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UE

Sanzioni: cala il sipario sugli scambi con Mosca

Fulvio Liberatore
15 aprile 2022

Molti autori ormai ritengono che il multilateralismo sia giunto ai suoi ultimi sospiri o, nella migliore delle ipotesi, stia boccheggiando sotto i colpi delle alleanze plurilaterali. In effetti, il quadro (talora molto confuso!) delle “sanzioni” (che sarebbe più opportuno chiamare “restrizioni” - come peraltro ha scelto di fare l’Unione Europea nei suoi documenti legislativi - visto che i loro effetti vorrebbero essere persuasivi e non punitivi) verso Russia, Bielorussia e Oblast di Donetsk e Luhansk evoca, se non altro, un intento di ispirazione multilaterale: metodi e stile delle restrizioni sono volti a creare un ampio consenso a livello globale, rendendosi leggibili finanche al Paese che di tali restrizioni è bersaglio.

Esse, infatti, indipendentemente dalla loro successione nel tempo, si appoggiano su quelle già imposte da ben 8 anni verso la Russia (con il Regolamento (UE) 833/2014) e da addirittura 16 anni  verso la Bielorussia (con il Reg. (UE) 765/2006). Nel solco di tale precisa volontà, di sapore non solo tecnico ma anche inevitabilmente politico, quasi a voler sottolineare la dimensione “espansiva” delle restrizioni, tutti i provvedimenti adottati si configurano come modifiche, integrazioni e precisazioni dei due Regolamenti “di partenza”: è ad essi che faremo necessariamente riferimento.

 

Il quinto pacchetto: cambio di passo?

Il c.d. “quinto pacchetto”, articolato in 4 Regolamenti e 3 Decisioni (PESC), pubblicato ed entrato in vigore il 9 aprile 2022, pur se con effetti talora posticipati (anche solo per correlazione logico-temporale), letto e riletto con uno sguardo ai suoi obiettivi e ai metodi impiegati si presenta anch’esso come una continuazione (coerente) di quanto già imposto con i precedenti provvedimenti.

La complessa generazione delle restrizioni, adottate a seguito di un processo negoziale molto serrato e continuo tra Stati membri e Consiglio UE sviluppatosi anche con il confronto con i Paesi “partner” (ad oggi, formalmente, esclusivamente gli Stati Uniti d’America e, proprio dal 9 aprile, il Giappone) ha portato a provvedimenti di ampia portata: dalle restrizioni di natura finanziaria (talora molto aspre) a quelle volte a colpire specifiche persone ed entità (le cosiddette. sanzioni individuali) fino a quelle che colpiscono lo scambio o anche il semplice trasferimento di beni: la nostra lettura sarà, qui, specificamente orientata all’analisi di tale ultimo aspetto delle restrizioni, con lo scopo di disegnare il quadro nel quale si dovranno muovere le imprese dell’Unione intenzionate a continuare le proprie operazioni con Russia e Bielorussia.

Vale qui anche la pena di soffermarsi qualche istante sul talora forzoso parallelismo tra le restrizioni imposte alla Russia e quelle attivate verso la Bielorussia. Innanzitutto, mentre le restrizioni imposte alla Russia si incardinano su un impianto tutto sommato coerente con quello attuale (sono costruite tutte, appunto, come modifiche e integrazioni del Regolamento (UE) 833/2014, adottato a fronte dell’invasione della Crimea da parte della Russia), quelle adottate nei confronti della Bielorussia si appoggiano su restrizioni incardinate in risposta ad azioni liberticide perpetrate dal governo bielorusso nel (lontano) 2006 e, pertanto, caratterizzate in modo alquanto diverso rispetto al conflitto attualmente in corso.  Al di là di tale oggettiva differenza di impianto, va osservato che le restrizioni verso la Bielorussia, inizialmente molto più severe di quelle adottate nei confronti della Russia, sono poi rimaste sostanzialmente le stesse a fronte di una progressiva espansione delle restrizioni verso la Russia.

Infatti, con il Reg. 2022/355 la UE colpiva, vietandone l’esportazione verso la Bielorussia, oltre ai prodotti a duplice uso, numerosi prodotti ricadenti nei capitoli da 84 a 90 del Sistema Armonizzato e vietava l’importazione di numerosi prodotti industriali in diversi settori pur non includendo, nell’apparato restrittivo verso la Bielorussia, i prodotti destinati a rafforzare le capacità militari della Russia. La Bielorussia non è stata colpita dalle restrizioni sui beni di lusso né dal divieto di import di prodotti siderurgici, adottate con il “quarto pacchetto” (Reg. (UE) 2022/428) né è stata colpita dalle restrizioni “oggettive” (ossia sui beni e le tecnologie oggetto di scambio o anche di semplice trasferimento) adottate con il quinto pacchetto.

