Aleksei Navalny, famoso oppositore di Putin, sarebbe stato avvelenato. Un caso che ne segue diversi altri. Solidarietà internazionale. Mentre il Cremlino nega ogni responsabilità.
Aleksei Navalny, il più famoso oppositore del presidente russo Vladimir Putin, potrebbe essere stato avvelenato. Al momento Navalny si trova in un ospedale siberiano, collegato a un ventilatore in condizioni gravi ma stabili. Le prime indiscrezioni mediche parlano di un “avvelenamento acuto causato da una sostanza allucinogena non identificata”.
Dopo essere partito da Tomsk, in Siberia occidentale, l’aereo che stava trasportando Navalny ha dovuto compiere un atterraggio di emergenza a Omsk, a poche centinaia di chilometri di distanza. Da quanto dichiarato dalla sua portavoce, prima della partenza Navalny avrebbe bevuto un caffè in aeroporto che potrebbe essere stata l’origine dell’avvelenamento.
Dall’altro lato della barricata, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha inviato al dissidente i “migliori auguri di pronta guarigione”, aggiungendo che non vi è ancora alcun indizio di un effettivo avvelenamento.
Chi è Navalny?
Il quarantaquattrenne Aleksei Navalny è il più famoso oppositore di Putin. Un avvocato di formazione, da tempo è alla testa di campagne anticorruzione, nel corso delle quali ha accusato il partito Russia Unita di essere un posto per “truffatori e ladri” e Putin di “succhiare via il sangue dalla Russia”. Malgrado sia un avversario di Putin, Navalny è una figura controversa anche all’interno dell’opposizione a causa delle sue posizioni nazionaliste. Nel 2014, per esempio, sostenne che l’annessione della Crimea era ormai irreversibile.
Dopo aver lanciato il suo blog nel 2008, Navalny ha cercato di portare alla luce casi di corruzione, per esempio nel caso dei 4 miliardi di dollari trafugati dai vertici della compagnia statale Transneft. Assurto a personaggio simbolo delle opposizioni nel corso delle manifestazioni di piazza del 2011, nel 2013 si è candidato a sindaco di Mosca, piazzandosi secondo con il 27% dei consensi in elezioni contestate. Navalny ha poi cercato di sfidare direttamente Putin alle elezioni presidenziali del 2018, ma la sua candidatura è stata esclusa a causa di una condanna per malversazione di fondi pubblici.
Lo scorso giugno Navalny aveva descritto il referendum costituzionale russo come “un colpo di stato” e una “violazione della costituzione”. La nuova Costituzione russa, che è stata approvata dai cittadini con il 78% dei voti favorevoli, permetterà a Putin di restare presidente fino al 2036, quando avrà 83 anni. Qualche settimana dopo le accuse di Navalny nei confronti di Putin, la Commissione investigativa russa aveva aperto un nuovo fascicolo d’inchiesta a suo carico, accusandolo di aver diffamato un novantatreenne veterano della Seconda guerra mondiale che aveva invece espresso il suo sostegno al referendum.
Al momento dell’avvelenamento, Navalny stava rientrando a Mosca dopo aver fatto campagna in Siberia, in uno dei suoi molti tentativi di espandere l’opposizione a Putin dai territori urbani, dove è più radicata, verso i territori russi più rurali e remoti.
Quali sono i precedenti?
Navalny è solo l’ultimo di una lunga lista di oppositori del Cremlino a ritrovarsi afflitto da improvvise quanto inspiegabili emergenze. Non solo: lo stesso Navalny potrebbe essere già stato oggetto di un tentato avvelenamento l’anno scorso, quando durante un periodo in carcere era stato ricoverato per quella che ufficialmente era stata diagnosticata come una “reazione allergica”. In quel caso, il ricovero era avvenuto il giorno dopo una protesta di piazza a Mosca che aveva portato all’arresto di più di 1.000 oppositori di Putin.
Tra i più famosi casi recenti di avvelenamento va sicuramente ricordato quello di Sergei Skripal, ex spia russa, e di sua figlia Yulia, avvenuti nel marzo del 2018 a Salisbury, nel Regno Unito, per mezzo di un agente nervino. Skripal era stato condannato per alto tradimento dalla Russia nel 2006, ma era poi stato oggetto di uno scambio di prigionieri tra Russia e Stati Uniti nel 2010.
