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REGNO UNITO

Sunak il cauto

Davide Tentori
28 ottobre 2022

Da lunedì 24 ottobre il Regno Unito ha un nuovo premier: il terzo in meno di tre mesi. Rishi Sunak, vincitore delle primarie “lampo” del Partito Conservatore britannico, ha preso il posto di Liz Truss e la domanda che tutti si pongono è se riuscirà a restare a Downing Street per un periodo più lungo dei 44 giorni del suo “sfortunato” predecessore. Ma, al di là di facili battute e di paragoni tra Truss e ortaggi che in queste ultime settimane si sono sprecati, Sunak e il suo Cancelliere dello Scacchiere – ovvero Ministro dell’Economia – Jeremy Hunt (che aveva già preso il posto di Kwasi Kwarteng negli ultimi giorni del governo Truss) si trovano di fronte una situazione economica estremamente difficile, che l’esecutivo precedente aveva contribuito a deteriorare ulteriormente. Quali, dunque, le sfide che attendono Sunak e quali le prospettive per un governo che nasce comunque nel quadro di una situazione politica già compromessa e indebolita?

 

L’eredità di Liz Truss

In soli 44 giorni di governo, Truss e Kwarteng sono riusciti ad attirare una sorta di “tempesta perfetta” sopra l’economia del Regno Unito, che stava peraltro già attraversando un momento delicato a causa di bassa crescita, elevata inflazione e postumi post-Brexit ancora da riassorbire. Le promesse di massicci tagli alle tasse (per circa 160 miliardi di sterline, a vantaggio quasi esclusivo dei più ricchi) privi di copertura finanziaria, unitamente a un annunciato ricorso a un massiccio indebitamento (fino a 400 miliardi di sterline da qui al 2026) che avrebbe fatto sfondare il tetto del 100% del rapporto debito/Pil, hanno causato una vera e propria “rivolta” dei mercati finanziari: la sterlina – che da inizio anno si era già indebolita sia rispetto al dollaro che all’euro – è crollata di un ulteriore 7% fino ai minimi storici, raggiungendo il valore di 1,03 dollari; mentre i rendimenti decennali sui titoli di Stato – i cosiddetti gilts – si sono impennati dal 3,5% al 4,3%, costringendo la Bank of England (BoE) a intervenire con un programma di emergenza di acquisti per un valore di 65 miliardi di sterline nel tentativo di spegnere l’incendio finanziario causato da questa “fiammata” nei rendimenti.

A nulla è potuta servire la totale inversione di marcia tentata da Truss: la cancellazione delle misure più controverse del “mini-budget”, ovvero il taglio dell’aliquota marginale più elevata e una cospicua riduzione dei sussidi contro il caro-energia insieme al licenziamento in tronco di Kwarteng, è servita a calmare temporaneamente i mercati ma non a farle recuperare credibilità, ormai irrimediabilmente compromessa. In pratica, l’errore fatale di Truss e Kwarteng è stato quello di varare misure di politica fiscale palesemente in contraddizione con l’attuale orientamento di politica monetaria: se infatti la Bank of England (al pari delle altre banche centrali occidentali) stava adottando ormai da mesi una stretta attraverso il rialzo dei tassi di interesse, il vigoroso espansionismo fiscale promosso dal governo britannico avrebbe finito per contrastare e annullare i tentativi della BoE di spegnere l’inflazione. Una pesante sottovalutazione di come le leve di politica economica dovrebbero essere azionate in maniera coordinata e che è costata il posto a colei che si proponeva come la “nuova Thatcher” senza però adottare le stesse ricette e proponendo un massiccio aumento della spesa pubblica al contrario dei massicci tagli – soprattutto a sanità e istruzione – messi in atto a suo tempo dalla “Lady di ferro”.

