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2019: Il mondo che verrà
Riarmo nucleare: fine di un “tabù”?
Carlo Trezza
27 Dicembre 2018

Di tutto ha bisogno la comunità internazionale fuorché di un ritorno a una corsa agli armamenti nucleari. La abbiamo già vissuta durante la guerra fredda al culmine della quale si calcola che si trovassero negli arsenali (principalmente di Stati Uniti e Unione Sovietica) ben 60.000 ordigni atomici. Arsenali da capogiro capaci di distruggere più volte il nostro pianeta! Oggi si calcola che siano intorno a 15.000. Una riduzione “drammatica” che però continua a non consentirci di dormire sonni tranquilli. Con le attuali cifre, pur ridotte, gli effetti distruttivi e i rischi non sarebbero comunque molto diversi da quelli corsi durante la guerra fredda.

Oggi ci troviamo nuovamente di fronte al rischio di una corsa al nucleare. Gli strumenti normativi in vigore non la proibiscono. La gran parte delle riduzioni di cui si è accennato sono avvenute unilateralmente e al di fuori di accordi internazionali: esse sono pertanto reversibili. La normativa attuale rimane imperniata sul Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) del 1970 che è riuscito ad arginare con successo il numero dei paesi che possiedono l'arma nucleare ma non ha potuto mettere in applicazione il suo Articolo VI che prevede il disarmo nucleare. Il TNP proibisce, a tutti i paesi che ne fanno parte, di dotarsi dell'arma nucleare con l'eccezione di cinque paesi (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito). Pur essendo stato ratificato dalla stragrande maggioranza degli stati, non vi hanno però aderito proprio quei paesi che si sono dotati dell'arma nucleare al di fuori del trattato e che quindi tecnicamente non lo stanno violando (India, Israele, Pakistan, Corea del Nord). Un’evoluzione positiva è sicuramente rappresentata dalla conclusione in ambito ONU nel 2017 di un nuovo Trattato che, questo sì, proibisce totalmente l'arma nucleare senza eccezioni. Il problema è che esso non è ancora entrato in vigore e che non vi hanno aderito, e non hanno l'intenzione di farlo, proprio i paesi cui esso è principalmente rivolto, e cioè i nove paesi citati che si sono dotati dell'arma nucleare. Rimangono fuori da questo accordo anche i paesi la cui sicurezza si basa sulla deterrenza nucleare come i membri della Nato.

Il problema più serio oggi rimane il fatto che, invece di fare dei passi in avanti nel campo del disarmo nucleare, si stanno facendo passi indietro. Ne è una testimonianza l'annuncio americano di un prossimo ritiro di Washington dal Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces) che aveva condotto all'eliminazione di un'intera categoria di missili nucleari russi e americani. L'INF è stato sinora uno dei pilastri della sicurezza europea e la sua probabile denuncia riapre la possibilità di lanciare una nuova corsa agli armamenti nucleari nel Vecchio Continente. Non è mai entrato in vigore il Trattato CTBT (Comprehensive Test Ban Treaty) che proibisce gli esperimenti ti nucleari e che pure è stato ratificato dalla grande maggioranza degli Stati ma non da paesi chiave come gli Stati Uniti e la Cina. La Corea del Nord attraverso il suo ritiro dal TNP nel 2003, e il suo successivo lancio di un temibile programma nucleare militare, ha inferto un colpo durissimo al processo di Non Proliferazione Nucleare. Uno dei risultati più significativi degli ultimi anni era stato l'accordo JCPOA (Joint Comprehensive Plan Of Action) con cui si era riusciti a congelare il programma nucleare dell'Iran. Il ritiro dell'amministrazione Trump da tale accordo rischia di far scomparire anche questo argine alla proliferazione nucleare.

Pur non disconoscendosi le riduzioni del passato, non si può ignorare che il trend attuale è quello di un ammodernamento delle testate nucleari e dei loro vettori. Si assiste oggi all'introduzione di sistemi missilistici e di ordigni nucleari sempre più sofisticati che consentono di colpire con crescente precisione e rapidità gli obiettivi sia militari che civili. Ciò può ridurre i cosiddetti "danni collaterali" del loro impiego ma fa aumentare al tempo stesso la probabilità di tale impiego. La tecnologia della difesa anti missilistica, sinora appannaggio esclusivo degli americani, si sta diffondendo ad altri paesi dando origine ad una nuova dispendiosa rincorsa senza fine. Tutto ciò allontana, anziché avvicinare, l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari preconizzato dal Presidente Obama dieci anni fa e recepito allora pienamente dalla comunità internazionale. Di questo obiettivo si parla sempre meno: anche questo costituisce un passo indietro.

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ISPI Research Fellow

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AUTORI

Carlo Trezza
Ambasciatore

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