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Daily focus
Russia: Navalny va in carcere
03 febbraio 2021

Alexei Navalny dovrà scontare 3 anni e mezzo di carcere. Mosca sfida la comunità internazionale e condanna l’oppositore al massimo della pena prevista.

 

Alexei Navalny resterà in carcere per 3 anni e sei mesi, da cui però va sottratto l'anno di arresti domiciliari già effettuato. Lo hanno stabilito i giudici, commutando in pena detentiva la condizionale relativa ad una condanna pendente dal 2014. Secondo il tribunale, l’oppositore russo - ricoverato in un ospedale a Berlino da agosto ai primi di gennaio, in seguito ad un tentativo di avvelenamento, e poi arrestato lo scorso 17 febbraio a Mosca  – avrebbe violato i termini della sospensione di pena e pertanto dovrà rimanere in carcere. Fuori dall’aula dove i suoi sostenitori si erano riuniti, oltre 311 persone sono state arrestate delle forze dell’ordine, mentre il conteggio dei fermi alle manifestazioni di domenica scorsa continua a salire e ha sfondato quota 5.400, un vero e proprio record. Intanto iniziano a fioccare i procedimenti penali - ben più pesanti degli arresti amministrativi - nei confronti di chi è sceso in piazza. Misure assolutamente giustificate, per il Cremlino, quando si ha a che fare con “teppisti e provocatori”. Dopo giorni di tensioni e un duro botta e risposta con Stati Uniti e Unione europea, il Cremlino cala dunque la scure sull’oppositore e avverte Bruxelles: “ci auguriamo che l'Unione europea  - ha detto il portavoce Dimitri Peskov - non commetta la sciocchezza” di collegare “le prospettive delle relazioni Russia-Ue al caso di questo detenuto”.

 

 

Giustizia farsa?

“Non potevo venire a firmare, ero in coma in ospedale. Vi ho mandato le cartelle cliniche che lo provano. Non le avete lette?” ha risposto un Navalny piuttosto nervoso, ai giudici che lo interrogavano sul perché avesse violato i termini di sospensione della condanna. Poco prima aveva detto, “Il punto di questo processo non è se io andrò o meno in galera. L'obiettivo è mettere paura, imprigionarne uno per spaventarne 20 milioni”.

Quella in seguito alla quale Navalny finirà in carcere è una condanna per un processo del 2014 che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha definito “arbitrario e irragionevole” Il dissidente e il fratello Oleg furono giudicati colpevoli di storno e riciclaggio ai danni di due filiali della società di cosmetici francese Yves Rocher. La frode – secondo l’accusa – riguardava 30 milioni di rubli, circa 330mila euro, sottratti all’azienda sotto forma di commissioni indebite. Navalny, sostiene ora la procura, avrebbe violato i termini della condanna che prevedeva l’obbligo di due firme mensili, fino a dicembre 2020. Ma l’oppositore ha trascorso cinque mesi, da agosto ai primi di gennaio, a curarsi in Germania dopo il tentativo di avvelenamento ordinato secondo lui – e secondo molte ricostruzioni – dai servizi di sicurezza russi.

 

Europa a disagio?

La Russia si augura che l'Unione europea “non commetta la sciocchezza” di collegare “le prospettive delle relazioni Russia-Ue al caso di questo detenuto”: lo ha dichiarato il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, poche ore prima del pronunciamento della sentenza su Navalny. L’arresto e la condanna dell’oppositore sono stati accolti con un misto di malessere e disagio in Europa e in Germania, dove Navalny è stato curato dopo il tentativo di avvelenamento. Parigi ha formalmente chiesto alla Germania di abbandonare il progetto Nord Stream 2, il raddoppio del gasdotto che a breve entrerà in funzione, aumentando le forniture di metano russo. E l'Alto Rappresentante Ue Josep Borrell, a Mosca dal 4 al 6 febbraio, dovrebbe discutere anche del caso Navalny col ministro degli Esteri russo Lavrov. Siamo ad un bivio. E se l’Europa è chiamata a dare risposte coerenti con i propri valori, il rischio è che il Cremlino, in risposta, si arrocchi ancor più nella repressione e nel rifiuto di qualsiasi apertura. Anche per questo, Peskov ha spiegato che un eventuale incontro tra Borrell e Navalny non può essere autorizzato dal Cremlino ma “dagli investigatori e dai giudici, in modo diverso nelle diverse situazioni”. Il portavoce del Cremlino ha poi aggiunto di non vedere alcuna ragione perché i due si incontrino. "Non sono parenti, non si conoscono, non sono nessuno (l'uno per l'altro)” ha precisato.

 

Una figura controversa?

La popolarità di Alexei Navalny è più ampia all’estero che in Russia. Anche per questo, le reazioni di Mosca a quelle che definisce “interferenze occidentali” sono particolarmente ferme. In molti, tra gli osservatori internazionali ritengono che le manifestazioni delle ultime settimane siano così partecipate perché uniscono alle proteste per l’arresto, il malcontento di buona parte dell’opinione pubblica, stanca della cattiva gestione e della corruzione della classe dirigente al potere. Quanto ad Alexei Navalny, la sua è una figura controversa: ha al suo attivo una lunga militanza nei movimenti nazionalisti e xenofobi e pochi in realtà sembrano conoscere le sue reali posizioni in politica estera e interna. Perciò, come fa notare Alexander Baunov, se le proteste dei giorni scorsi “sono state innegabilmente anti-regime, anti-elite e anti-corruzione, ciò non vuol dire che siano necessariamente liberali, filo-occidentali e favorevoli alla democrazia. Non sorprende che tali proteste spaventino non solo le autorità, ma anche i membri di spicco della società russa: anche tra quelli che non si considerano sostenitori del regime”.

Questo non vuol dire che non si debba protestare contro la sua ingiusta detenzione e sostenere il popolo russo contro la corruzione e per la libertà d’espressione. Ma a volte il tempismo è tutto. E mentre in un altro paese, a migliaia di chilometri di distanza, un colpo di stato riporta in primo piano - con tutte le sue luci ed ombre -  il personaggio di Aung San Suu Kyi, e il rinnovo della detenzione dell’attivista Patrick Zaki in Egitto non ottiene la stessa eco del caso russo, una riflessione si impone. “Prima smetteremo di santificare gli oppositori politici – osserva Anatol Lieven - nella speranza che una volta al potere facciano miracoli, meglio sarà per la politica estera degli Stati Uniti”. Per l’Europa vale lo stesso.

 

 

Il commento

Di Eleonora Tafuro Ambrosetti, ISPI Research Fellow Programma Russia e Caucaso

  

“È ufficiale: la sentenza inflitta a Navalny, annunciata dal sito affiliato al Cremlino RT addirittura prima che la giudice finisse di leggere il verdetto, sancisce la strada scelta del governo russo per "gestire" l'oppositore anticorruzione e le proteste da lui organizzate. Meglio tenere Navalny in prigione per limitare la sua attività politica, rischiando di dare più impeto alle proteste, che rilasciarlo mandando un segnale di debolezza fuori e dentro il paese”. 

 

 

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications) 

 

 

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