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Commercio mondiale
Suez e colli di bottiglia
25 marzo 2021

Una portacontainer si è incagliata nel Canale di Suez, bloccando una delle rotte marittime più trafficate al mondo. Un incidente che avrà conseguenze economiche importanti e che mette a nudo, ancora una volta, le fragilità del commercio mondiale.

 

Le immagini della Ever Given, la nave cargo arenatasi nel Canale di Suez, bloccando una delle rotte commerciali più trafficate al mondo, hanno fatto in poche ore il giro del mondo. La portacontainer, 400 metri di lunghezza per 60 e un peso di 220mila tonnellate, si è incagliata a causa del forte vento ostruendo il passaggio da un lato all’altro del canale e creando un ingorgo che rischia di congestionare i porti di mezza Europa. Un blocco che interessa anche l’Italia, che nel Canale di Suez vede transitare ogni anno circa il 40% di tutto il suo import-export marittimo. Inoltre, in conseguenza dell’incidente e dei possibili disagi nell’approvvigionamento di petrolio – da Suez transita il 7% del commercio mondiale di greggio e il 12% del commercio globale – in poche ore il prezzo del barile sui mercati ha superato i 60 dollari: un aumento del 5%. E se non ci sono tempi certi sul ripristino della normale circolazione (le autorità parlano di alcune ore) su una cosa tutti concordano: più la situazione si protrarrà, peggiori saranno i danni. Nell’era delle comunicazioni digitali, del 5G e della competizione per semiconduttori e terre rare, l’incidente di Suez e l’incidenza dei ‘colli di bottiglia’ nelle catene di approvvigionamento aggiunge nuovi timori per la tenuta delle supply chains, che durante la pandemia hanno già mostrato tutta la loro vulnerabilità e che di nuovo oggi, con i vaccini, pongono interrogativi tutt’altro che trascurabili. 

 

 

Cosa sono i colli di bottiglia?

Proveniente dalla Cina con destinazione Rotterdam e registrata a Panama, la Ever Given è gestita dalla società taiwanese Evergreen che non ha dato ancora una versione definitiva dell’incidente: una prima ricostruzione, però, parla di un blackout elettrico a bordo che avrebbe messo la nave in condizione di non manovrare. I venti forti avrebbero fatto il resto. L’incidente ha riportato in primo piano l’importanza strategica dei chokepoints (o colli di bottiglia), stretti o canali artificiali punti obbligati per il transito lungo le rotte commerciali internazionali. A determinarne la crucialità è il ruolo di ‘giugulari’ degli scambi materiali ed energetici del pianeta. Oltre a Suez ci sono lo Stretto di Hormuz e quello di Malacca; Bab el Mandeb, gli stretti danesi e turchi, il Canale di Panama e il capo di Buona Speranza. Tutti possono dirsi uno snodo fondamentale nello scacchiere della geopolitica energetica; nessuno può dirsi immune dai rischi collegati al ruolo che sono chiamati a ricoprire. Furti ad opera di pirati, attacchi terroristici, ostilità belliche, incidenti navali: il blocco anche temporaneo di uno di questi passaggi, con conseguente collasso delle relative forniture, può generare uno shock sui mercati energetici, spingendo in alto i prezzi.

 

Catene fragili?

I ritardi causati dall’incidente della Ever Given rischiano di logorare ulteriormente catene di approvvigionamento di beni e materie prime, che ancora faticano a riprendersi dal colpo inferto dalla pandemia. E non è detto che – se il blocco dovesse protrarsi per giorni – alcune imbarcazioni non decidano di invertire la rotta, passando per il Capo di Buona Speranza, il che significa aggiungere due settimane di navigazione, pur di arrivare a destinazione. L’effetto di quanto accaduto non potrà che ripercuotersi sui porti europei e in un ritardo del ritorno dei container in Cina, dove da mesi se ne registra la carenza. Le catene di approvvigionamento infatti non si sono ancora del tutto rimesse dopo il blocco dei traffici causato dal Covid: con la ripresa delle attività economiche i contenitori si sono trovati sulla sponda ‘sbagliata’ rispetto a dove servivano e sono stati quindi costretti a tornare spesso vuoti, verso Oriente. Lo stravolgimento dei traffici ha innescato un aumento del prezzo dei noli che si protrae da settimane e che preoccupa gli addetti alla logistica, soprattutto per le ripercussioni che potrà avere sui prezzi dei beni di consumo. 

 

 

In cerca di nuove geografie?

Che in un’economia globalizzata, in cui i singoli paesi sono interdipendenti, le catene del valore possano contenere tanti più anelli deboli quanto più sono lunghe è una scoperta che il mondo ha cominciato a fare durante la pandemia. Intere regioni del mondo (Europa compresa) si sono ritrovate senza prodotti di cui, fino al giorno prima, neanche sapevano di avere bisogno: mascherine e dispositivi sanitari, provenienti perlopiù dalla Cina. E l’andamento asincrono dell’epidemia, con lockdown sfalsati da paese a paese e da regione a regione, ne ha acuito la percezione. Improvvisamente la pandemia ha svelato che il commercio internazionale è esposto al rischio di uno shock e che il danno è direttamente proporzionale alla lunghezza delle catene e al numero di confini attraversati. 

Per questo l’amministrazione americana ha chiesto alle agenzie federali di valutare la tenuta delle catene di approvvigionamento di materiali ‘sensibili’ in settori strategici come sanità, sicurezza nazionale e produzione industriale e tecnologica. Lo studio farà il punto sui possibili fronti critici nei quali gli Usa rischiano un’eccessiva dipendenza dall’estero. “Vogliamo fare in modo che il popolo americano non debba mai più affrontare la carenza di beni e servizi su cui fa affidamento, che si tratti delle auto o dei medicinali o del cibo nel negozio di alimentari sotto casa”, ha dichiarato il presidente Joe Biden, in una nota diffusa dalla Casa Bianca. In un clima da ‘blocchi contrapposti’ est-ovest come quello che si va delineando, le implicazioni appaiono smisurate. Ma se è ancora presto per dire se e come le catene del valore si modificheranno è probabile che si vada verso un loro accorciamento e allargamento, inteso come diversificazione, favorito anche dagli accordi regionali di libero scambio. Il rinnovato interesse per catene più corte e produzioni nelle economie avanzate è anche coerente con gli obiettivi di un’economia sostenibile grazie a una riduzione del trasporto e alla garanzia di standard ambientali più stringenti. In fondo, nell’era delle stampanti 3D e dell’Intelligenza artificiale, restiamo ancorati a stretti tratti di terra e mare e lunghi colli di bottiglia, in cui si giocano partite globali.

 

Il commento

Di Davide Tentori, ISPI Research Fellow, Osservatorio Geoeconomia

È stato sufficiente l’incagliamento di una portacontainer nel Canale di Suez per mettere a nudo le fragilità del sistema di scambi internazionali, in un quadro già complicato dalla pandemia. Le ipotesi di “reshoring”, di cui tanto si parla sia negli USA che qui da noi, sono affascinanti ma non praticabili in un orizzonte di breve-medio periodo; inoltre, se da un lato le filiere più corte presentano il vantaggio di un approvvigionamento più “sicuro”, dall’altro hanno costi di produzione più elevati a causa del maggiore costo del lavoro nei paesi occidentali. Di certo, l’immagine della Ever Given incagliata nella striscia di mare che separa Africa e Asia dimostra che, anche in un’epoca in cui il commercio digitale sembra prendere il sopravvento, la geografia conta e conterà ancora  a lungo.

 

* * *

A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)

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