Signor Ministro,
Il dossier Russia in Italia è sempre stato delicato perché il tema delle relazioni con Mosca ha avuto, nelle successive fasi e per ragioni diverse, forti ricadute di politica interna.
Inizialmente, per il peso nel nostro paese del più forte partito comunista dell’Occidente. All’epoca del riformismo di Gorbachev, per la speranza di Democrazia Cristiana e PCI che l’apertura del sistema sovietico, che peraltro portò alla dissoluzione dell’URSS, rassicurasse sulla marcia di avvicinamento dei comunisti verso l’area di governo.
Nel post guerra fredda, Silvio Berlusconi, da Capo del Governo, vantava la relazione speciale con Putin, suscettibile addirittura di favorire mediazioni tra gli Stati Uniti e Mosca. Ai giorni nostri, è scoperta la simpatia del Cremlino per la Lega, calorosamente ricambiata, e per i movimenti euroscettici in Europa.
Pochi esponenti politici italiani hanno rinunciato a rivendicare la capacità di tessere relazioni strategiche con la Russia.
Fatta la tara di superficialità di analisi, enfasi e demagogia, nemici micidiali di una efficace politica estera, è ovvio che i rapporti con la Russia costituiscano un dossier prioritario della diplomazia italiana. Lo spiegano il peso di Mosca, relativamente decrescente ma tuttora significativo, negli equilibri globali, il suo ruolo nel controllo degli armamenti, nucleari e non, la sua influenza in aree geografiche per noi di vitale interesse e, naturalmente, l’intensa cooperazione economico-commerciale. Questo complesso di ragioni geopolitiche ed economiche è corroborato da simpatia umana tra i due popoli e sensibilità culturali affini.
Purtroppo, i rapporti tra Occidente (Stati Uniti e Unione Europea) e Russia attraversano un fase difficile. Non è corretto, come fanno alcuni, parlare di una nuova guerra fredda, ma le tensioni sono alte, accresciute dalle polemiche sulle interferenze di Mosca nelle presidenziali americane (come, pare, in alcune tornate elettorali europee), polemiche che limitano lo spazio di manovra nei confronti del Cremlino del Presidente USA che rimane l’interlocutore di riferimento della Russia e sostanzialmente detta la linea agli Alleati europei.
L’Italia ha interesse a che le tensioni si attenuino, anche per tutelare gli scambi economici, e può contribuirvi molto, purché si attenga ad alcuni principi che, occorre riconoscerlo all’avvio di questo nuovo Governo, nel recente passato non sono stati osservati, almeno sul piano della diplomazia pubblica.
Il primo, essenziale requisito, è che il nostro Paese si dimostri, anche nella immagine, pienamente solidale con gli alleati nella NATO ed i partner della UE. L’Italia ha contato, e conterà, nel mondo solo quando, senza fughe in avanti o atteggiamenti estemporanei, si è mossa nel solco dei suoi tradizionali ancoraggi internazionali, quello Atlantico e quello Europeo. Discostarsene, significa essere velleitari e indebolirci.
Essere sospettati di sbandamenti verso Mosca indebolisce la nostra capacità di influenza. Non vi è dubbio che, se le cose sono arrivate ad un punto così basso, vi sono anche insufficienze dell’Occidente. Additarle nelle forme diplomaticamente appropriate, e cercare di correggerle, nei dibattiti interni alla NATO o alla UE è costruttivo. Ma un posizionamento esterno declamatorio e sbilanciato a favore della Russia ci nuoce ed è inutile anche per il Cremlino, consapevole che Roma, a dispetto di ogni retorica, alla fine si deve allineare agli orientamenti prevalenti dell’Occidente. È il caso delle sanzioni legate alla crisi con l’Ucraina.
Solo quando avremo eliminato i sospetti, e saremo rientrati nei meccanismi di positivo dialogo con i principali partner, potremo utilmente adoperarci per la progressiva ripresa di un dialogo costruttivo tra Occidente e Russia.
Forti di questa ritrovata autorevolezza, saremo anche più ascoltati a Mosca che, a quel punto, guarderà all’Italia non solo, in negativo, per accentuare le divisioni in ambito UE (in seno alla NATO i pesi relativi e la determinante regia USA ci lasciano meno spazio), ma anche per contribuire a far uscire i rapporti dalle secche attuali.