In un'epoca in cui, non solo in Italia e nelle democrazie sviluppate ma anche in paesi di più recente tradizione democratica, c’è sfiducia nella capacità trasformativa della politica, la figura di Nelson Mandela costituisce un esempio unico di come la politica, intesa come la partecipazione alla vita pubblica, possa mutare le condizioni date all'interno delle quali una comunità si organizza per vivere.
La politica ha in primo luogo cambiato la vita di Mandela: da figlio di un consigliere del reggente Jongintaba, di una famiglia reale thembu, il giovane Nelson incontra le ingiustizie dell’assetto separazionista del regime sudafricano, prima a scuola, poi a Johannesburg, e decide, con tenacia e impegno, di non seguire il percorso di vita che la tradizione avrebbe voluto per lui (Mandela avrebbe dovuto a sua volta ricoprire incarichi di fiducia nell’amministrazione tradizionale a fianco del reggente), ma di studiare per diventare avvocato. Una professione, seppure non frutto di una vocazione esplicitata, certamente indice di una precisa scelta di vita che porterà lo studio Mandela and Tambo a essere il primo e per molti anni l’unico studio legale gestito esclusivamente da professionisti neri di tutto il Sudafrica dell’apartheid negli anni Cinquanta.
La politica ha certamente stravolto la vita di Nelson Mandela, a partire dalle pieghe più intime: la vita familiare del leader sudafricano ha subito profondissime e continue traversie legate all’impegno politico del capofamiglia. Come scritto anche nell'autobiografia Lungo cammino verso la libertà il dolore e il peso sopportato negli anni dalla sua famiglia, dalle mogli e dai figli in particolare, sono stati il maggior rimorso della vita di un uomo che per la politica ha onorato gli impegni con le persone di cui ha condiviso diritti negati, ingiustizie e soprusi, ma non è riuscito a fare lo stesso con la sfera privata, e i doveri nei confronti dei propri cari.
Ma da un certo momento in poi, è stato Mandela a cambiare il mondo, partendo dal partito in cui militava dal 1944, ne ha modificato prima il livello di attività con l’ANC Youth League (da movimento elitario a movimento diffuso e popolare), poi il metodo d’iniziativa politica con la Defiance Campaign nel 1952 e infine con la Freedom Charter del 1955 ha proposto una piattaforma politica interamente nuova, che immaginava un Sudafrica post-razziale e democratico.
Con i processi alla leadership anti-apartheid (il Treason Trial del 1956 e soprattutto il Processo di Rivonia del 1964), il sistema segregazionista pensava di riuscire a riportare l’opposizione alla sottomissione delle proprie regole e quindi di disinnescarne il potenziale rivoluzionario. Anche in questo caso, il comportamento e la leadership di Nelson Mandela sono state fondamentali per cambiare il sistema del Sudafrica, partendo dalle norme, scritte e non scritte, del sistema legale e del carcere. La decisione di affrontare un processo, quello di Rivonia, il cui esito avrebbe potuto essere anche la pena capitale, rivendicando scelte ideali alle quali Mandela aveva dedicato la vita e per le quali era pronto a morire, diede all’ANC una piattaforma morale per spiegare idee e proposte. Al tempo stesso, il comportamento dignitoso e mai servile tenuto in carcere permise, con grande lentezza, di ottenere migliori condizioni per i detenuti politici e di combattere anche in quel luogo le discriminazioni di trattamento tra detenuti di razze diverse. La legittimazione derivante da un comportamento inaspettato, unita a una serie di fattori interni e internazionali, ha fatto sì che Mandela e i suoi compagni potessero negoziare prima la liberazione dei detenuti politici e poi la transizione del Sudafrica da un regime razzista a una democrazia non razziale, completando il cambiamento delle regole che per decenni avevano oppresso la maggioranza di abitanti del paese. È stato un processo possibile per la flessibilità, la capacità di ascolto di un grande leader, in grado di adattarsi a un mondo molto cambiato dopo 27 anni di prigionia e al tempo stesso di capire come bilanciare ideali e realtà.
Non solo Nelson Mandela è riuscito a cambiare le regole, le leggi, la struttura formale del Sudafrica, portando a compimento una transizione tra istituzioni che non ha eguali in nessun’altra vicenda storica mondiale. Il suo più grande miracolo è stato, una volta eletto presidente, quello di cambiare il cuore del paese, attraverso gesti simbolici dal fortissimo impatto e percorsi di riconciliazione nazionale.
«I am the master of my fate/ I am the captain of my soul» recita una poesia di William Ernest Henley, Invictus, molto cara a Mandela. Essere stati capaci di determinare il destino non solo individuale ma di una nazione e per certi versi del mondo è una testimonianza esemplare del fatto che il mondo, dal livello immediato a quello internazionale, si può cambiare, attraverso l’impegno politico.
Lia Quartapelle, ISPI Associate Research Fellow