Von der Leyen a Bucha: “qui abbiamo visto l’umanità in frantumi”. Bombe sui civili in fuga alla stazione di Kramatorsk, ma Russia nega e accusa l’Ucraina.
Con una visita dalla forte valenza politica, Ursula von der Leyen e Josep Borrell si sono recati oggi in Ucraina a Kiev e a Bucha. “Qui è successo l'impensabile” ha detto Von Der Leyen camminando con il sindaco della cittadina a nord della capitale ucraina. “Abbiamo visto il volto crudele dell'esercito di Putin, l'incoscienza e la freddezza con cui hanno occupato questa città. A Bucha abbiamo visto la nostra umanità in frantumi”. Nella capitale ucraina la presidente della Commissione europea e l'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Ue incontreranno nelle prossime ore il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Intanto le forze russe si sarebbero completamente ritirate dall'Ucraina settentrionale e almeno alcune di queste saranno trasferite nella parte orientale del paese per una nuova fase della guerra: lo scontro per il Donbass. A confermarlo, un bombardamento della stazione di Kramatorsk, nella regione di Donetsk, dove razzi russi hanno colpito le banchine strapiene di civili in fuga, soprattutto donne, bambini e anziani, causando morti e feriti. Lo ha confermato la compagnia ferroviaria statale ucraina, secondo cui al momento il bilancio parziale è di 40 morti e circa un centinaio di feriti. La stazione - una delle poche ancora in funzione nell’est del paese – è stata presa d’assalto dopo che le autorità ucraine hanno invitato gli abitanti del Donbass a lasciare l’area, dove le truppe russe si starebbero riposizionando. Stando a quanto riferisce lo Stato maggiore ucraino i russi stanno puntando attorno alla città di Izium, nella regione di Kharkiv, mentre secondo l’ultima analisi fornita dagli esperti militari dell’Institute for the Study of War, le forze russe probabilmente completeranno la cattura della città nei prossimi giorni. E dal fronte Nato arriva la prima apertura alle richieste espresse ieri dal ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba: i paesi del Patto Atlantico hanno concordato di fornire alla resistenza nuovi tipi di armi avanzate e munizioni. Secondo gli esperti, i preparativi per la rinnovata offensiva sul Donbass dovrebbero richiedere almeno una settimana. Una finestra “estremamente importante” per fornire supporto militare all'Ucraina, ha affermato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Non trapelano dettagli su che tipo di armi verranno fornite. Ma il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha spiegato che “saranno quelle di cui Kiev ha bisogno”.
Il commento di Paolo Magri, Vice Presidente dell'ISPI
Tornare a Kiev?
E mentre il G7 e gli Stati Uniti annunciano nuove sanzioni economiche e finanziarie, l’Europa ha finalmente dato il via libera al quinto pacchetto di sanzioni contro Mosca. Il contenuto, però, è un compromesso al ribasso e, di fronte ai veti di Austria, Germania e Ungheria, sul fronte energetico include solo il graduale embargo all’import di carbone russo che non comincerà se non a partire da settembre. Niente da fare, invece, per petrolio e gas che, secondo fonti Ue, non sarà in discussione neanche al prossimo Consiglio dei ministri degli Esteri Ue perché manca l’unanimità necessaria. Dal canto suo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha rivolto un appello alle missioni diplomatiche e alle ambasciate che si sono ritirate affinché ritornino a Kiev perché “abbiamo bisogno del vostro sostegno”, anche a livello di simboli e gesti diplomatici. “Per favore, tornate nella nostra capitale e continuate il vostro lavoro – ha detto il presidente – poiché il ritorno degli ambasciatori nella capitale è un segnale alla Russia che Kiev è nostra”. A questo proposito Zelensky ha voluto ringraziare la Turchia e la Lituania per aver riaperto le rispettive ambasciate.
Lo spettro della crisi alimentare?
Le ricadute del conflitto, intanto, cominciano a vedersi sull’approvvigionamento alimentare globale. A lanciare l’allarme è la Fao, che avverte che a marzo i prezzi dei generi alimentari hanno raggiunto i “livelli più alti di sempre” a causa della guerra in Ucraina, che causa shock soprattutto nei mercati dei cereali di cui Russia e l'Ucraina, insieme, rappresentano circa un quarto delle esportazioni globali. L’indice elaborato dall’agenzia Onu, che traccia la variazione dei prezzi internazionali di un paniere di prodotti di base, aveva già battuto ogni record a febbraio e ha registrato un aumento di oltre il 12% a marzo. L’aumento è causato principalmente dai prezzi dei cereali, ma anche il prezzo degli oli vegetali è salito vertiginosamente. L’Ucraina è infatti il più grande esportatore mondiale di semi di girasole e il raccolto di quest'anno sarà probabilmente più che decimato. Dall'inizio della guerra, l’agricoltura è crollata, soprattutto nel nord del paese. Gli agricoltori non possono più raggiungere i campi, c'è carenza di fertilizzanti e carburante e i lavoratori agricoli stanno fuggendo in altre parti del paese o vengono arruolati nell'esercito. Resta da vedere se il grano già seminato potrà essere raccolto in estate, mentre a marzo avrebbero dovuto essere seminati cereali estivi e mais. Resta da vedere come andranno le cose il prossimo anno, ma la Banca Mondiale ha già avvertito che l'aumento dei prezzi dei generi alimentari potrebbe causare danni duraturi ai paesi a basso e medio reddito, contribuendo a spingere milioni di persone nella povertà. Uno scenario, insomma, in cui i paesi più poveri saranno tra i primi a sentire l'effetto della crisi alimentare che rischia di travolgere il pianeta.
Un mondo diviso in blocchi?
Sul fronte diplomatico, l’Assemblea Generale dell'Onu, su richiesta degli Usa, ha votato la sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani di Ginevra. La mozione è stata approvata con 93 voti favorevoli, 24 contrari e 58 astenuti. Fino ad oggi era successo solo una volta, nel marzo 2011, con la Libia. Ma come già accaduto con la risoluzione di condanna per l’invasione dell’Ucraina sempre all’Assemblea Generale, anche ieri i voti contrari dicono molte più cose di quelli favorevoli. Come sul ruolo della Cina, ad esempio, che anziché astenersi, come fatto all’Assemblea Generale, ha votato contro, scegliendo di schierarsi con l’alleato Vladimir Putin. E anche riguardo al peso specifico dei paesi che non hanno preso posizione, tra cui India, Brasile, Messico, Pakistan, Indonesia ed Egitto. Segno che la percezione della gran parte della popolazione mondiale sui diritti umani non rispecchia quella occidentale. Dall'altra parte, vale la pena sottolineare come – al netto della riottosità dell’Ungheria di Viktor Orban – l'Europa sia riuscita a mostrarsi compatta. In definitiva, come osserva Edward Luce sul Financial Times, “il 24 febbraio, la data in cui la Russia ha invaso l'Ucraina, segnerà anche il momento in cui il mondo si è innegabilmente diviso in blocchi. Qualunque sia l'esito della guerra di Vladimir Putin, la geopolitica è ora divisa tra l’Occidente e un’Eurasia sino-russa. La maggior parte del mondo, inclusa l’India, il più grande swing-state del mondo, si trova nel mezzo”.
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A cura della redazione di ISPI Online Publications, Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca, ISPI Advisor for Online.