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DATAGLOBE

Russia: così mordono le sanzioni

Matteo Villa
21 ottobre 2022

La settimana scorsa, il Fondo monetario internazionale ha pubblicato le sue nuove stime aggiornate sulla crescita dell’economia mondiale e dei vari Paesi del mondo. Qualcuno, leggendolo, sarà probabilmente rimasto colpito da un dato: la Russia di Putin, sotto le sanzioni più pesanti che l’Occidente abbia mai comminato dalla Seconda guerra mondiale in avanti, quest’anno riporterà una recessione economica del 3,4%. Siamo insomma molto lontani da quel -10% stimato da molti economisti a marzo, e anche dal -8,5% stimato dallo stesso FMI lo scorso aprile. Che succede, dunque? Le sanzioni “funzionicchiano”?

Con il grafico qui sopra, tentiamo di ristabilire come stiano realmente le cose. Come si nota, la Russia è buona ultima in termini di rallentamento della propria economia, sia che si guardi il breve periodo, sia che si includano nel paragone i prossimi due anni. Per arrivare a costruire questo grafico, più accurato rispetto alla semplice espressione di una contrazione o espansione economica annuale, è necessario confrontare la crescita (o decrescita) attesa oggi con quella attesa dallo stesso FMI a ottobre 2021, dunque a oltre quattro mesi dall’invasione russa dell’Ucraina. Un momento sufficientemente indietro nel tempo da non risentire degli effetti della guerra, ma sufficientemente vicino perché non si possa credere che tale rallentamento sia dovuto a qualche altro fattore contingente.

Utilizzando la differenza tra le previsioni di crescita precedenti alla crisi e quelle odierne o per l’immediato futuro, il quadro diventa molto più accurato. Questo perché ciascun Paese era su una traiettoria di crescita differente prima della crisi: non avrebbe dunque senso confrontare la Cina, che prima dell’invasione russa era stimata crescere al 5,6% quest’anno, con l’Italia o la Russia che avrebbero fatto segnare crescite inferiori (malgrado fossero “alte” grazie alla ripresa post-Covid).

 

Chi perderà di più

Il quadro che emerge è chiaro: la Russia è il maggior perdente della situazione di sanzioni e guerra economica odierna, con un rallentamento economico del -6,4% quest’anno che potrebbe raggiungere il -11% entro fine 2024. Ovviamente ciò non significa che non perdano molti altri Paesi: sempre di guerra economica si tratta. Tra i Paesi europei il maggior perdente è la Germania (quasi -5% entro il 2024, pur sempre un colpo inferiore alla metà di quello ricevuto da Mosca), mentre l’Italia dovrebbe fermarsi al -2,6%.

Qualche altro dato interessante: gli Stati Uniti, che la vulgata comune vorrebbe grandi vincitori di questa crisi, potrebbero rallentare persino più della Germania (-5,4%). Al contrario a perderci molto poco sarebbe l’India (-1,9%), mentre com’è lecito attendersi i grandi esportatori di materie prime come l’Arabia Saudita potrebbero persino guadagnarci, e parecchio (+4% a fine 2024).

In conclusione, è indubbio che la guerra economica scatenata dall’invasione russa dell’Ucraina faccia più male a Mosca, che non all’Europa. Certo, tutt’altro paio di maniche sarà capire se il danno arrecato dalle sanzioni e dalla guerra all’economia russa sarà sufficiente a provocare scossoni politici interni. Questa è la quinta crisi economica che la Russia affronta in un quarto di secolo, persino senza considerare la fine dell’Unione sovietica. Abbiamo avuto il 1998 (crisi finanziaria russa), il 2008 (globale), il 2014 (primo conflitto ucraino), il 2020 (la pandemia), e adesso l’invasione dell’Ucraina. Salvo per il 1998 che ha probabilmente accelerato il passaggio di consegne da Boris Eltsin a Vladimir Putin, nessuna crisi precedente è riuscita a scalfire a sufficienza il presidente russo. Resta da chiedersi se questa volta sarà diversa.

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Matteo Villa
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