Sabato 26 novembre si sono svolte le elezioni locali della Repubblica di Cina, Taiwan. Come previsto dagli ultimi sondaggi prima del silenzio elettorale, ha vinto in maniera netta il Guomindang (GMD), il principale partito di opposizione. La sconfitta ha portato la presidente Tsai Ing-wen a dimettersi dalla guida del Partito progressista democratico (DPP). Un passo indietro che avrà conseguenze sugli equilibri interni del partito di maggioranza e sui suoi processi di individuazione dei candidati per le cruciali elezioni presidenziali del 2024. Il voto è stato seguito con attenzione dalla Repubblica popolare cinese, che ha già sfruttato l'esito delle urne per sostenere che i taiwanesi hanno bocciato la linea assertiva di Tsai nei rapporti con l'altra sponda dello Stretto, promuovendo invece quella molto più dialogante del GMD. In realtà, gli elettori si sono concentrati su temi locali più che sul "fattore Pechino" ed è ancora presto per capire se ci sarà un effetto diretto tra la tornata elettorale locale e quella presidenziale. Nel 2020 non fu così.
I vincitori
Chiamate “9 in 1” (九合一), le elezioni locali taiwanesi sono servite per individuare oltre 11 mila funzionari pubblici in nove tipi diversi di incarichi: i 6 sindaci delle municipalità speciali (Taipei, Nuova Taipei, Taoyuan, Taichung, Tainan e Kaohsiung) e i consiglieri municipali, i 16 sindaci delle contee e i consiglieri delle contee, sindaci dei comuni, rappresentanti dei comuni, capi delle aree montane indigene delle città, rappresentanti delle aree montane indigene delle città che dipendono dal governo centrale. Il risultato del voto è stato chiaro: ha vinto il GMD. Quattro delle 6 municipalità speciali sono andate al partito guidato da Eric Chu.
Il successo più rilevante è quello ottenuto a Taipei, dove si è affermato Chiang Wan-an. Pronipote di Chiang Kai-shek (anche se non c'è mai stato un test del dna a provarlo in maniera definitiva), il nuovo sindaco della capitale ha solo 43 anni. Un passato come avvocato corporate negli Usa, si presenta come uomo del dialogo: nato e cresciuto a Taipei, già dall'alba della sua campagna elettorale ha puntato sul rifiuto dell'approccio populista che aveva caratterizzato altre figure del suo partito. Caratteristiche che hanno pagato in una città dove l'interesse per la stabilità è più alto che altrove, vista la grande concentrazione di imprese e dunque interessi commerciali rimasti sempre aperti con la Repubblica popolare. C'è già chi immagina una sua futura candidatura alla presidenza. In effetti, il ruolo di primo cittadino di Taipei è da sempre considerato un'anticamera della leadership. Tre dei 4 presidenti democraticamente eletti dal 1996 sono stati primi cittadini della capitale: Lee Teng-hui, Chen Shui-bian e Ma Ying-jeou. Solo l'attuale leader Tsai Ing-wen sfugge alla regola. Ma il 2024 arriva forse troppo presto per Chiang, che secondo prassi dovrebbe svolgere un intero mandato prima di puntare al palazzo presidenziale.
Come previsto, il GMD si è affermato in maniera netta anche a Nuova Taipei, dove l'attuale presidente del partito Chu è stato eletto sindaco nel 2010 e nel 2014. Qui è stato confermato Hou Yu-hi: direttore generale dell'Agenzia nazionale di polizia tra il 2006 e il 2008, gode di un'ottima popolarità presso gli elettori. Secondo molte voci, sarebbe proprio lui l'opzione preferita dal GMD per la corsa alle presidenziali del gennaio 2024. Hou non ha ancora sciolto la riserva, ma il managemente del partito nazionalista avrebbe intravisto in lui la figura giusta, anche perché non "compromessa" sul tema Pechino. Il possibile ticket potrebbe peraltro essere completato da Lu Shiow-yen, che si è afferrmata nel tradizionale feudo del GMD di Taichung. A completare il poker di successi del partito che fu di Sun Yat-sen, la vittoria di Taoyuan. Città nordoccidentale sede del principale aeroporto internazionale, era il teatro della sfida che appariva più in bilico. Chang San-cheng del GMD ha sconfitto Cheng Yun-peng, candidato dal DPP dopo che uno scandalo esploso sui media ha costretto al cambio in corsa. Il nome originario, Lin Chih-chien, è stato messo da parte dopo l'accusa di plagio legata alla sua tesi universitaria.
