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Da Trump a Biden

Russia e USA: la minaccia è negli occhi di chi guarda?

Eleonora Tafuro Ambrosetti
27 gennaio 2021

Diversamente dell’elezione di Donald J. Trump nel 2016 - che aveva generato, almeno all’inizio, un forte senso di euforia - lo stato d’animo dominante in Russia dopo l’elezione di Joe Biden è di rassegnazione. Si dà per scontato che l'amministrazione Biden continuerà con la tradizionale strategia americana di contenimento della Russia, le sanzioni rimarranno e il commercio bilaterale (poco significativo anche prima delle sanzioni del 2014) avrà una crescita assai limitata.

A dire il vero, c’erano poche aspettative nei confronti di entrambi i candidati: come notava l’analista Maxim Suchkov prima delle elezioni, “con Trump o Biden, è probabile che le relazioni tra Russia e USA peggiorino ancora prima di poter migliorare”. Ciononostante, Biden è temuto più di Trump per via delle sue posizioni forti sulla Russia (che ha definito “the biggest threat to the US”) e dell’enfasi che i Democratici pongono sulle questioni della promozione della democrazia e dei diritti umani. Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha detto che il Cremlino non prevede "niente di buono" per le relazioni con gli USA di Biden. La scelta del nuovo segretario di stato Tony Blinken, del consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e il ritorno al Dipartimento di Stato di Victoria Nuland, definita una “Russia hawk”, vengono letti da diversi analisti come segnali di un ritorno a un periodo di “lecturing” statunitense su democrazia alla Russia. Infatti, Biden ha già chiesto in più occasioni la scarcerazione immediata di Navalny.

Molti esperti russi ritengono che gli USA continueranno ad applicare la loro tradizionale politica del containment anche nei confronti della Cina, ostacolando la corsa cinese al primato tecnologico (specialmente il 5G). In questo senso si prevede un rafforzamento dell’alleanza russa con la Cina e alcuni analisti non esitano a definire Mosca un “porto sicuro” per Pechino.

 

Navalny e New START, gli hot topics dell’agenda USA verso Mosca

Una delle prime azioni annunciate dal Presidente Biden è stata quella di voler rinnovare il trattato sul controllo degli armamenti nucleari, il New START; il rinnovo cinquennale del trattato è stato confermato in seguito alla prima telefonata tra Biden e Vladimir Putin il 26 gennaio. Il trattato, che doveva scadere il 5 febbraio, limita il numero di testate nucleari strategiche, missili e bombardieri che Russia e Stati Uniti possono schierare. Il Cremlino, e lo stesso Putin, aveva sollevato il tema dell'estensione del New START sin dai primi giorni dell'amministrazione Trump. Per i russi, un rinnovo incondizionato dell’accordo non costituiva l’optimum: infatti, una delle tradizionali richieste russe è sempre stata quella di discutere parallelamente la questione dei limiti ai sistemi di difesa missilistica (per esempio, lo scudo antimissile NATO in Polonia, considerato da Mosca una minaccia esistenziale). Tuttavia, la versione attuale dell’accordo va comunque bene a Mosca, data l’assenza di misure di verifica altamente intrusive come l'ispezione in loco. Gli USA di Trump, invece, volevano sia adottare meccanismi di controllo più stringenti sia includere la Cina nell’accordo.

La proposta dell'amministrazione Biden di prorogare il Trattato nella sua versione attuale per cinque anni ha turbato molti, anche in seno alla sua squadra. Victoria Nuland in precedenza aveva affermato che Washington non avrebbe dovuto concedere a Mosca un rinnovo incondizionato del New START, ma solo un rinnovo provvisorio vincolato a negoziati sui recenti investimenti russi sui sistemi di armi nucleari a breve e medio raggio e sulle nuove armi convenzionali, ma anche sulle attività cyber della Russia. Biden ha promesso che eserciterà pressioni su Mosca “su altri fronti”. Nella stessa telefonata a Putin, Biden ha anche sollevato temi spinosi che erano stati trattati con superficialità – o addirittura ignorati – dal suo predecessore: l'avvelenamento e arresto del leader dell'opposizione, Alexei Navalny, il sostegno USA all'Ucraina contro l’“aggressione russa”, la questione delle interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016 e l’attacco informatico "Solar Winds" contro le agenzie governative statunitensi lo scorso anno.

 

La natura “ciclica” delle relazioni USA-Russia

Dall'inizio degli anni '90, le relazioni USA-Russia hanno affrontato una serie di alti e bassi, segnate da numerosi tentativi di reset seguiti, tuttavia, da periodiche crisi. La decade dei 2000, con l’avvento di George W Bush alla Casa Bianca, ha segnato la fine della fine della Guerra Fredda: un periodo in cui le speranze  di incorporare la Russia nell’ordine liberale a guida statunitense hanno lasciato spazio alla ripresa delle tensioni, solitamente attribuita a una crescente belligeranza da parte della leadership di Putin, rafforzata dall'aumento dei prezzi del petrolio. Con Barack Obama, si è assistito a un fragile reset, ovvero un difficile tentativo di migliorare le relazioni, infranto definitivamente dall’annessione russa della Crimea nel 2014 e dalle relative sanzioni occidentali. Quello della Russia con Trump è stato invece un idillio conflittuale: Trump, nonostante avesse da subito manifestato la sua personale simpatia per Putin, ha ereditato una storia di relazioni conflittuali con la Russia. La sua presidenza è stata segnata da un aumento esponenziale delle sanzioni (alcune particolarmente dolorose, come quelle al gigante russo dell’alluminio RUSAL) e dal ritiro dal trattato INF sulle armi nucleari nel 2019. Con Biden, ci si aspetta essenzialmente una continuità con l’era Obama, suggerita dalla conferma di molti funzionari dell’amministrazione Obama che hanno un track record consolidato con la Russia, come Nuland.

Le ragioni alla base della mancata creazione di un rapporto disteso e costruttivo tra le due superpotenze sono state oggetto di molti dibattiti. L'insicurezza e la sfiducia reciproca – anche a livello di popolazione, come molti sondaggi rivelano – hanno caratterizzato le relazioni bilaterali per anni. Alla luce di ciò, una relazione pragmatica capace di perseguire almeno un numero limitato di obiettivi comuni è probabilmente il massimo in cui si possa sperare.

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Tags

Russia USA Vladimir Putin Joe Biden
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AUTORI

Eleonora Tafuro Ambrosetti
ISPI Research Fellow

Image credits (CC BY 4.0): kremlin.ru

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