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GOLFO PERSICO

Qatar: tra Asia ed Europa oltre i Mondiali

Eleonora Ardemagni
09 Dicembre 2022

Le polemiche che hanno accompagnato l’avvio dei Mondiali di Calcio in Qatar, i primi organizzati da un Paese arabo, islamico e mediorientale, hanno oscurato – al di là delle valutazioni - gli altri volti dell’emirato. Per Doha il grande evento sportivo, assegnato nel 2010, rappresenta infatti un acceleratore di crescita economica. La stessa dinamica che in maniera indiretta – e da premesse completamente diverse - l’invasione russa dell’Ucraina ha generato per l’emirato, divenuto ancor più centrale nelle relazioni internazionali dell’energia. Monitorare le strategie economico-energetiche, di sicurezza e culturali di Doha permette di valutare la direzione politica del Qatar nell’ordine multipolare. Comprese le ricadute che alleanze diversificate hanno e potranno avere sulla questione interna dei diritti.

 

Energia: la contesa del gas tra Asia ed Europa

Il gas naturale del Qatar è ormai conteso fra importatori asiatici ed europei. Il 21 novembre 2022, Qatar Energy ha annunciato un accordo storico con Sinopec: storico perché i qatarini forniranno gas naturale liquefatto (GNL) alla Cina per ventisette anni. Nel mondo dell’energia, i contratti a lungo termine sono la prassi (il precedente tra le parti era quindicennale): questo è però di una durata davvero estesa.

Due le implicazioni. Innanzitutto, le relazioni fra Doha e Pechino acquisiscono un respiro ancora più strategico poiché di lungo periodo, confermando la politica delle alleanze parallele che le monarchie del Golfo hanno pragmaticamente scelto “per non dover scegliere” tra Stati Uniti, Cina e Russia. In secondo luogo, la stabilità del Golfo diventa sempre più un interesse globale. Il Qatar condivide con l’Iran la proprietà del giacimento gasifero offshore in questione (North Dome per Doha, South Pars per Teheran). Davanti alla crescente instabilità dell’Iran, nonché al naufragio dell’accordo sul nucleare, si rafforzano i rischi per la sicurezza del Golfo, compresi i choke-points e le vie marittime. La Cina, già primo importatore di petrolio dal Golfo, non potrà che aumentare il proprio coinvolgimento per la stabilità dell’area, per lo meno in termini di diplomazia e sicurezza privata.

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il Qatar si è subito posto, insieme agli Stati Uniti, come la principale alternativa degli europei al gas di Mosca. Tuttavia, proprio la durata dei contratti per la fornitura del GNL sta creando qualche frizione tra Doha e le capitale europee orientate – a differenza dell’emirato - a contratti brevi, per non compromettere la timeline di riduzione delle emissioni inquinanti. La corsa globale al gas qatarino si coniuga con i piani d’espansione energetica dell’emirato che ha però precisato, dati gli impegni con i Paesi asiatici, di non essere comunque in grado di soddisfare tutte le richieste europee. Nel settembre 2022 la francese TotalEnergies è entrata, con il 9,3%, nel nuovo progetto del North Field South per la produzione di GNL. Un’operazione tramite la quale Doha incrementerà la produzione di gas dell’oltre 60% entro il 2027. Anche l’italiana ENI partecipa, con una quota di poco più del 3%. Nel novembre 2022, il Qatar ha firmato un accordo di esportazione di GNL con la Germania: di durata almeno quindicennale, la fornitura inizierà nel 2026.

 

Sicurezza: l’occasione Mondiali per migliorare

Il protagonismo energetico assunto ora dall’emirato richiede adeguate capacità nazionali di sicurezza e difesa. Doha si stava già preparando, da oltre un decennio, proprio a causa dell’assegnazione dei Mondiali. Paese di appena 3 milioni di abitanti, il Qatar non è in grado di provvedere da solo alla gestione del grande evento sportivo, in termini di accoglienza degli stranieri, ordine pubblico e potenziali minacce. Doha ha così scelto di stringere numerosi accordi con Paesi alleati con l’obiettivo di ospitare personale di sicurezza durante i Mondiali e, soprattutto, facilitare il trasferimento di competenze e l’addestramento delle forze di sicurezza qatarine. Insomma, un investimento in security e defense capacity-building reso necessario dai Mondiali ma che permette all’emirato di migliorare, nel medio-lungo periodo, l’expertise di sicurezza nazionale, grazie alla cooperazione con molti Paesi, anche occidentali.