In totale, il GMD ha ora il controllo di 13 delle 22 municipalità tra città, contee e municipalità speciali. Potrebbero diventare 14 il 18 dicembre, quando si voterà per la città di Chiayi. Un numero uguale a quello conquistato nel 2018, ma dal peso specifico ben diverso. Vero che il GMD perde la guida di Miaoli e Kinmen, passati a due candidati indipendenti, e delle isole Penghu, passate al DPP. Ma Taipei e Taoyuan sono un'altra storia. Anche la città di Keelung è stata sfilata al DPP.
Gli sconfitti
Il DPP ha invece totalizzato il risultato più negativo dei suoi 36 anni di storia alle elezioni locali, con 5 affermazioni su 22. Ancora peggio delle 6 del 2018, quando il voto fu considerato una débacle. Le affermazioni sono praticamente solo nella parte sud occidentale di Taiwan, tradizionalmente più filo indipendentista. Mantenuto il controllo sia di Tainan sia di Kaohsiung tra le municipalità speciali, così come delle contee di Pingtung e Chiayi. Conquistate le isole Penghu, le più vicine alla linea mediana sullo Stretto. Per il resto, solo sconfitte.
La presidente Tsai Ing-wen si è assunta "tutte le responsabilità" del ko, rassegnando le dimissioni con effetto immediato dalla presidenza del partito. Come sottolineato da Courtney Donovan Smith, il DPP ha cercato di portare il voto sul terreno identitario nel tentativo di trasformare le elezioni locali in un referendum sulla presidente Tsai. La strategia ha funzionato “a meraviglia nel 2016 e nel 2020, ma le elezioni locali sono una creatura molto diversa e richiedono un approccio diverso. La strategia del DPP non è riuscita a fornire nulla di significativo a livello locale”, sostiene Donovan Smith. Tsai ha detto che “votare per il DPP” equivale a “difendere la democrazia" perché “manderebbe al mondo intero il giusto messaggio”. Si è rivelato un boomerang. Alle elezioni locali, scrive Brian Hioe, “l’identità politica di partito e l’identità taiwanese sono entrambe ancora critiche, ma il discorso è guidato dalla qualità del DPP e del GMD, piuttosto che dalle loro relazioni con la Cina. Invece di discutere delle relazioni tra le due sponde dello stretto su scala nazionale e internazionale, il discorso delle elezioni di metà mandato si concentra su quale partito sia qualitativamente migliore per migliorare lo sviluppo politico interno di Taiwan”.
C'è anche chi teme, all'interno del DPP, che l'utilizzo ripetuto del tema identitario e retorico della "difesa della democrazia" possa a lungo termine perdere efficacia. Utilizzato in maniera efficace già alle presidenziali del 2016 e del 2020, in molti preferivano sfoderare nuovamente la carta solo in vista del 2024. Fra 13 mesi non potranno andare alle urne i minori di 20 anni, visto che il referendum per abbassare l'età del diritto di voto a 18 anni è stato bocciato. Ulteriore sconfitta per il DPP, che gode tradizionalmente del favore degli elettori più giovani.
L'impatto sulle presidenziali del 2024
Nonostante gli elettori non abbiano votato sul "fattore Pechino", un impatto in vista delle presidenziali del 2024 ci sarà. A partire dagli equilibri interni ai partiti. Il passo indietro di Tsai rimette in discussione il processo di nomina dei candidati, con la corrente più radicale del vicepresidente e probabile candidato in pectore William Lai che potrebbe avere maggiore influenza. Dopo la sconfitta alle elezioni locali del 2018, proprio Lai sembrava sul punto di operare una scissione del DPP, in conflitto con la corrente più moderata di Tsai. Tutto rientrò con la promessa della moderata Tsai di garantire a Lai il ruolo di vicepresidente al voto del 2020, una posizione tradizionalmente anticamera alla candidatura da presidente alla successiva tornata elettorale. La frattura si ricompose anche grazie alla contingenza che si era venuta a creare, improvvisamente favorevole per il DPP in vista delle presidenziali.
