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Commentary

Russia e Unione europea: tra dipendenza e interdipendenza energetica

Massimo Lombardini
03 febbraio 2022

Le tensioni fra Russia e Ucraina hanno portato all’attenzione di tutti la dipendenza energetica dell’Unione europea e il rischio di un’interruzione delle forniture russe di idrocarburi.

Parlare di dipendenza energetica è però improprio, perché se è vero che la Russia costituisce il principale fornitore di petrolio e gas naturale dell’Unione europea, è anche vero che gli introiti della vendita di idrocarburi rappresentano circa la metà del budget russo. Sarebbe quindi più corretto parlare di interdipendenza fra il nostro più importante fornitore, la Russia, e il suo migliore cliente l’Unione europea.

Le statistiche ufficiali per il 2021 non sono ancora disponibili, ma nei primi tre trimestri del 2021 l’Unione europea ha consumato 291 miliardi di metri cubi di gas con un incremento del 6% rispetto al 2020. La produzione europea è stata di 38 miliardi metri cubi coprendo solo il 13% dei nostri consumi. La Russia ha fornito circa il 40% dell’import di gas.

 

Un po’ di storia la crisi del gas del 2009

Nel gennaio del 2009, in seguito alla controversia fra Russia e Ucraina sulle tariffe di transito, gli approvvigionamenti di gas verso l’Unione europea attraverso l’Ucraina vennero bloccati. Un blocco, che non era avvenuto nemmeno nei momenti più tesi della Guerra fredda, lasciò alcuni paesi dell’Europa orientale, per i quali la Russia era l’unico fornitore, senza approvvigionamenti.

Dopo due settimane di negoziati il transito riprese, ma la crisi aveva evidenziato una vulnerabilità della sicurezza energetica di alcuni membri dell’Unione europea che dipendevano esclusivamente dalla Russia per il loro gas. Si rilevò inoltre come il gas fosse disponibile in Europa occidentale, grazie alle forniture di altri produttori, ma come non esistessero sufficienti interconnessioni fra l’Europa occidentale e l’Europa orientale approvvigionata dalla Russia.

Dal 2009 ad oggi l’Unione europea ha costruito nuovi interconnettori per permettere un flusso bidirezionale del gas da est verso ovest e da ovest verso est. Si sono anche messi in esercizio nuovi gasdotti da paesi terzi, come MEDGAZ (Algeria-Spagna) e TANAP-TAP (Azerbaijan-Italia).

A complemento delle forniture tramite gasdotti sono stati costruiti nuovi terminali di rigassificazione per importare gas naturale liquefatto. Attualmente, l’Unione europea dispone di più di 30 terminali di rigassificazione e può approvvigionarsi sul mercato del gas liquefatto che ha visto l’arrivo di nuovi produttori come gli Stati Uniti, l’Australia e la stessa Russia. L’Unione europea è quindi oggi meglio attrezzata rispetto al 2009 per affrontare eventuali interruzioni degli approvvigionamenti di gas naturale.

Inoltre, con la costruzione di Nord Stream 1, un gasdotto con una capacità annuale di 55 miliardi di metri cubi, che collega la Russia alla Germania attraverso il Baltico, la quantità di gas russo che attraversa l’Ucraina si è drasticamente ridotta rispetto al 2009.

Nel 2009, il gasdotto attraverso l’Ucraina trasportava più di tre quarti delle forniture russe di gas verso l’Unione europea. Nel 2021 il gasdotto ha trasportato 41 miliardi di metri cubi di gas, circa il 10% dell’import globale di gas dell’Unione europea. La riduzione del transito attraverso l’Ucraina e conseguentemente delle forniture di gas russo all’Unione europea ha contribuito all’impennata dei prezzi ma non ha generato rotture degli approvvigionamenti come nel 2009.

La diminuzione delle forniture di gas attraverso l’Ucraina, ridotte dalla Russia ai minimi contrattuali, intende applicare una pressione sull’Autorità per la Regolazione dell’Energia tedesca perché certifichi il gasdotto Nord Stream 2 recentemente completato. La messa in funzione di Nord Stream 2 permetterebbe inoltre alla Russia di convogliare le sue forniture di gas nel gasdotto stesso bypassando completamente l’Ucraina privandola degli introiti per il transito del gas e creandosi una rotta alternativa nel caso di un conflitto armato.

 

Impatto di un’interruzione delle forniture di gas per la Russia e per l’UE

Nelle ultime settimane, in seguito alle tensioni crescenti fra Russia e Ucraina, sono stati evocati scenari che ipotizzano la distruzione del transito del gas attraverso l’Ucraina, fino ad arrivare a un completo azzeramento delle forniture di gas russo verso l’Unione europea.

