporto alla finanza per lo sviluppo, è stato importante soprattutto per il suo peso politico, che potrà a cascata avere un impatto futuro sulla governance economica mondiale.

L’appuntamento è arrivato in un momento di grande rilevanza internazionale ora che l'ordine mondiale è attraversato da una transizione strutturale. A questo proposito, il tema più rilevante del summit è stata proprio la tensione fra l’ordine mondiale esistente – con la leadership degli Stati Uniti – e una proposta alternativa guidata dalle economie emergenti. A questo tema di fondo si aggiunge l’interesse di breve periodo della presidenza cinese, ovvero migliorare significativamente il proprio consenso fra gli Stati e mostrare alla comunità internazionale che Pechino non è isolata - insieme alla Russia - tra le autocrazie del mondo. La guerra in Ucraina, infatti, ha accelerato una competizione con gli Stati Uniti che era già iniziata in forma dichiarata con l'amministrazione Trump, in particolare dopo l'inizio della Guerra Commerciale nel marzo 2018, e che con la Presidenza Biden non solo non è stata sospesa, ma ha invece rafforzato il carattere di scontro ideologico con la contrapposizione tra democrazie e autocrazie. Inoltre, da parte americana sono aumentati gli sforzi di promozione di iniziative regionali volte al contenimento della Cina, quali il Quadrilateral Security Dialogue (QUAD), l’AUKUS (con Regno Unito e Australia) e l’Indo-Pacific Economic Framework (IPEF).

 

Gli scopi della Cina

Il summit aveva l’obiettivo per Pechino di riprendere la narrazione della Cina come contributore ai beni pubblici globali – come lo sviluppo economico e la sicurezza internazionale – che già era stata promossa con la Belt and Road Initiative (BRI) fin dal 2013 e che ormai appariva appannata. Il concetto cardine in questo caso era la contrapposizione fra un ordine mondiale dominato dagli interessi statunitensi – perlomeno secondo Pechino e Mosca – e una nuova proposta che si basi, invece, sulla cooperazione tra gli Stati del Sud del mondo, cui la Cina dichiara di appartenere. Nelle intenzioni del Presidente cinese Xi Jinping tale nuova proposta dovrebbe svilupparsi a partire da parole chiave e politiche promosse dalla Cina – quali la Global development initiative (GDI) e la Global security initative (GSI) – ampiamente citate da Xi nei suoi discorsi al summit. Un secondo elemento sotto osservazione all’apertura del vertice è stato il tema del possibile allargamento dei componenti dei BRICS a una decina di altri Paesi provenienti da tutti i continenti nel formato cosiddetto “BRICS Plus”. Già a maggio si erano tenuti incontri a livello ministeriale in questa modalità e le aspettative verso un allargamento discusso da decenni e sempre rimandato erano credibili. Tuttavia, la dichiarazione finale del summit, pur guardando positivamente alla possibilità di un allargamento, lo rimanda a negoziazioni future.

 

Allargamento a Argentina e Iran?

Pochi giorni dopo la conclusione del vertice, però, fonti governative russe hanno rivelato la richiesta di adesione di Argentina e Iran. Si tratta di due casi interessanti, anche se molto diversi. L’Iran vive da anni una condizione di isolamento internazionale che può trovare facilmente uno sbocco attraverso un canale di rapporti più stretti con i paesi BRICS. L’Argentina, invece, sta seguendo da tempo una politica di rafforzamento dei legami con la Cina. In occasione dell’apertura dei Giochi Olimpici invernali, proprio mentre Putin e Xi Jinping si scambiavano promesse di “amicizia senza limiti”, il presidente argentino Fernández si trovava nella capitale cinese per siglare l’adesione del suo Paese alla BRI, una scelta che risultava quasi in ritardo di almeno un paio d’anni rispetto al momento di massima centralità della Nuova Via della Seta. Si tratta però di una decisione che rafforza la discussione sui crescenti rapporti fra la Cina e il Sud America, anche in virtù delle relazioni economiche che vedono Pechino primo partner commerciale di Buenos Aires. L’adesione dell’Argentina (e dell’Iran) ai BRICS deve però trovare ancora una forma definitiva, a partire dall’ipotesi di modifica del nome per dar conto dell’ingresso dei nuovi membri.