Cercando di ricostruire un disegno più generale, e anche dinamico, delle restrizioni sui trasferimenti e sugli scambi di beni, a partire dal primo pacchetto e giungendo fino al quinto, per quanto possibile e relativamente “a caldo” non si può non notare il progressivo cambio di passo nell’approccio dell’Unione al sistema di restrizioni: partendo da un quadro relativamente “leggero”, destinato a colpire principalmente prodotti strategici (duali e funzionali al rafforzamento militare della Russia), si è giunti, con intensità crescente, a un vero e proprio embargo quasi totale e senza precedenti (se vogliamo escludere il caso della Corea del Nord) nella storia delle restrizioni adottate dall’Unione. E se con il quarto pacchetto la UE ha introdotto l’inedita limitazione all’esportazione (sia pure a titolo non oneroso!) dei beni di lusso, oltre che il divieto di importazione di prodotti della siderurgia in senso estremamente ampio, il quinto pacchetto rappresenta un vero e proprio muro, seppur non impenetrabile, agli scambi, di qualsivoglia natura, diretti e indiretti, di beni destinati a persone di diritto russo e a essere utilizzati in Russia.

 

I mattoni per erigere barriere ai commerci

Andando oltre le necessariamente sommarie e asciutte sintesi fornite dalla stampa, dalle associazioni industriali e dagli organi di governo dell’Unione, cerchiamo di capire con quali mattoni è stato eretto.

Partendo, anzitutto, dal radicale blocco dei trasporti su strada operati da “imprese di trasporto” russe e bielorusse (locuzione che finisce per comprendere anche i singoli trasportatori che agiscono individualmente) e dal divieto di attracco delle navi russe nei porti dell’Unione (salvo si trovino a trasportare, oltre che gas, petrolio e carbone - fermo restando che il trasporto di carbone e derivati sarà possibile solo fino al 10 luglio 2022 - materie prime ritenute di primaria importanza per le industrie UE come titanio, alluminio, rame, nichel, palladio, minerali di ferro, nonché taluni prodotti chimici e ferrosi).  Salvo, pertanto, il “periodo di grazia” (che termina il 16 aprile 2022) e, salve le limitate, consuete e ovvie eccezioni (collegate a scopi umanitari, fornitura di rappresentanze diplomatiche, prevenzione di catastrofi e particolari materie prime), non vedremo più camion russi e bielorussi sulle nostre strade: eventuali trasporti di merci lecite verso la Russia e la Bielorussia (o provenienti dai due Paesi) dovranno avvenire con imprese di traporto non registrate in Russia o Bielorussia.

Se tale provvedimento potrà avere conseguenze anche molto gravi sui traffici, con aumenti significativi dei già alti costi dei trasporti, è pur vero che in tal modo si potrebbero blindare assai più efficacemente gli effetti delle restrizioni oggettive: le imprese registrate nella UE e nei Paesi non coinvolti nel conflitto dovrebbero tendere a osservare più rigorosamente le limitazioni gravanti sugli scambi.

Ed è proprio la mappa delle restrizioni oggettive che ha subito un’evoluzione “per salti”, a differenza di quanto accaduto per le altre tipologie di restrizioni che vedono, da un lato, un incremento lineare e prevedibile dei soggetti “listati” e, dall’altro, l’inasprimento delle restrizioni sui movimenti finanziari, anch’esse evolutesi in modo prevedibile e tutto sommato lineare. Ciò, chiaramente, salve le limitazioni poste ai depositi di importo superiore ai 100.000 euro nelle banche dell’Unione, che contengono  a dire il vero una limitazione ma anche una soluzione per assicurare il pagamento degli acquisti leciti da parte degli operatori e dei cittadini e residenti russi, come esplicitamente specificato nel paragrafo 4 del medesimo articolo:  “I paragrafi 1 e 2 non si applicano ai depositi necessari per gli scambi transfrontalieri non vietati di beni e servizi tra l'Unione e la Russia”.

