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RIPARTENZE
Rilancio UE: Il Green Deal non può attendere
Alessandro Gili
|
Alberto Belladonna
24 luglio 2020

Dopo quattro giorni di negoziati i paesi europei hanno finalmente raggiunto un accordo storico relativo al Recovery Fund, ma all’interno dei negoziati si discuteva anche del bilancio pluriennale dell’Unione 2021-2027 e l’allocazione delle sue risorse. Nonostante lo European Green Deal - il piano di stimolo fiscale proposto dalla Commissione UE che mira a rendere l’Unione carbon neutral entro il 2050 - rimanga al centro di tutti i piani per il rilancio e la ripresa dell'economia europea (il 30% del budget comune del piano dovrà essere destinato direttamente alla lotta contro il riscaldamento climatico), la complessa trattativa ha però comportato una riduzione delle ambizioni iniziali della Commissione stessa, almeno per quanto riguarda l’ammontare complessivo destinato al piano. A subire i maggior tagli, per l’effetto dei “rebates” sconti sui contributi concessi ai “paesi frugali” come contropartita all’accettazione dei termini del Recovery Fund, figurano infatti l’InvestEU, il piano di investimenti che doveva avere la sostenibilità al centro che passa da 11,5 a 2,1 miliardi, e il Just Transition Fund, il fondo che deve sostenere la transizione ecologica che scende da 37 miliardi a 17.  Nonostante ciò la transizione verde rimane al centro di tutto il piano di rilancio europeo, in particolare attraverso quattro pilastri principali: prezzi del carbonio, investimenti sostenibili, una nuova politica industriale e una transizione giusta.

 

I pilastri del Green deal

  1. Carbon pricing. Il primo pilastro si basa sull'idea che tutte le azioni di riforma proposte dalla Commissione debbano garantire un efficace carbon pricing per tutta l'economia. L'UE intende estendere il sistema europeo di scambio delle quote di emissione (European Emission Trading System - ETS) a nuovi settori e assicurarsi che la tassazione sia allineata agli obiettivi climatici. Un prezzo unico per tutti i settori può essere economicamente efficiente, ma innesca notevoli effetti distributivi, colpendo in particolare i paesi più poveri dell'UE, che in genere hanno emissioni più elevate. Uno dei maggiori rischi è la delocalizzazione industriale in paesi con regole sulle emissioni di carbonio meno stringenti. In questo senso, la Commissione intende proporre una carbon border tax (o un meccanismo di adeguamento) per settori specifici, al fine di ridurre al minimo il rischio di carbon leakage. Tale strumento potrebbe dimostrare la sua efficacia perché tutti i prodotti consumati nell'UE, indipendentemente dal luogo di produzione, sarebbero tenuti a rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni. I prodotti ad alta intensità di carbonio importati saranno infatti soggetti a una tassa per entrare nel mercato europeo. In secondo luogo, una tassa sul carbonio spingerà anche altri paesi a decarbonizzare.
  2. Investimenti sostenibili. L’UE ha un gap annuale di investimenti green pari a 260 miliardi di euro l’anno, metà del quale generato dal settore residenziale, 21 miliardi dal settore trasporti e 34 miliardi dal settore energetico. Gli investimenti nelle infrastrutture di trasporto saranno fondamentali per consentire una transizione verso una mobilità intelligente e sostenibile. Per raggiungere questi ambiziosi obiettivi, è però necessaria la piena mobilitazione dell'industria europea. La Commissione ha così adottato una strategia industriale dell'UE per dare impulso alle rivoluzioni verdi e digitali. Le industrie ad alta intensità energetica (come l'acciaio, la chimica e il cemento) saranno in prima linea nella trasformazione, considerato anche il loro ruolo cruciale nell'economia europea e nella fornitura di catene del valore industriali. Ma non saranno sole: tutti i settori economici - in particolare quelli ad alta intensità di risorse - dovranno diventare circolari, garantendo processi sostenibili di produzione e consumo, riducendo sostanzialmente gli sprechi. Il settore energetico, che rappresenta il 25% delle emissioni di gas serra dell'UE, sarà in prima linea nella transizione: le energie rinnovabili sono già destinate a raggiungere una quota compresa tra il 30,4% e il 31,9% nel 2030, non lontano dall'obiettivo del 32%.  Diversi paesi membri hanno confermato obiettivi ambiziosi per la graduale eliminazione dell’uso del carbone. Gli investimenti nelle infrastrutture di trasporto saranno fondamentali per consentire la transizione verso una mobilità intelligente e sostenibile. Le emissioni del settore dei trasporti rappresentano circa il 25% delle emissioni complessive, in costante crescita. Il Green Deal europeo, pertanto, ha come obiettivo una riduzione del 90% delle emissioni di questo settore entro il 2050. Un ruolo chiave sarà svolto dal potenziamento del trasporto multimodale, in particolare attraverso il passaggio dalla strada alla ferrovia e alle vie navigabili interne. La Commissione intende proporre misure per aumentare ulteriormente la capacità delle ferrovie e delle vie navigabili interne. La digitalizzazione sarà al centro della mobilità multimodale, poiché introdurrà sistemi intelligenti di gestione del traffico in grado di ridurre la congestione e l'inquinamento. Per favorire la riduzione dell'inquinamento dei trasporti, la Commissione elaborerà norme più severe per i veicoli con motore a combustione, con una nuova legge sulle emissioni di CO2 entro il giugno 2021. In questa direzione si inserisce l'intenzione della Commissione Europea di rivedere il quadro normativo per le infrastrutture energetiche, in particolare il regolamento TEN-E (Trans European Network - Energy). Il nuovo quadro normativo dovrebbe consentire di incentivare l'introduzione di tecnologie innovative e l'ammodernamento delle infrastrutture: reti intelligenti, reti a idrogeno, cattura del carbonio, stoccaggio dell'energia e una catena del valore circolare per le batterie. Tutti settori in cui è necessario rafforzare i vantaggi comparativi dell'UE.
  1. Una nuova strategia industriale dell'UE. La Commissione europea ha adottato una nuova strategia nel marzo 2020. La direzione è chiara: l'obiettivo della neutralità del carbonio non può essere raggiunto a scapito della competitività dell'industria europea, considerando anche le crescenti tensioni geopolitiche con la Cina ma anche con il tradizionale alleato americano. Inoltre, l'impatto economico del coronavirus richiede una risposta europea più forte: un'industria europea competitiva sarà essenziale per affrontare le conseguenze economiche dell'epidemia di coronavirus, che ha prodotto in tutta l'Europa una profonda recessione. Per rendere sostenibile l'intera economia europea mantenendo al tempo stesso la competitività della sua industria, l'UE deve diventare una potenza di innovazione globale nel campo dell'energia, della mobilità e delle tecnologie di costruzione. Il primo passo è quello di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo: investire in modo più coordinato e sinergico tra i paesi membri, per evitare sovrapposizioni e sfruttare le economie di scala. Inoltre, gli appalti pubblici sono uno strumento importante per stimolare l'innovazione, attraverso l’indicazione di specifici requisiti tecnologici per aggiudicarsi specifiche gare Per diventare più competitivi sulla scena globale e liberare il potenziale di innovazione, il completamento del mercato interno dell'UE è fondamentale. Norme ambientali comuni, una tassazione comune dell'energia e misure di sostegno condivise per le tecnologie pulite possono contribuire a creare imprese "cleantech" di dimensioni europee.
  2. Il Just Transition Mechanism (JTM). Inteso come schema di compensazione per contrastare gli effetti distributivi negativi della transizione, il JTM disporrà di un Just Transition Fund (JTF) che finanzierà i territori a elevata occupazione nella produzione di carbone, lignite, scisti bituminosi e torba, nonché i territori con industrie ad alta intensità di gas serra, che potrebbero essere gravemente colpiti dalla transizione. Ma, come ricordato, proprio il JTF subirà il taglio maggiore. Per accedere al denaro, i paesi devono impegnarsi a raggiungere l'obiettivo di diventare "neutrali dal punto di vista climatico" entro il 2050 - una condizione che si rivolge particolarmente alla Polonia, paese ricco di carbone che si è rifiutato di impegnarsi per l'obiettivo climatico del 2050 in occasione di un vertice UE a dicembre.