Gli ostacoli, oltre che istituzionali, possono essere anche politici. Il formato attuale, infatti, vede la presenza di un Paese per continente e l’ingresso di un secondo Stato sudamericano dopo il Brasile potrebbe ridisegnare gli equilibri nel gruppo. Si tratta, perciò, di un percorso ancora lungo che richiede ai Paesi BRICS la capacità effettiva di costruire un gruppo di consenso solido e coeso e non soltanto una autodichiarazione di rappresentatività che, è utile ricordarlo, nasce da un acronimo sviluppato da una banca d’affari per promuovere proposte di investimento alternative. Per i BRICS si tratta allora di fare un passo successivo e andare oltre alle dichiarazioni rituali di un “nuovo mondo alle porte”. Per quanto sia stato fatto molto in passato – come la creazione della Nuova Banca di Sviluppo che nel corso della sua attività ha finanziato progetti per circa 25 miliardi di dollari – in realtà i risultati concreti sono stati limitati. Lo stesso vertice di quest’anno ha assunto centralità più per il contesto esterno che per le azioni del gruppo. La guerra in Ucraina, la competizione tra grandi potenze e la presidenza cinese hanno decisamente dato un carattere di rilievo a un vertice altrimenti poco incisivo.

 

Obiettivi raggiunti?

Dal punto di vista cinese si può dire che il risultato che era stato prefissato all’inizio sia stato solo parzialmente raggiunto. È vero, infatti, che la Cina puntava ad affermare di avere consenso internazionale a dispetto dell’accerchiamento internazionale cui è sottoposta – come è emerso anche dalla presentazione del Concetto Strategico della NATO che la vede come avversario più rilevante nel lungo periodo –, e che ha “segnato un punto” in questo senso, ma le sue parole chiave identificate dalla GDI e dalla GSI non hanno evidentemente ottenuto la piena approvazione dei BRICS. Lo si evince dal comunicato finale che non ne fa menzione, nonostante Xi, come detto, le abbia espressamente citate in diversi discorsi. Inoltre, l’interesse mostrato da Argentina e Iran per l’adesione è sicuramente un segnale importante, ma non quanto quello che avrebbe comportato un vero allargamento ai Paesi coinvolti nel meccanismo del BRICS Plus, ovvero, oltre a loro due, economie emergenti dell’Asia, dell’Africa e dell’Oceania come Algeria, Kazakistan, Arabia Saudita, Egitto, Indonesia, Senegal, Cambogia, Etiopia, Fiji, Malesia e Thailandia.

 

Il difficile rapporto tra Pechino e Delhi

Inoltre, oltre alla Cina e alla Russia, il Paese che più ha catturato le attenzioni internazionali è stata certamente l’India, per il fatto di aver mantenuto la vicinanza alla Russia nonostante la guerra e di essere parte rilevante dei BRICS anche quando la Cina cerca di metterci il cappello, ma contemporaneamente di essere un pilastro fondamentale del concetto di Indo-Pacifico che, su iniziativa giapponese e supporto degli USA, si propone di coinvolgere la stessa India nel contenimento della Cina. Per questo era difficile pensare che Modi avallasse parole chiave cinesi nel comunicato finale. Ma proprio dal rapporto tra Cina e India passerà il futuro di questa organizzazione. Infatti, è possibile immaginare che New Delhi condivida lo stesso interesse di altri partner BRICS nel rafforzare la voce delle economie emergenti, ma ciò dovrà avvenire riducendo il carico di contrapposizione con l’Occidente, con cui l’India è sempre più in buoni rapporti. Dunque, il summit è stato un’importante occasione per le economie emergenti per affermare il proprio peso nell’evoluzione della governance economica mondiale. Per poter incidere sullo scenario economico dovranno, però, risolvere le contraddizioni politiche ancora esistenti tra di loro.   

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Filippo Fasulo
Co-Head, ISPI Centre on Business Scenarios

Tags

economia geoeconomai Brics Cina
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AUTORI

Filippo Fasulo
ISPI

Image Credits (CC BY-ND 2.0): Government ZA

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