Una distruzione del transito di gas attraverso l’Ucraina avrebbe sicuramente un impatto sui prezzi del gas. Bisogna però considerare che il transito attraverso l’Ucraina nel mese di gennaio è già stato ridotto dalla Russia a 50 milioni di metri cubi al giorno. Tale quantità rappresenterebbe su base annuale meno del 5% del consumo di gas dell’Unione europea.

Dopo la crisi del gas del 2009 l’Unione europea ha perseguito una politica di diversificazione dei suoi approvvigionamenti. Siamo, quindi, meglio equipaggiati rispetto al 2009, nel caso ci fosse una distruzione del transito attraverso l’Ucraina.

In caso di interruzione delle forniture attraverso l’Ucraina sarebbe necessario, nella misura del possibile, aumentare le forniture tramite gasdotti dai paesi terzi, come Norvegia, Algeria, Libia e Azerbaigian e si potrebbe inoltre fare ricorso a gas liquefatto sul mercato mondiale. Infine sono a disposizione stoccaggi di gas stagionali, Rystad stima che con temperature invernali nella media tali stoccaggi potrebbero coprire due mesi di import di gas russo.

Nel caso non fosse possibile rimpiazzare completamente il gas russo, si potrebbe sostituirlo per la produzione di elettricità con altre fonti di energia, rinnovabili, nucleare, carbone o petrolio.

Si dovrebbe promuovere la produzione indigena di gas. L’Unione europea importa quasi il 90% del suo fabbisogno, e tali importazioni potrebbero essere parzialmente sostituite da gas prodotto in Europa a “chilometro zero”. Questo ridurrebbe la nostra dipendenza energetica e avrebbe un beneficio per la bilancia dei pagamenti e per l’ambiente. Il gas europeo rimpiazzerebbe gas importato dalla Russia che viaggia per migliaia di chilometri con grossi consumi di energia e perdite in gasdotti senescenti costruiti negli anni Settanta.

Infine, la domanda di gas per riscaldamento si ridurrà alla fine dell’inverno e con essa la necessità di import riducendo l’impatto della riduzione delle forniture russe.

Una distruzione completa degli approvvigionamenti russi, che include oltre ai flussi attraverso l’Ucraina anche la Bielorussia e il gasdotto Nord Stream, non si può escludere a priori. Tale distruzione avrebbe però un impatto devastante non solo per l’Unione europea ma anche per la Russia stessa: sia economicamente che in perdita di credibilità come fornitore di energia.

Secondo l’Economist una distruzione completa dell’approvvigionamento di gas russo si tradurrebbe, ai prezzi correnti, in una perdita di sei miliardi di dollari al mese. Alla quale sarebbero da aggiungere penali per il non rispetto delle clausole contrattuali di fornitura.

In aggiunta, alla perdita economica si avrebbe anche una distruzione della credibilità della Russia che non sarebbe più considerato un fornitore attendibile. Tale credibilità sarebbe compromessa anche con altri clienti: la Cina potrebbe infatti domandarsi se aumentare la dipendenza da un paese che non esita a tagliare le forniture ai propri migliori clienti. In conclusione, un azzeramento delle forniture di gas russo è uno scenario improbabile che danneggerebbe gravemente non solo l’Unione europea, ma in primis la Federazione russa.

Lo scenario più probabile è che la Russia continui la sua politica di fornitura dei minimi contrattuali. Ciò le consentirebbe di continuare ad applicare una pressione sull’Unione europea minimizzando le perdite derivanti dalla vendita del gas in caso di interruzione delle forniture.

Infine si deve sottolineare che un conflitto in Ucraina distruggerebbe il transito del petrolio attraverso l’oleodotto Druzhba. Una distruzione del transito del petrolio farebbe schizzare il prezzo del barile a 150 dollari con conseguenze devastanti a scala globale.

 

Conclusioni

L’Unione europea è sicuramente più attrezzata rispetto al 2009 nel caso di rottura delle forniture di gas naturale attraverso l’Ucraina. Ci sarebbero degli incrementi dei prezzi, ma non delle rotture totali degli approvvigionamenti come nel 2009.

Una distruzione completa delle forniture di gas russo avrebbe conseguenze devastanti non solo per l’Unione europea ma anche per la Russia sia come perdita economica che di credibilità.

La crisi attuale deve stimolare ulteriormente l’Unione europea nelle sue politiche di decarbonizzazione e riduzione della dipendenza dall’importazione di combustibili fossili. Citigroup stima che, ai prezzi attuali nel 2022, l’Unione europea spenderebbe, per approvvigionarsi di gas e petrolio, un trilione di dollari più dei finanziamenti del Recovery Fund.

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Massimo Lombardini
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