Ora Lai potrebbe assumere un controllo più diretto delle operazioni, anche se esiste da tempo la suggestione di una candidatura per Hsiao Bi-khim, rappresentante di Taipei negli Stati Uniti. Un nome più vicino a Tsai, inserito per altro di recente nella "lista nera" dei "secessionisti" da parte di Pechino. La parte moderata del DPP non è convinta di Lai, nonostante abbia istituzionalizzato le sue posizioni dopo essere diventato vicepresidente. Difficile però non ricordare il suo passato radicale. Non se lo scorda Pechino, che ha osservato con molto fastidio i suoi movimenti in Giappone in occasione della morte di Shinzo Abe lo scorso luglio. Non se lo scordano in realtà neanche i taiwanesi: la stragrande maggioranza di loro vuole il mantenimento dello status quo e Lai potrebbe essere percepito come un candidato un po’ troppo radicale anche dagli elettori meno radicali del DPP.
Non a caso il GMD sta provando a fare leva su questa presunta "imprevedibilità" di Lai. L'ex presidente Ma Ying-jeou ha detto in campagna elettorale di "scegliere la pace e non la guerra". E il partito sta provando a riaccreditarsi anche presso Washington come unica scelta possibile per riportare stabilità. Il GMD è chiamato però a non illudersi che l'esito del voto locale abbia rilevanza eccessiva in vista delle presidenziali. Nel 2024 tornerà a pesare maggiormente il tema identitario, su cui il DPP parte in vantaggio e il GMD deve ancora ritrovare una posizione "potabile" per la maggioranza dell'elettorato, viste le sue ambiguità (o quantomeno percepite come tali) in merito al dialogo con Pechino e al "consenso del 1992", frutto di un accordo tra GMD e PCC sull’esistenza di una “sola Cina” senza però stabilire quale fosse, precondizione fissata da Xi per riavviare il dialogo che era culminato con l’incontro storico di Singapore col suo predecessore Ma Ying-jeou.
Per il voto del 2024 si candida comunque a giocare un ruolo anche una terza forza, il Taiwan's People Party (TPP). Fondato dal sindaco uscente di Taipei, Ko Wen-je, ha ottenuto una netta vittoria a Hsinchu, la città sede della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) e di tutti i colossi dei semiconduttori. Ko ha già annunciato mesi fa la sua candidatura alle presidenziali del 2024 e potrebbe essere in grado di intercettare elettori delusi dal classico bipolarismo taiwanese, sottraendo voti ai due partiti principali.
Le implicazioni nei rapporti con Pechino e Washington
Già nel 2018, Pechino fece un errore, interpretando il successo del GMD e la sconfitta del DPP come un segnale che i taiwanesi si fossero espressi a favore del "consenso del 1992" disconosciuto da Tsai e di un maggiore dialogo con la Repubblica popolare. Secondo diverse ricostruzioni, in quel momento Xi Jinping si sente convinto di poter risolvere la questione taiwanese. Nel discorso di inizio anno 2019, Xi utilizza parole molto dure su Taiwan, non escludendo l’utilizzo della forza e ribadendo che l’unico modello possibile è “un paese, due sistemi” in vigore a Hong Kong. Qualche mese dopo, però, iniziano le proteste nell'ex colonia britannica. A cui fanno seguito una dura repressione e l'introduzione della legge di sicurezza nazionale che di fatto erode quel modello. Come già dimostrato in passato, più Pechino mostra i muscoli e più i taiwanesi se ne allontanano.
Sui media di stato della Repubblica Popolare, sono subito apparsi commenti in linea con quanto scritto nel 2018. Resta da vedere se il governo avrà tratto la giusta lezione da quanto accaduto tra 2019 e 2020 per non ripetere gli stessi errori. "L'esito del voto dà a Pechino la possibilità di giustificare maggiore pazienza strategica", dice Wen Ti-sung dell'Australian National University. Così come le dimissioni di Tsai le consentono di presentarla come una leader che ha perso legittimità. In realtà, Tsai continua a piacere più del DPP ai taiwanesi e il mancato dialogo di questi anni con la leader più moderata mai prodotta dal DPP rischia di restare un'occasione persa.
Una cosa è certa: le elezioni del 2024 saranno cruciali per definire i futuri rapporti sullo Stretto. Una nuova vittoria del DPP significherebbe che per la prima volta un partito manterrebbe il potere per tre legislature consecutive, per di più con un presidente più radicale di quella attuale. Potrebbe essere visto come un punto di non ritorno politico da Xi. Un eventuale ritorno del GMD potrebbe invece rilanciare solo in parte il dialogo, anche perché la Repubblica popolare non è più la stessa del 2015. E la questione di Taiwan ha assunto una maggiore valenza internazionale e geostrategica all'interno della competizione con gli Stati Uniti. Il lungo conto alla rovescia per le elezioni presidenziali del 2024 comincia da sabato 26 novembre.