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India Watch

Lavoro: il sistema formativo al centro della scommessa indiana

Claudio Maffioletti
11 luglio 2018

Ogni anno, 12 milioni di indiani si affacciano al mercato del lavoro. Oggi, sono 200 milioni gli indiani nella fascia di età compresa tra i 24 e i 35 anni. Entro il 2030, un terzo della popolazione mondiale in età lavorativa sarà indiana.

Per un Paese ambizioso e demograficamente dinamico come l’India, l’educazione e la formazione professionale dei suoi giovani costituisce una priorità assoluta. Una delle prime misure lanciate nel 2014 dal governo del Primo ministro Narendra Modi, è stato il programma Make in India, che punta a incrementare la quota del settore manufatturiero nel Pil nazionale dall’attuale 18% al 25% e di aumentare le esportazioni indiane da 300 miliardi di dollari a 700 miliardi entro il 2022. Tale obiettivo si è tuttavia da subito scontrato con un dato allarmante: solo il 4,7% della forza-lavoro indiana possiede le qualifiche e capacità richieste dal mercato1. Proprio per ridurre il gap esistente tra la domanda e l’offerta di talenti e di risorse qualificate, uno dei primi programmi lanciati dal governo Modi è stato lo Skill India nel 2015. Obiettivo: formare 250 milioni di professionisti, operai specializzati e manodopera qualificata entro il 2022 (il Grafico 1 e la Tabella 1 riportano il fabbisogno di risorse qualificate per settore2).

 

Questi numeri impressionanti rendono evidenti il grande potenziale e le sfide presentate dal settore dell’education e della formazione professionale in India. Emerge tuttavia una certa fragilità sistemica, che mina la capacità di centrare gli obiettivi prefissi. Un dato appare quasi paradossale: l’economia nazionale è cresciuta nel 2017-18 del 7,1%, e tuttavia nello stesso periodo è aumentato anche il tasso di disoccupazione, che è passato in un anno, da aprile 2017 ad aprile 2918, dal 3,89% al 6,75%3.

Quali sono le criticità che concorrono a definire questa situazione? Se ne possono identificare tre:

1 - Permane una diffusa arretratezza nelle infrastrutture scolastiche, nei programmi didattici, e nella preparazione e competenze del corpo docente indiano. Una delle conseguenze di questa situazione è che solo il 7% dei laureati delle business school indiane riescono a trovare un lavoro con un livello di retribuzione superiore alle 10.000 INR mensili (ca 150 Euro)4.

2 - Le eccellenze scolastiche pubbliche e private indiane hanno una limitata capacità di assorbimento della domanda: nel 2015, circa 1,3 milioni di persone hanno partecipato ai test di ammissione dei prestigiosi Indian Institutes of Technologies, per un totale di 10.000 posti disponibili.

3 - Il quadro normativo indiano, soprattutto per quanto riguarda l’educazione superiore, è altamente regolato e, su alcuni aspetti, ambiguo: consente investimenti diretti esteri (Ide) nel settore dell’education al 100% e senza bisogno di approvazioni, ma impone che l’entità costituita per erogare i corsi abbia una natura no-profit cui, in quanto tale, non è concesso ricevere finanziamenti dall’estero senza un’approvazione da parte delle autorità indiane preposte. Tale contesto non facilita la presenza di istituti stranieri in India e l’integrazione tra la didattica e l’organizzazione di istituti indiani ed esteri, e costituisce un limite importante all’innalzamento degli standard locali.

Il potenziale offerto dal mercato indiano è noto alle Università e agli Istituti dell’education italiani, che negli anni hanno costruito un’importante rete di collaborazioni in India soprattutto nel settore della moda e del design (Accademia Costume e Moda, Istituto Europeo di Design, e tante altre), della medicina (Humanitas University) e dell’ingegneria (Politecnico di Milano, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa). In altri casi, è stato fatto un passo ulteriore: SDA Bocconi e Istituto Marangoni hanno costituito un proprio campus a Mumbai, rispettivamente nel 2012 e nel 2015.

Oggi, il numero di studenti indiani non residenti iscritti alle università italiane è raddoppiato in due anni, passando da circa 1.000 a 2.000 iscritti tra il 2015 e il 2017 (Grafico 2).

 

Le facoltà più seguite dagli studenti indiani sono ingegneria, economia e architettura (Grafico 3)5.

 

Le opportunità offerte dal mercato indiano, soprattutto nel campo della formazione professionale, sono ancora immense e in larga parte non sfruttate: l’Italia possiede know-how e centri di eccellenza per cui esiste in India una domanda altissima.

È però necessario che le università italiane, le accademie e gli istituti di formazione professionale:
- Impostino una strategia di approccio al mercato con una prospettiva di medio periodo, avvalendosi di uno o più avamposti in India che consentano un presidio efficace del territorio;
- Realizzino attività promozionali e di brand-building continuative e capillari, identificando i corsi specifici, in lingua inglese, che siano attraenti per gli studenti indiani;
- Offrire maggiore accessibilità all’offerta formativa agli studenti Indiani, anche organizzando in India corsi preparatori e attività di formazione con programmi accademici e qualità dei corsi erogati in linea con gli standard Italiani e internazionali.


1  www.skilldevelopment.gov.in/assets/images/annual%20report/Annual%20Repor...
2 Fonte: National Skill Development Corporation
3  www.cmie.com/kommon/bin/sr.php?kall=warticle&dt=2018-04-17%2009:27:18&ms...
4 Fonte: Assocham Education Committee, 2016
5 Fonte: MIUR

 

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India sviluppo Geoeconomia lavoro
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AUTOR

Claudio Maffioletti
Segretario Generale, The Indo-Italian Chamber of Commerce and Industry

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