Volendo disegnare fin dall’entrata in vigore del quinto pacchetto il quadro degli scambi o anche solo dei trasferimenti vietati o, meglio, limitati all’osso, di beni verso e dalla Russia (tenendo a mente che, come anticipato, le restrizioni verso la Bielorussia e le Oblast del Donbass, hanno profili parzialmente diversi seppur determinate dalla stessa causa), possiamo vedere 7 tipologie di restrizioni connesse ad altrettante, talora inedite, linee di azione, volte ad esercitare una pressione quasi soffocante sull’economia russa, sia pure a costo di notevoli sacrifici a carico dell’economia dell’Unione:

  1. il divieto di esportazione di beni duali, pressoché assoluto (del senso e dei limiti delle eccezioni e deroghe trattiamo separatamente), introdotto immediatamente;
  2. il divieto di esportazione di beni connessi al settore dell’energia, così da rendere più onerosa (se non impossibile e comunque meno efficiente) la filiera della produzione di energia, ma escludendo dal divieto materiali, tecnologie e supporto connessi alla produzione di energia nucleare;
  3. il divieto di esportazione di beni in grado di aumentare le capacità militari e di difesa della Russia;
  4. il divieto di esportare beni e tecnologie per l’aviazione e l’industria spaziale di cui al capitolo 88 dell’HS - Allegato XI;
  5. analogo divieto per l’esportazione di navi e materiale di navigazione - descritti nell’Allegato XVI del Reg. 833/2014;
  6. il divieto di esportazione di beni di lusso (identificati come tali, nella maggior parte dei casi, sulla base del loro “valore”), determinato dalla volontà di produrre danni alle catene di approvvigionamento di beni di pregio normalmente produttive di redditi significativi per gli operatori attivi nelle catene dei beni destinati ai consumatori;
  7. il divieto di importazione pressoché generalizzato di beni connessi al settore siderurgico.  A tali imponenti restrizioni che, però, lasciavano accettabili margini di manovra per gli scambi con la Russia, il Reg. (UE) 2022/576 ha aggiunto, compiendo un vero e proprio salto di paradigma, il divieto di esportazione di:
    • un’intera categoria di beni e tecnologie che “possono contri­buire al rafforzamento militare e tecnologico o allo sviluppo del settore della difesa e della sicurezza della Russia” la Categoria VIII dell’Allegato VI al Reg. UE 833/2014 (categoria nella quale son compresi beni e tecnologie da far sognare ogni appassionato di tecnologie futuristiche: X.A.VIII.002:  “…componenti appositamente progettati per computer quantistici, elettronica quantistica, sensori quantistici, unità di elaborazione quantistica, circuiti qubit, dispositivi qubit” con relativa Nota 2:  “Unità, circuiti e dispositivi includono, a titolo non esaustivo, circuiti superconduttori, quantum annealing, trappole ioniche, interazione fotonica, silicio/spin e atomi freddi”. Crediamo che gli effetti sul commercio internazionale di tale categoria VIII possa esser considerata, in effetti, abbastanza ridotta;
    • una specifica sezione ai beni considerati “di lusso”, stavolta senza soglia di valore, consistente in una buona parte di articoli del settore dell’ottica: binocoli e mirini, tra gli altri, che parrebbe più appropriato considerare attrezzature di supporto alle capacità militari più che beni di lusso;
    • cherosene  e additivi per poterlo produrre, o per poter produrre, in ogni caso, carburanti per l’aviazione;
    • un elenco di 31 pagine (dense di codici di HS (Harmonized System) che rappresentano, di fatto, la stragrande maggioranza dei beni che la UE esporta verso la Russia e che va a vietare, talora, l’esportazione dei beni che non erano stati già considerati nel novero dei beni di lusso (ad es. tessuti e mobili per ufficio) sia pur con la motivazione che si tratta di “beni atti a contribuire in particolare al rafforzamento delle capacità industriali russe”;
    • 5 nuove tipologie di prodotto connesse al trattamento del gas naturale liquefatto (GNL);  
    • inoltre, viene vietata l’importazione di una consistente lista di prodotti “che generano introiti significativi per la Russia consentendole di intraprendere azioni che destabilizzano la situazione in Ucraina” elencati nell’Allegato XXI, sempre ricorrendo alla combinazione tra classificazione “doganale” (ossia, codici di HS o di NC, talora monchi e incompleti) e descrizione specifica: crostacei, caviale, concimi e additivi, navi, piroscafi, i beni dell’intero capitolo 44 - ossia tutto ciò che fa riferimento al “legno” (materie prime, sì, ma anche molti prodotti lavorati, sugheri) e anche mobili per ufficio.

