Con la conclusione del vertice 2021 dell’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione (SCO) a Dushanbe in Tagikistan il riavvicinamento tra Cina e Russia è tornato al centro del dibattito internazionale. L’intesa di cui Mosca e Pechino hanno dato prova riguardo alle attuali tematiche internazionali, tra cui la questione afgana, pone di nuovo l’attenzione su una serie di interrogativi. Tra di essi la domanda su quanto sia funzionale al loro rapporto di mutua cooperazione, il contenimento dell’unipolarismo americano e sulla sopravvivenza del partenariato sino-russo se e quando la Cina conquisterà una posizione ancor più predominante sulla scena internazionale.
Guardando al presente, la relazione tra Cina e Russia sembra preservare una base solida, che permette a entrambi di mantenere un dialogo proficuo, favorito dalla simpatia reciproca tra Xi Jinping e Vladimir Putin che inevitabilmente ne rafforza l’intesa. D’altro canto, è difficile ignorare il ruolo, sempre più prorompente, che la Cina ricopre nel mondo e che potrebbe finire per irritare la Russia che, da sempre, mal sopporta di essere relegata a una posizione minoritaria che sbilancia i rapporti di potere in favore di Pechino.
Cina, Russia e i rischi di una relazione asimmetrica
A partire dalla crisi del 2008, la relazione tra Cina e Russia si è fatta sempre più asimmetrica. La “svolta verso Oriente” della presidenza di Dmitry Medvedev (2008-12) si è trasformata in una “svolta verso la Cina” a causa del fallimento di Mosca nell’instaurare relazioni più profonde e durature con il resto dei Paesi dell’Indo-Pacifico. Ciò ha determinato lo sviluppo di un’eccessiva dipendenza russa nei confronti di Pechino che, se mal calibrata, corre il rischio di stravolgere il periodo di convergenza attualmente vissuto dai due Paesi.
Da un punto di vista economico, la Cina è infatti diventato il principale partner commerciale di Mosca sia in termini di import che di export. Nel 2020, la bilancia commerciale tra le due potenze, per esempio, si era chiusa a favore di Pechino con un surplus di circa 6 miliardi di dollari. Per la maggior parte, la Russia continua a esportare risorse energetiche in Cina tanto che, prima dello scoppio della pandemia, il petrolio greggio rappresentava ben il 60% di tutte le esportazioni russe verso la Repubblica popolare Tuttavia, la strategia di sicurezza energetica (nengyuan anquan de sixiang, 能源安全的思想) della Cina – volta a diversificare la provenienza delle proprie risorse nel breve periodo e trasformare il mix energetico a lungo termine – ha spinto Pechino verso i paesi del Golfo Persico, l’Africa occidentale e il Sud America tanto che Arabia Saudita, Iraq, Brasile e Angola hanno raggiunto la Russia tra i principali fornitori di greggio cinese. La domanda dall’Arabia Saudita, in particolare, ha perfino superato quella da Mosca. A causa della relazione asimmetrica tra i due Paesi che vede Pechino in posizione predominante, quindi, sarebbe la Russia a dover pagare il prezzo più alto di qualsiasi variazione al ribasso nelle richieste di approvvigionamento energetico cinese tanto da rischiare di dover mettere in discussione il raggiungimento degli obiettivi di modernizzazione economica nazionale.
Inoltre, seppur concordi nel promuovere un’idea di ordine mondiale che vada ad allontanarsi dall’unipolarismo statunitense, Russia e Cina hanno dimostrato di avere idee molto diverse sul grado di anti-americanismo da promuovere. Se Mosca, per esempio, da sempre spinge per la creazione di un asse anti-americano che coinvolga la Cina e diverse potenze minori dello spazio post-sovietico, Pechino si è mantenuta più cauta, continuando a preferire un certo grado di ambiguità strategica. Un esempio è l’inconsistenza dell’approccio agli USA della SCO – un’istituzione lanciata da Cina e Russia nel 2001 e che, da anni, vede affiancare al summit annuale multilaterale anche incontri bilaterali tra Mosca e Pechino, come quello svoltosi virtualmente lo scorso 17 settembre – che, nonostante le numerose proposte di Mosca nel corso degli anni, non si è mai apertamente
sviluppata secondo un impianto anti-americano.[1]
Cina, Russia e il mondo multipolare
Al contrario, tra i temi più rilevanti su cui Cina e Russia convergono, vi è quello del multipolarismo, citato, fin dalla metà degli anni Novanta, nei documenti che nel tempo hanno sancito l’approfondimento del loro partenariato. All’interno di un ordine multipolare, difatti, Cina e Russia operano da protagoniste, riscattandosi – seppur perseguendo strategie diverse – dall’unipolarismo statunitense, in virtù di un mondo più plurale. Contrastare l’egemonia americana diventa così funzionale al conseguimento di un scenario internazionale nel quale partecipa un numero maggiore di Stati e si stabiliscono relazioni, secondo la narrazione diffusa sia da Mosca che da Pechino, più democratiche – laddove, il termine democratico non si riferisce alla naura dei governi, quanto all’aspirazione a rappresentare gli interessi dei diversi attori sulla scena internazionale.