Gli esempi sono numerosi, in particolare nella regione. La Turchia (che ha aperto una base militare permanente in Qatar nel 2017) ha inviato 3 mila poliziotti anti-sommossa e 50 artificieri specializzati; allo stesso tempo, l’Accademia di polizia nazionale turca ha offerto corsi e addestramento a 960 poliziotti qatarini. Il Marocco ha inviato 6 mila funzionari per occuparsi soprattutto di supporto all’intelligence e cybersecurity; il Moroccan Royal Institute di Kenitra ha ospitato una delegazione qatarina per seminari su gestione della folla e protezione degli ospiti di più alto livello. Alla cooperazione di ordine pubblico e policing, si affianca inoltre lo sviluppo delle competenze di difesa: operazioni di sminamento (con la Francia), protezione dello spazio aereo e marittimo (con la Gran Bretagna), prevenzione delle minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari (con la Slovacchia e la NATO).

 

Cultura: l’arte come investimento economico e vetrina internazionale

Nel 2022, il Qatar ha poi utilizzato la vetrina dei Mondiali di calcio per mostrare al mondo (e ai tanti visitatori lì giunti per il grande evento sportivo), il proprio soft power nel campo della cultura, con mostre e allestimenti, anche in tema sportivo. Per esempio, è stato da poco inaugurato il 3-2-1 Qatar Olympic and Sports Museum presso lo stadio della capitale Doha, museo a tema sportivo che è un inedito in Medio Oriente. Prima ancora dello sport, l’arte rappresenta un capitolo rilevante nella “Vision 2030” del Qatar, finalizzata a diversificare l’economia nazionale in senso post-idrocarburi: basti pensare che Qatar Museums, l’ente governativo di sovrintendenza, spende un miliardo di dollari l’anno in acquisizioni d’arte.

L’evento globale è altresì servito all’emirato per annunciare gli investimenti culturali del futuro, volti a un’ulteriore internazionalizzazione del Paese. Il Qatar ha infatti in programma tre musei a vocazione internazionale. Il primo è Art Mill, una struttura polifunzionale per installazioni di arte moderna e contemporanea, educazione artistica e un villaggio riservato alle industrie creative. Il Lusail Museum ospiterà invece la più grande collezione di arte orientalista: pittura, scultura e fotografia. Infine, aprirà il Qatar Auto Museum, dedicato all’evoluzione dell’automobile dalla sua invenzione alla contemporaneità, con particolare attenzione all’impatto dell’auto sulla cultura qatarina. La conferma di un Paese che cresce coniugando, come sempre, tradizione e modernità.

 

Diritti e alleanze: il pungolo della reputazione internazionale

Come le altre monarchie dell’area del Golfo, il Qatar si muove con agio tra le grandi potenze mondiali. L’obiettivo è continuare a fare affari con tutti massimizzando – come già avvenuto - i benefici economici dell’ordine multipolare. Il fattore gas segna, certamente, un punto a favore della strategia di Doha, così come le doti di mediatore in contesti regionali di crisi. I grandi eventi mediatici internazionali come i Mondiali di Calcio – fin qui appannaggio dell’emisfero occidentale - mettono sotto i riflettori le profonde contraddizioni di Paesi, come il Qatar, che perseguono un modello di sviluppo basato su forti aperture economiche e rigido conservatorismo sociale.

Non esiste una contro-prova, ma è assai meno probabile, tuttavia, che il Qatar avrebbe introdotto due significative riforme del mercato del lavoro - ovvero la possibilità per il lavoratore expatriate di cambiare impiego e lasciare il Paese senza il consenso del datore di lavoro, nonché il varo del salario minimo mensile - se non vi fosse stato il “pungolo” mediatico dell’incipiente Mondiale. La conferma, forse, che anche l’argomento della reputazione internazionale – strettamente legato allo sguardo dei partner occidentali - ha un peso nelle scelte politiche di Doha. Certo, in Qatar la strada dei diritti è ancora molto lunga e le leggi approvate da sole non bastano, perché vanno poi applicate. Ma è un segnale dell'intenzione di Doha di continuare a sedersi a tutti i tavoli internazionali, facilitando la cooperazione anche con statunitensi ed europei.

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Geoeconomia Qatar sviluppo economico
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Eleonora Ardemagni
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Image Credits (CC BY 2.0): Juanedc

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