 

Restrizioni all’energia: solo un primo passo

Ma tutto ciò, ovviamente, non sarebbe stato sufficiente: il Reg. UE 2022/577 ha introdotto, con particolare risonanza sulla stampa, il divieto di importazione di carbone, lignite, torba e derivati, con l’evidente intento, anche se stavolta non riportato esplicitamente nel testo del regolamento stesso, di creare difficoltà economiche incisive all’export russo di energia. Si aggiunga anche il divieto, espresso nella convoluta forma di eccezione autorizzativa, di fornire supporto e beni connessi con lo sviluppo e la manutenzione di Internet (nell’articolo 2 bis del Reg. 833/2014, novellato dal nostro Reg. Ue 2022/577, si parla della possibilità di fornire beni specificamente indicati nell’Allegato VII, quello sulle restrizioni legate allo sviluppo militare, solo se destinato a reti civili NON pubbliche).

 

Eccezioni… ed errori

Quasi tutte le restrizioni sono caratterizzate da eccezioni e deroghe molto simili, se non altro nella loro “grammatica”: eccezioni per scopi specifici (dagli scopi umanitari alla prevenzioni di catastrofi, alla cooperazione connessa al funzionamento dei programmi spaziali al supporto ai corpi diplomatici), deroghe connesse alle date di intervento dei provvedimenti restrittivi, volte a garantire la prosecuzione dei contratti in corso o al completamento di lavori e appalti già avviati alla data di entrata in vigore delle misure. Il corpo delle eccezioni dovrebbe, pertanto, esser letto sempre tenendone a mente il senso, ossia da un lato il rispetto delle clausole contrattuali e degli accordi stipulati in tempi non sospetti (pacta sunt servanda) e, dall’altro, la necessità di evitare danni irreparabili a persone, ambiente, economie e, certamente, alle persone e alle istituzioni che ancora operano in Russia.

Il Regolamento interviene, poi, su numerosi errori presenti nelle restrizioni riportate nei precedenti Regolamenti (ricordiamo, tutti confluiti, come modifiche progressive, nel Reg. UE 833/2014): ad es., NC inesistenti presenti nell’Allegato X e simili. Non mancando, peraltro, di introdurre nuovi errori, certamente dovuti alla furiosa fretta di pubblicare il Regolamento stesso, alcuni, a dire il vero, fonte di qualche preoccupazione e dubbio: nelle edizioni italiana e francese del Regolamento, al punto 8 dell’articolo 1 si legge: “all'articolo 3 ter, il paragrafo 1 è sostituito dal seguente: «1. È vietato acquistare, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, beni e tecnologie idonei all'uso nella raffinazione del petrolio e nella liquefazione del gas naturale, elencati nell'allegato X, originari o meno dell'Unione, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia o per l'uso in tale Paese». Laddove, nell’edizione inglese (e spagnola) troviamo:  “in Article 3b, paragraph 1 is replaced by the following: ‘1. It shall be prohibited to sell, supply, transfer, or export, directly or indirectly, goods and technology suited for use in oil refining and liquefaction of natural gas, as listed in Annex X, whether or not originating in the Union, to any natural or legal person, entity or body in Russia or for use in Russia.’.

 

Scambi sempre più difficili

L’adozione del quinto pacchetto o, meglio, del Regolamento UE 2022/576, ci costringe a ridisegnare l’intero assetto dei rapporti commerciali con la Russia: fermo rimanendo che ancora moltissimi beni possono essere scambiati o trasferiti tra UE e Russia, le nuove disposizioni, seppur accompagnate da un “ritardante” nella loro piena applicazione (almeno in taluni casi), portano a ritenere che, in assenza di un mutamento significativo sul piano politico, la Russia dovrà essere considerata, necessariamente, un Paese con il quale il commercio diventerà vieppiù improbabile se non impossibile: ed è proprio l’analisi tecnica che abbiamo condotto, sia pure a caldo, che ci porta a ritenere quanto mai urgente addivenire a soluzioni che possano, non osiamo sperarlo, non tanto eliminare sic et simpliciter le restrizioni ma, almeno, renderle compatibili con un quadro economico sopportabile per le nostre economie.

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economia Geoeconomia UE Crisi Russia Ucraina
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AUTORI

Fulvio Liberatore
Easyfrontier

Image Credits: Guillaume Bolduc, Unsplash

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