G20 Salute Globale: lezioni per il futuro | ISPI
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Commentary

Salute Globale: lezioni per il futuro

Simone Urbani Grecchi
10 settembre 2021

In occasione del recente summit dei Ministri della Salute del G20 grande risalto è stato dato al raggiungimento di un accordo per fronteggiare l’attuale pandemia e prevenire altri eventi epidemiologici globali. In particolare, nella dichiarazione finale è stato enfatizzato il conseguimento di alcuni importanti obiettivi, tra cui (a) un rinnovato impegno per una più equa distribuzione di vaccini e medicine a livello globale; (b) la volontà di coordinare meglio le politiche sanitarie; (c) l’importanza di alzare i livelli di preparazione e risposta a possibili simili eventi futuri; (d) la condivisione dell’obiettivo di immunizzare il 40% della popolazione mondiale entro la fine dell’anno.

Obiettivi senza dubbio ambiziosi, che riprendono in gran parte le raccomandazioni prodotte a maggio dall’Independent Panel for Pandemic Preparedness & Response (IPPPR). Soprattutto, obiettivi sfidanti se analizzati nel contesto dell’intervento del direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), Tedros Gebreyesus, che ha rimarcato come siano “le nazioni del G20 ad essere in possesso delle chiavi per ottenere una distribuzione più equa dei vaccini e per far terminare la pandemia”.

 

Salute pubblica: una governance deficitaria

Tale dichiarazioni, al tempo stesso diplomatiche e costruttive, possono apparire conciliatorie. Ma un’analisi più approfondita rivela in realtà che le considerazioni del direttore generale sono un’elegante sintesi dei principali problemi di cui soffre la global governance nel settore della salute pubblica e che rendono particolarmente complicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dal summit ministeriale.
(1) Innanzitutto, seppur indirettamente, tali affermazioni sembrano sottolineare la limitatezza del raggio d’azione dell’OMS. Come dimostrato dagli eventi degli ultimi anni, non è infatti l’OMS, nonostante il suo (teoricamente ampio) mandato costituzionale, a coordinare gli sforzi per un’equa suddivisione dei vaccini a livello internazionale. Inoltre, nonostante la sottoscrizione di protocolli sulla preparazione agli eventi epidemiologici, non è l’OMS l’organismo in grado di vigilare efficacemente sull’operato degli Stati membri. A sottolineare il potere di cui godono i singoli Paesi in seno agli organismi internazionali, non dovrebbe dunque sorprendere che l’accorato appello di Gebreyesus sia rivolto a un gruppo di influenti nazioni, tutte membri dell’OMS e in grado di condizionarne significativamente il raggio d’azione, come testimoniato dalla facoltà di (a) impedire la pubblicazione di informazioni relative a potenziali rischi sanitari sul loro territorio, (b) negare l’autorizzazione a ispezioni/indagini da parte dell’OMS. 
 
(2) Il problema politico-istituzionale si riflette poi anche sugli aspetti economico-finanziari dell’organizzazione. Come espressamente sottolineato dallo stesso Gebreyesus nel suo intervento, l’OMS gode di scarsa discrezionalità nella gestione dei fondi che riceve (nel 2020, circa 4,3 miliardi di dollari). Problema comune a tutti gli enti pubblici, nazionali e multilaterali, nel caso dell’OMS è particolarmente evidente, essendo marcata la sproporzione tra la quota di contributi liberamente utilizzabili (assessed contributions, 20% del budget) rispetto a quelli già allocati dai soggetti donatori a specifici progetti di interesse dei singoli Stati (voluntary contributions, 80%). Anche in questo caso, quindi, più che ipotetiche carenze da attribuire all’OMS per se sono gli stessi meccanismi di allocazione dei fondi (stabiliti dagli Stati membri) a determinare il grado di indipendenza e i margini di manovra dell’organizzazione. 
 

