Anche il Regno Unito va in ‘lockdown’: da oggi e per le prossime tre settimane sarà proibito uscire di casa se non per motivi gravi o indifferibili. Chiusi i luoghi di ritrovo e le attività commerciali non essenziali per far fronte a quella che il premier Boris Johnson ha definito “un’emergenza nazionale”.
Alla fine Boris Johnson ha fatto marcia indietro e annunciato una serrata simile a quella messa in atto dall’Italia e poi da altri paesi europei interessati dall’epidemia di Covid-19. “Da stasera devo chiedere a ogni cittadino britannico di stare a casa. Non dovete incontrare i vostri amici e non dovete incontrare i vostri familiari con cui non vivete” ha detto il premier, in un discorso alla nazione trasmesso lunedì sera in diretta televisiva. Una completa inversione di rotta rispetto ai giorni e alle settimane precedenti, quando il governo diceva che non avrebbe fermato il paese, consentendo all’epidemia di fare il suo corso, per raggiungere “l’immunità di gregge”. Johnson si era spinto oltre, arrivando a dichiarare che numerose famiglie avrebbero dovuto rassegnarsi “a perdere i propri cari”, salvo poi contraddirsi e cercare “un’alternativa britannica” alla situazione, cercando comunque di sottolineare le differenze tra il regno e gli ex partner europei. A convincere il premier a una sterzata netta – mentre nel paese si contano 335 morti e oltre seimila contagi – è stato, secondo i media britannici, uno studio dell’Imperial College di Londra, tra le massime istituzioni di ricerca e medicina pubblica al mondo. Secondo lo studio, in assenza di forme di quarantena e prevenzione, nel Regno unito la pandemia avrebbe causato oltre mezzo milione di morti. Ma prima della ‘virata’, mentre il virus procedeva spedito in Italia e in mezzo mondo, Johnson e il suo governo hanno perso tempo prezioso, che avrebbero potuto impiegare per preparare il paese ad un inevitabile impatto. Il prezzo dei ritardi e dell’inazione, è convinzone di molti, sarà alto. E a pagare saranno i cittadini.
Cosa prevedono le misure?
Da oggi la polizia potrà intervenire per disperdere gli assembramenti e multare chi è in giro per ragioni diverse da quelle permesse. Saranno vietati battesimi, matrimoni e le altre cerimonie esclusi i funerali, e chiuderanno le biblioteche, i luoghi di culto e i parchi giochi. I parchi pubblici rimarranno aperti per consentire l’attività motoria solitaria, mentre sono vietate riunioni in pubblico di più di due persone, con multe a partire da 30 sterline ai trasgressori. La stretta è stata annunciata dopo che nei giorni scorsi erano circolate immagini di gente su treni e metro affollati a Londra, mentre parchi e monumenti sono stati presi d'assalto nello scorso fine settimana.
Una legge controversa?
Nel pomeriggio di ieri il Parlamento di Westminster ha approvato il ‘Coronavirus Bill’, una legge di emergenza che prevede poteri straordinari per il governo e la polizia mai utilizzati prima d’ora in tempo di pace, compresa la facoltà di chiudere aeroporti e frontiere e arrestare persone per ragioni di salute pubblica. La legge passa ora alla Camera dei Lord ma ha sollevato più di una critica perché sembra lasciare indietro i disabili e gli anziani non autosufficienti, poiché non garantirebbe l’assistenza a casa ai più vulnerabili. Il testo del decreto, inoltre, è stato sottoposto a diverse modifiche poiché in una prima stesura prevedeva l’obbligo di cremazione per le vittime dell’epidemia. Una misura che aveva sollevato critiche e disappunto da parte di differenti minoranze religiose che non prevedono, appunto, la cremazione dei defunti.
Londra, cercasi bazooka?
E mentre Londra si uniforma all’Europa sulle restrizioni sanitarie, anche al di là della Manica riecheggia il "whatever it takes", (fare tutto il necessario) per far fronte ai contraccolpi economici della pandemia. Lo ha promesso il cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak che, in conferenza stampa col primo ministro, ha lanciato un pacchetto da 350 miliardi di sterline di crediti garantiti dal governo. Paradossale che sia proprio il governo di Johnson, acceso sostenitore del libero mercato a dover annunciare in emergenza un 'bazooka' composto di aumenti dei sussidi sociali e del più grande programma di sostegno pubblico alle imprese mai varato nel Regno Unito. Tra le misure adottate da Sunak, anche l'introduzione di una cassa integrazione straordinaria e la copertura statale per l'80% dei salari dei lavori dipendenti che perderebbero il lavoro a causa della pandemia.
Ironia della sorte o meno, ad appena cento giorni dalla sua rielezione, il premier conservatore, chiamato a “fare la Brexit” e tagliare le tasse, si trova ad aumentare la spesa pubblica e ad ampliare la presenza dello stato nell'economia. Uno scenario inimmaginabile fino a poche settimane fa.
Il commento
Di Leonardo Maisano, commentatore Il Sole 24 ore
“La svolta di Boris Johnson è stata netta ma ancora non è abbastanza. Rimangono margini di equivoco sulle condizioni del lockdown imposto ai britannici, popolo ubbidiente ma con la pelle spessa, bisognoso, pertanto, di messaggi fortissimi e netti (ai tempi del primo allarme Aids il warning in Tv mostrava due persone che nel corso di un rapporto sessuale diventavano scheletri…). Resta il fatto che BoJo ha mollato la linea degli scienziati più darwiniani che gli erano istintivamente più cari perché eccentrici e vagamente ottimisti come lui, per abbracciare il mainstream della ricerca grazie all’allarme lanciato dall’Imperial College.
Una svolta a U con sette giorni di ritardo dopo aver bruciato settimane guardando, senza agire, a quanto accadeva in Italia nella convinzione di una sorta di resistenza britannica al virus garantita da non si sa quale ancestrale diversità. Il tempo in questo caso non significa danaro, ma vite da salvare in un paese che si sta scoprendo tragicamente impreparato molto oltre ogni previsione. BoJo lo ha capito. Forse”.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online Publications)