 

Quale ruolo geopolitico per il Green Deal europeo?

La decarbonizzazione è uno dei principali sforzi che l'UE ha intrapreso negli ultimi decenni. Più il processo va avanti, più alti saranno i costi. È quindi essenziale che l’economia UE non sia influenzata negativamente dalla transizione. Il free riding da parte di altri stati dovrebbe perciò essere evitato e la Commissione UE deve garantire che un calo delle emissioni interne non sia sostituito da un aumento delle emissioni importate.

Per avere successo, lo European Green Deal deve essere quindi emulato dai partner internazionali dell'UE. Il piano non ha alcuna possibilità di essere efficace se non ci sono cooperazione e coordinamento internazionali. La riduzione delle emissioni di gas serra nell'UE non è sufficiente se gli altri paesi non attuano politiche simili a livello nazionale. L'UE è quindi impegnata a sviluppare una diplomazia verde, incentrata sul sostegno ad altri paesi per condividere l'onere e adottare politiche che portino le loro economie verso una transizione sostenibile. Il quadro multilaterale è dato dall'Accordo di Parigi, il trattato internazionale che vincola i paesi firmatari a rafforzare la risposta globale alla minaccia del cambiamento climatico.

D'altra parte, l'UE rafforzerà l'impegno bilaterale con i partner internazionali, in particolare con le economie del G20 che rappresentano quasi l'80% delle emissioni globali. I vicini immediati saranno pienamente coinvolti negli sforzi, in particolare i Balcani occidentali, il partenariato orientale e il vicinato meridionale. La cooperazione finanziaria sarà al centro degli sforzi internazionali, con particolare attenzione ai progetti internazionali in altri paesi finalizzati alla graduale eliminazione dei combustibili fossili. Tuttavia, lo strumento più importante per cooperare con gli altri paesi è la politica commerciale dell'UE: nuovi accordi commerciali saranno conclusi con clausole vincolanti riguardanti l'allineamento delle politiche all'Accordo di Parigi sul clima. L'UE, il più grande blocco commerciale del mondo, ha un potente strumento di contrattazione da spendere con gli altri paesi: l'accesso al mercato europeo in cambio di politiche più severe sulle emissioni di gas serra e sullo sviluppo sostenibile.

Nonostante i tagli al bilancio europeo relativi al Green Deal, la transizione energetica insieme alla Nuova Strategia Industriale per l'Europa  saranno probabilmente uno dei pilastri principali del più ampio piano di ripresa per rilanciare e trasformare l'economia europea, rafforzandone la resilienza, incrementando l'occupazione e la coesione sociale. Se lo European Green Deal era stato originariamente previsto come una sorta di meccanismo di riallocazione degli investimenti e dell'occupazione, ora si inserirà in un nuovo scenario caratterizzato da un ruolo rafforzato degli investimenti pubblici che - insieme a quelli privati - saranno cruciali per creare un bazooka economico al fine di rilanciare l'economia europea nei mesi e negli anni a venire.

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AUTORI

Alessandro Gili
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Alberto Belladonna
ISPI, Centres on Infrastructure and Business Scenarios

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