Prevenzione e rapidità decisionale: le “medicine” del futuro

In prospettiva, rimangono molteplici aspetti di incertezza nella gestione delle crisi epidemiologiche internazionali. Come ha ribadito l’IPPPR in una recente audizione presso le Nazioni Unite, risulterà cruciale assicurarsi che (a) le future crisi sanitarie non abbiano l’impatto economico e sociale del Covid-19; (b) vengano utilizzati tutti gli strumenti di politica sanitaria in grado di contenere una pandemia. In questo contesto, il lavoro sembra essere ancora molto lungo, per svariati motivi. 
(1) Con quali strumenti di global governance verrà affrontato un nuovo evento pandemico? Tedros Gebreyesus indica il miglioramento in questo campo come una delle quattro aree di sviluppo, ma molto dipenderà dalla volontà delle singole nazioni di dotare gli organismi sovranazionali o multilaterali di quelle capacità decisionali di cui oggi godono solo in parte e che invece risultano di particolare rilevanza (prevenzione, vigilanza, intervento). I problemi strutturali dell’OMS (e di molte altre organizzazioni multilaterali) sono infatti la conseguenza del comportamento dei singoli Stati che, da un lato, spesso auspicano un maggior coordinamento a livello di istituzioni internazionali e un rafforzamento della multilateralità e, dall’altro, all’atto pratico, appaiono recalcitranti a cedere o delegare le proprie funzioni ad organismi internazionali o sovranazionali;
(2) Come illustrato dall’IPPPR, è auspicabile che la revisione della global governance porti all’utilizzo di tutti gli strumenti di politica sanitaria per combattere la pandemia. Tra questi, maggiore impulso dovrebbe essere dato alla diffusione capillare degli svariati protocolli farmaceutici già testati con promettenti risultati, vista l’elevata capacità di molti farmaci già oggi in commercio di (a) curare l’infezione; (b) prevenire le ospedalizzazioni legate al Covid-19 e, in ultima analisi, (c) ridurre sensibilmente il rischio di nuove chiusure delle attività produttive/commerciali. Pur sovrastata (anche mediaticamente) dalla corsa al vaccino, la ricerca farmacologica ha infatti prodotto in questi ultimi mesi importanti protocolli che, se applicati su scala globale, avrebbero permesso di ridurre significativamente il tasso di occupazione delle unità di terapia intensiva. 
Inoltre, ampio sostegno (politico e finanziario) dovrà essere accordato all’utilizzo di anticorpi monoclonali e immunosoppressori. Prevista per il prossimo mese di ottobre, l’approvazione di questi strumenti terapeutici da parte delle competenti autorità europee dovrebbe permettere di utilizzare, oltre ai vaccini, un portafoglio di almeno tre nuove terapie anti Sars-CoV-2 entro fine anno;
(3) Nonostante la grande attenzione dedicata al tema della solidarietà globale, le stesse nazioni che in occasione delle precedenti pandemie dichiaravano che il ‘nazionalismo dei vaccini’ non avrebbe dovuto più ripetersi sono state tra le più rapide nell’assicurarsi in anticipo la maggior parte delle forniture anti Covid-19. Gli obiettivi racchiusi nello slogan “nobody is safe until everybody is safe” sembrano dunque di difficile realizzazione se (a) come ha sottolineato il direttore generale dell’OMS, il 75% delle dosi di vaccino è stato ad oggi somministrato in soli dieci Paesi (e solo il 2% in Africa); (b) lo stesso COVAX, il programma supportato dalle Nazioni Unite per affrontare la diseguaglianza vaccinale a livello globale, ha recentemente annunciato una riduzione delle dosi di vaccino che prevede di distribuire entro l’anno. Esistono strumenti di policy per neutralizzare questa tendenza? Risulta difficile ipotizzarli, anche alla luce degli scarsi risultati raggiunti dal dibattito sull’opportunità di sospendere, anche solo temporaneamente, la validità dei brevetti sui vaccini; 
(4) Prevenzione. Come stanno dimostrando i decessi in presenza di Sars-CoV-2, la quasi totalità dei casi (secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, il 97,1%) è caratterizzata da un’elevata comorbidità, legata alle malattie non trasmissibili (in inglese NDC, tra cui disturbi cardiovascolari e respiratori, diabete, obesità) provocate da abitudini alimentari e stili di vita insalubri. Sostenuta in maniera abbastanza limitata dall’OMS, che può dedicare solo il 45% dei fondi liberi  a questa tipologie di malattie, la prevenzione per mitigare le crisi epidemiologiche dovrebbe quindi partire da misure concrete nel campo delle NDC, anche alla luce dei costi in termini di vite umane che due pandemie ‘dimenticate’ come il fumo (secondo le statistiche dell’OMS, otto milioni di decessi all’anno) e l’obesità (quasi tre milioni all’anno) sono in grado di generare. Da decenni.
Contenuti correlati: 
Global Watch: Speciale Geoeconomia n.70

Ti potrebbero interessare anche:

Web3: utopia o rivoluzione?
Alberto Guidi
ISPI
Arriva l'ora del Greenshoring?
Andrea Noris
Marazzi&Associati
,
Francesca Sanguineti
UNIPV - Oss. Re-Value Chains
Auto elettrica: le tre armi della Cina
Davide Tentori
ISPI
Energia UE: cinque scomode verità
Massimo Lombardini
ISPI
G7: investimenti contro il Dragone?
Alessandro Gili
ISPI
Alla canna del gas
Matteo Villa
ISPI
,
Chiara Gesmundo
ISPI

Tags

Geoeconomia salute
Versione stampabile

AUTORI

Simone Urbani Grecchi
Analista - Esperto di Geopolitica

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157