Nell’intento di perseguire un ambiente internazionale nel quale agire come poli indipendenti, Cina e Russia non soltanto si sono avvicinate, superando il senso di sfiducia reciproca che ne aveva compromesso le relazioni in passato, e rafforzando quello che oggi a molti sembra essere un solido rapporto di cooperazione. Piuttosto, si fanno promotori di un ordine diverso, e per certi versi alternativo a quello sostenuto dall’Occidente, ovvero, solidale esclusivamente con chi è concorde con l’adozione e la diffusione di norme e pratiche liberali. Il discorso sul multipolarismo pertanto risulta gradito alle potenze minori soprattutto ai Paesi del Sud-Est asiatico, dell’Asia centrale e dell’Europa orientale, e in particolare quelle non-occidentali, che soprattutto la Cina, attraverso la Belt and Road Initiative, si è dimostrata in grado di attrarre. Un progetto, quello per una nuova Via della Seta, che offre inoltre l’opportunità di promuovere una governance più equa – si veda il caso dell’Asian Infrastructure Investment Bank dove neppure Pechino ha potere di veto – coerentemente con la visione di multipolarismo condivisa da entrambi Paesi. A tal fine, Cina e Russia rivendicano in maniera congiunta anche il rispetto di un nucleo ridotto, ma inviolabile, di princìpi, quali la sovranità nazionale, l’integrità territoriale e la non-interferenza. Tuttavia, il Cremlino ha più volte eluso quest’ultimo principio in quella che percepisce come la propria sfera di influenza, come avvenuto nel 2008 in Georgia, e in Ucraina, a partire dal 2014. Ciò solleva, assieme alla diffidenza che persiste quanto si tratta di sicurezza e difesa dei propri interessi strategici, criticità sulla capacità di Cina e Russia di intendersi e continuare ad avere obiettivi comuni nel lungo periodo.
La centralità del vicinato
L’aspettativa condivisa da alcuni osservatori che gli Stati Uniti possano sfruttare l’esistenza delle divergenze che permangono tra le due potenze per allontanare l’una dall’altra, tuttavia, sembra ancora oggi di difficile realizzazione. Come scrive Sergey Radchenko dell’Università Johns Hopkins, la storia ha insegnato a Russia e Cina quanto sia vantaggioso per entrambe mantenere buoni rapporti di vicinato, ed il presente non fa che mostrar loro, almeno per il momento, i benefici del fare fronte comune.
C’è da aspettarsi, quindi, che i due Paesi continueranno a fare in modo di appianare le criticità della loro relazione proprio per evitare ingerenze di terze parti, soprattutto da parte americana. Nonostante l’attivismo cinese nel mondo sia poco gradito a Mosca, e la tendenza russa a violare alcune istituzioni cardine per Pechino, come la non-interferenza, in difesa della propria sicurezza e di rappresentare una potenza regionale, il futuro delle relazioni tra Russia e Cina continua a profilarsi come caratterizzato da quel principio ben sintetizzato dal famoso proverbio “un vicino è più utile di un parente lontano” (yuanqin buru jinling, 远亲不如近邻).
Seppur al momento, quindi, non si prevedano imminenti battute di arresto, rimane necessario tener conto dei vari e potenziali punti di attrito che potrebbero rendere instabile il partenariato sino-russo, nonché del fatto che lo sviluppo di una cooperazione più profonda in settori specifici rimane di difficile realizzazione come dimostrato, per esempio, dalla mancanza di sinergia nella produzione e distribuzione dei vaccini a seguito dello scoppio della pandemia da Covid-19. Unica eccezione riguarda il mercato del gas, dove la costruzione del gasdotto Power of Siberia 2, garantirà alla Russia una posizione di primo piano nelle forniture energetiche cinesi negli anni a venire.
[1] Le azioni più rilevanti, in questo senso, comprendono il diniego alla partecipazione degli Stati Uniti ai meeting SCO in qualità di osservatore e la richiesta di un framework di chiusura delle basi americane in Asia Centrale.