 

La missione di Sunak: ridare una direzione all’economia

La prima mossa del nuovo premier è stata quella di confermare Hunt alla casella dell’Economia: una scelta all’insegna della prudenza che ha contribuito a tranquillizzare ulteriormente i mercati (infatti i rendimenti sono scesi ulteriormente e la sterlina è tornata ad apprezzarsi sul dollaro). Ma il primo, vero banco di prova a cui è atteso Sunak è la presentazione della legge di bilancio per il 2023, che avverrà entro i primi giorni di novembre. Non si tratta di una novità per il nuovo inquilino di Downing Street, avendo già ricoperto il ruolo di Ministro dell’Economia durante il governo di Boris Johnson. Inoltre, a causa del suo passato professionale nel mondo della finanza, i fondamentali economici dovrebbero essergli familiari. Nella precedente esperienza di Sunak non mancano certo scelte discutibili (come, ad esempio, quella di offrire un bonus da spendere nei ristoranti durante la pandemia), ma il nuovo premier è ora consapevole che ciò di cui ha bisogno il Regno Unito è una maggiore disciplina fiscale. Per questo motivo ha deciso di rinviare la presentazione del nuovo Budget al 17 novembre, rispetto alla data inizialmente prevista per il 31 ottobre, per avere più tempo per studiare le misure che possano aiutare l’economia britannica a risollevarsi nel quadro di un consolidamento fiscale, confidando anche in un ulteriore calo dei rendimenti dei titoli di Stato che possa ridurre il costo dell’indebitamento. Un altro segnale di discontinuità adottato da Sunak rispetto a Truss è la decisione di sospendere nuovamente le estrazioni di idrocarburi tramite fracking: una scelta fatta dai Tories nel 2019 e che era stata revocata dalla ex premier, suscitando proteste anche all’interno del suo stesso partito, molto sensibile alle rivendicazioni NIMBY a causa del forte radicamento di alcuni parlamentari in collegi elettorali interessati dalle estrazioni.

Al di là delle questioni di breve periodo, fondamentali per evitare che l’economia britannica vada alla deriva, è lecito anche chiedersi quale modello di Regno Unito abbia in mente Sunak per il futuro. Il nuovo premier non ha mai fatto mistero del suo deciso sostegno alla Brexit, e nel suo programma per le primarie del Partito Conservatore è presente fra le priorità quella di rendere pienamente operativa l’uscita dall’UE attraverso l’adozione di nuovi regolamenti. Soprattutto nel campo dei servizi finanziari, settore che il primo ministro vorrebbe deregolamentare per attrarre maggiori flussi di capitale trasformando Londra in una sorta di “Singapore sul Tamigi”. Dal punto di vista del commercio di beni, tuttavia, Sunak sembra portatore di un atteggiamento più morbido nei confronti dell’UE, in quanto consapevole delle difficoltà affrontate dal Regno Unito nella gestione della fase post-Brexit anche a causa della pandemia che ha messo sotto pressione le catene di approvvigionamento. E un simile atteggiamento improntato a una maggiore prudenza è stato progressivamente adottato anche nei confronti della Cina: se dapprima Pechino era considerata da Sunak come un partner con cui approfondire i legami economici, oggi il premier è conscio delle problematiche legate a questioni di sicurezza nazionale rispetto a settori critici.

 

Una leadership destinata a durare?

È ancora presto per dire se il governo di Sunak reggerà fino alla fine della legislatura, prevista nel 2024. Dopo varie divisioni, i Tories sono pericolosamente frammentati; ma l’istinto di sopravvivenza dei parlamentari conservatori potrebbe fornire al nuovo premier un’assicurazione “sulla vita”, anche alla luce dei sondaggi che vedono i laburisti in forte vantaggio se si dovesse tornare al voto. Il fallimento di Liz Truss sarà un forte monito a non agire in maniera avventata e irresponsabile sul piano economico; una lezione di cui Sunak probabilmente non aveva bisogno ma che servirà sicuramente da esempio per tracciare politiche più prudenti e in linea con la Bank of England, l’Office for Budgetary Responsibility (organismo garante della disciplina fiscale che Truss e Kwarteng avevano scavalcato) e le aspettative dei mercati finanziari. È probabile dunque che la leadership di Sunak sia cauta, sia all’interno che nei confronti dei maggiori partner internazionali (Unione Europea in primis). Il sogno di mettere in pratica per davvero la “hard Brexit” e di fare di Londra una nuova Singapore dei servizi finanziari, per il momento, può attendere.

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Davide Tentori
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Image Credits (CC BY-NC-ND 2.0): Number 10

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