Nella periferia bolognese, a pochi passi dalla Fornace Galotti, cuore simbolico della cultura meccanica della città nel diciannovesimo secolo e attuale sede del Museo del patrimonio industriale del Comune di Bologna, sorge il Tecnopolo del CNR, recentemente salito alla ribalta delle cronache per essere la sede di uno degli otto supercomputer europei che costituiranno l’Impresa Comune per il Calcolo ad Alte Prestazioni (EuroHPC). Il supercomputer di stanza a Bologna si chiama Leonardo e, stando a quanto riportato dal sito di CINECA, il Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord Orientale, sarà una delle macchine più potenti al mondo (incluso, presumibilmente, in termini di Intelligenza Artificiale), e disporrà di una potenza di calcolo inferiore solamente alla macchina attualmente più potente all’interno della classifica TOP500, sito che stila annualmente la lista dei 500 supercomputer più potenti al mondo.
Il Sole 24 Ore ha recentemente scritto che, grazie a Leonardo, l’Italia diventa la quarta nazione al mondo per capacità computazionale, coronando un progetto nato solamente 15 anni fa. Per far luce sulla portata di una tale rivoluzione in ambito geopolitico e geo-economico occorre innanzitutto inquadrare la capacità computazionale rispetto alla transizione digitale in corso, e successivamente delineare le dinamiche internazionali nelle quali si situano gli sforzi europei in termini di supercomputer.
La necessità di capacità computazionali
La rivoluzione digitale che caratterizza il nostro tempo si basa sostanzialmente su tecnologie sempre più integrate, società sempre più quantificate, capacità computazionale sempre più performante. Questa triangolazione, a geometria variabile, determina lo stadio di avanzamento di un Paese nella nuova era della dipendenza dalle Information Communication Technologies o, come meglio definita dal filoso Luciano Floridi, l’Iperstoria.
Delle tre variabili sopra menzionate, la prima di esse, tecnologie sempre più integrate, è parte fondamentale di una macro tendenza definita convergenza tecnologica che permette a diversi sistemi di inter-relazionarsi attraverso un “linguaggio” comune fatto anche di protocolli e standard condivisi (ad esempio, la tecnologia Voice over IP che permette di fare chiamate audio attraverso rete internet). La seconda variabile, società sempre più quantificate, è quel fenomeno attraverso il quale a ogni grado di digitalizzazione corrisponde una produzione di dati generati dalle attività umane e inumane (pensiamo, ad esempio, alla sensoristica) che forniscono costantemente dati digitali potenzialmente sfruttabili per diversi fini. Infine, le capacità computazionali sempre più performanti: ci si riferisce alla potenza di calcolo dei computer, che cresce esponenzialmente secondo il parametro della “Legge di Moore” (teorizzata nel 1965), ossia la potenza dei processori dei computer raddoppia ogni due anni. I supercomputer come Leonardo sono in grado di effettuare 250 milioni di operazione al secondo e pertanto sono degli acceleratori del processo R&D. Un esempio di applicazione concreta è l’impiego dei supercomputer nella ricerca dei vaccini anti Covid-19.
L’impatto geopolitico e le mosse americane
Ad ogni modo, la capacità computazionale ha un peso significativo non solo in termini di potenzialità tecnologiche per sé, ma ha ripercussioni geopolitiche non indifferenti. La sfida a realizzare supercomputer sempre più potenti è entrata a gamba tesa nell’attuale corsa alla supremazia tecnologica che vede in primis il confronto tra Washington e Pechino.
Lo scorso 8 aprile la nuova amministrazione Biden ha “blacklistato” altri sette sviluppatori di supercomputer cinesi ai quali non potranno più essere venduti materiali finalizzati alla costruzione di questi computer (come i microchip). La motivazione alla base della scelta è che le sette compagnie stanno collaborando con le forze armate cinesi per un ammodernamento dell’esercito, incluso l’utilizzo di supercomputer, con conseguenze destabilizzanti per la stabilità internazionale. Come dichiarato dal Segretario americano al Commercio, “le capacità di supercomputing sono vitali per lo sviluppo di quasi tutte le armi moderne e dei sistemi di sicurezza nazionale, come le armi nucleari o quelle ipersoniche”. Insomma, come già avvenuto durante la presidenza Trump, anche il Presidente Biden sta proseguendo nella scelta di attuare politiche restrittive per l’export verso la Cina per quanto riguarda prodotti strategicamente rilevanti.
Il ruolo dell’Europa
Tuttavia, Cina e Stati Uniti non sono i soli competitors nella corsa al supercomputing. L’Unione europea è in prima linea per recuperare terreno specialmente nel settore tecnologico. A tale proposito, come auspicato dalla Commissione europea, almeno il 20% delle risorse che ciascuno Stato riceverà dal Recovery Fund, dovranno essere finalizzate alla transizione digitale, incluso lo sviluppo dei supercomputer. Inoltre, come menzionato, la Commissione europea - nell’ambito dei programmi “Horizon Europe”, “Europa Digitale” e “Connecting Europe Facility” - ha stanziato 8 miliardi di euro per l’impresa comune “EuroHPC”. Questa è finalizzata a elaborare ed estendere un infrastruttura di dati HPC, aggregando le risorse e rendendole disponibili agli utenti di tutta Europa. In tal senso ci sarà una democratizzazione dell’uso del supercalcolo che sarà messo a disposizione anche di piccole e medie imprese che altrimenti non avrebbero la possibilità di ricorrere a tale innovazione.
Nel giro di pochi anni, stando a quanto riportato da TOP500, la top ten dei supercomputer più potenti ha visto il passaggio da un sostanziale duopolio di Cina e Stati Uniti (nel 2018 occupavano 8 delle 10 posizioni) a una classifica più eterogenea (nel 2020 Cina e Stati Uniti occupavano 6 delle 10 posizioni) nella quale spuntano eccellenze europee come quelle italiane (di ENI) e tedesche (del Forschungszentrum Juelich). Pertanto, la scelta del vecchio continente di diventare un polo d’avanguardia per i supercomputer, una volta che gli otto supercomputer del EuroHPC saranno attivi, sembra essere un rilancio ben servito nella partita al potere computazionale in corso a livello internazionale.