Altri tre casi assurti agli onori delle cronache si raccolgono nello spazio di tre anni, tra il 2004 e il 2006. Nel 2004 la giornalista Anna Politkovskaya si sentì male dopo aver bevuto del tè su un aereo che l’avrebbe dovuta condurre in Ossezia del Nord per aiutare il negoziato che, una volta fallito, condusse alla strage di Beslan. Sopravvissuta, sarebbe stata uccisa nel 2006.
Sempre nel 2004 anche Viktor Yushchenko, già Primo ministro dell’Ucraina e all’epoca candidato pro-occidentale nel corso della rivoluzione arancione, fu avvelenato con la diossina durante la sua campagna elettorale presidenziale. Riuscì comunque a sopravvivere e poi a vincere, restando in carica come presidente dell’Ucraina dal 2005 al 2010.
Nel 2006, infine, fu il turno di Alexander Litvinenko, ex spia russa e dissidente, avvelenato con una dose polonio-210 che gli era stata sciolta nel tè. Litvinenko aveva lasciato la Russia nel 2000 ed era divenuto un famoso critico di Putin e dei servizi segreti russi. Due anni prima di essere ucciso, lo stesso Litvinenko rilasciò un’intervista al New York Times nella quale spiegava l’utilizzo del veleno da parte dei servizi segreti russi nel caso dell’avvelenamento di Yushchenko: “All’interno della nostra agenzia si ritiene che il veleno non sia che una delle tante armi a disposizione, come una pistola. Non è qualcosa di strano, come appare in Occidente. È semplicemente un mezzo come tanti”.
Qual è la situazione politica in Russia?
Al referendum costituzionale, rimandato da aprile a luglio a causa dell’emergenza COVID-19, la nuova Costituzione della Federazione russa fortemente voluta da Putin è stata approvata con il 78% dei voti a favore. Questo permetterà a Putin di restare in carica come presidente fino al 2036, dopo aver governato il paese (da presidente o da primo ministro) dal 1999.
Malgrado il segnale di forte approvazione popolare che sembra discendere da questo risultato, il sostegno di cui gode il presidente sembra essere in calo, con gli ultimi sondaggi indipendenti che segnalano un gradimento per il presidente in calo, da un picco dell’89% nel 2015 al 60% dello scorso luglio. Inoltre, proprio il Levada Centre notava come a fine giugno un 44% dei cittadini russi fosse contrario all’emendamento costituzionale che avrebbe permesso a Putin di restare in carica fino al 2036. Solo a maggio, infine, il governo russo sembrava in forte difficoltà nel gestire gli effetti della pandemia di COVID-19 nel paese, con il primo ministro Michail Mishustin ricoverato dopo aver contratto l’infezione e una contrazione economica anno su anno prevista al 16% (dunque superiore al -13% previsto per l’Italia).
Sempre sotto il profilo economico, l’economia russa ha fatto segnare un calo dell’8,5% nel secondo trimestre dell’anno, solo di poco inferiore al -9,1% fatto registrare durante la crisi del 1998. E in un paese fortemente dipendente dalle rendite provenienti dalla vendita degli idrocarburi, un prezzo del petrolio ancora fermo intorno ai 40 dollari al barile rappresenta una delle più grandi sfide per le casse statali, proprio mentre il paese avrebbe bisogno di un nuovo stimolo.
IL COMMENTO
di Eleonora Tafuro, analista ISPI, Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale
“L'avvelenamento offre certi “vantaggi” a chi lo pratica: innanzitutto quello della segretezza. È difficile risalire agli autori del gesto con facilità e con certezza. In questo senso condivide dei tratti di somiglianza con altre tecniche di hybrid warfare che la Russia è stata accusata di mettere in atto, per esempio gli attacchi cibernetici.
Si tratta inoltre di un mezzo che può colpire la vittima senza ucciderla. Si può usare l'avvelenamento per intimidire un avversario, senza per questo essere accusati di averlo ucciso e dunque suscitando minore reazione internazionale. Ecco perché, malgrado esistano oggi metodi più rapidi ed efficaci per disfarsi di un oppositore, quella dell’avvelenamento resta una opzione percorribile anche a chi dispone di mezzi ben più sofisticati”.