In occasione delle elezioni politiche di Maggio 2019, la questione controversa delle violenze xenofobiche in Sudafrica è riemersa con forza nel dibattito pubblico. A dare impulso al rinnovato interesse mediatico sul tema sono state le rivolte esplose a eThekwini, una delle principali città del Paese, nei confronti della popolazione straniera. In particolare, le aggressioni hanno preso di mira la piccola comunità malawiana nel quartiere di Sydenham, e costretto centinaia di persone a fuggire a causa delle violenze rivolte nei loro confronti dai residenti, con attacchi indirizzati alle case o alle attività imprenditoriali.
Tra gli aspetti più allarmanti di tali attacchi, il principale ha riguardato la loro banalità: si è trattato, infatti, dell’ennesima manifestazione di violenza, al termine di una lunga lista di attacchi occorsi negli ultimi quindici anni. E sebbene gli accadimenti di Sydenham abbiano ricevuto una risonanza mediatica significativa, molti incidenti simili non avevano avuto la stessa attenzione. Le autorità sudafricane, di fatto, non raccolgono dati relativi ai crimini di odio nel Paese; è quindi difficile sapere quanti attacchi xenofobici si verifichino ogni anno. A tal proposito, la piattaforma Xenowatch – uno strumento sviluppato dall’African Centre for Migration and Society dell’Università di Witwatersrand – fornisce evidenze empiriche. Analizzando i dati forniti da report giornalistici e fonti collettive, la piattaforma ha registrato nel solo 2018 quarantadue attacchi xenofobici, che hanno causato la morte di dodici persone; centotrentanove esercizi commerciali sono stati saccheggiati e più di mille attività sono state costrette a spostarsi. Certo, il metodo di rilevazione dei dati di Xenowatch non è esaustivo, e alcuni episodi di xenofobia potrebbero esser stati trascurati dalla piattaforma.
Il Sudafrica conta una crescente comunità di migranti internazionali, stimata in quattro milioni nel 2017. In molti ritengono che questa crescente popolazione straniera contribuisca all’erosione di risorse preziose e sia tra le cause dell’elevata disoccupazione. Un report della Banca Mondiale, al contrario, mostra come queste comunità producano un impatto positivo su occupazione e salari. Il report si spinge oltre, sottolineando come ogni lavoratore migrante generi un effetto moltiplicatore nel mercato del lavoro, creando approssimativamente due posti di lavoro per ogni lavoratore sudafricano. L’impatto economico positivo per i cittadini stranieri è ovviamente indebolito da un clima di pregiudizio e violenza, e gli sforzi posti in essere per migliorare la situazione sono messi in discussione dall’attuale risposta del governo al problema.
La municipalità di eThekwini ha negato che la violenza di Sydenham abbia avuto connotati xenofobici, sottolineando, al contrario, come fosse legata a dinamiche criminali. In campagna elettorale, il Presidente dell’ANC – in seguito eletto alla Presidenza della Repubblica – Cyril Ramaphosa si è allineato alle posizioni espresse dalla municipalità. Riferendosi alle recenti violenze, Ramaphosa ha parlato dell’azione di elementi criminali: “La violenza è stata alimentata da individui con intenti criminali, i sudafricani non sono xenofobi”. Si tratta di una risposta comune da parte delle autorità, spesso reiterata nello scorso decennio. Ma non è stato sempre così. Prima della seconda metà degli anni 2000, il governo era maggiormente disposto a discutere dei problemi di xenofobia. Cosa è cambiato?
Nel maggio del 2008 violenze anti-immigrati esplosero a Johannesburg e si diffusero in tutti i centri urbani del Paese. La polizia si dimostrò incapace di contenere le violenze e per fermare i massacri fu necessario un intervento dei militari. Il bilancio fu di sessantadue cittadini stranieri uccisi e migliaia di sfollati. I leader del governo si mostrarono incapaci di ammettere che la violenza fosse sintomatica di un problema più ampio. Negando l’esistenza della xenofobia, l’Amministrazione Mbeki rifiutava l’esistenza di una diffusa ostilità nei confronti degli stranieri a livello locale. Negando l’esistenza della xenofobia in Sudafrica, l’Amministrazione Ramaphosa ha adottato semplicemente lo stesso approccio dei suoi predecessori.
Per capire se e in che misura sia possibile classificare alcune fasce della popolazione sudafricana come xenofobiche, è necessario osservare gli atteggiamenti pubblici nei confronti delle violenze anti-immigrati. I South African Social Attitudes Survey (SASAS), basati su di un campione rappresentativo della popolazione nazionale, forniscono spunti di discussione interessanti in proposito. Nel 2015, ai soggetti intervistati fu chiesto se avessero mai preso parte ad atti di violenza per impedire ai migranti di vivere o lavorare nel loro quartiere, adottando una definizione di “xenofobia” estremamente restrittiva (intesa come violenza guidata da un pregiudizio). Una piccola percentuale (2,4%) rispose di aver preso parte ad atti di violenza nell’anno precedente all’intervista (fine 2014-fine 2015) e un ulteriore 3,4% ammise di aver adottato comportamenti simili in un passato più distante. Più di un decimo della popolazione adulta (13%, circa 4,9 milioni di adulti) sostenne di non aver partecipato alle violenze, affermando però di esser pronto a farlo. I risultati di rilevazioni successive si sono rivelati coerenti con quelli del 2015. Le evidenze empiriche che emergono dai sondaggi mostrano una problematica inclinazione, da parte di una piccola ma significativa parte della popolazione adulta del Paese, a cedere alla violenza xenofobica. Quest’attitudine rinvia a una chiara e attuale minaccia alla coesione sociale in Sudafrica, e dovrebbe essere considerata un serio argomento di discussione. Tuttavia, nessuno tra i principali partiti politici coinvolti nella campagna elettorale in Sudafrica ha mostrato una sincera disponibilità ad affrontare la questione, ignorando il tema o attribuendo agli avversari politici le responsabilità delle violenze.
Il Sudafrica necessita disperatamente di una strategia comprensiva per affrontare il problema della violenza anti-immigrati. Ogni strategia sviluppata in tale direzione non può sottostimare la portata della sfida: è fondamentale che le risorse dedicate a combattere la xenofobia in Sudafrica siano adeguate rispetto alla gravità del problema.