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e-commerce
Tecnologia: la strategia digitale di Xi
Riccardo Bosetti
17 luglio 2020

Nel 2015 il governo cinese ha annunciato ufficialmente in un libro bianco governativo la creazione della Digital Silk Road (DSR - 数字丝绸之路), nota anche come Information Silk Road (信息丝绸之路). Obiettivo dichiarato: creare un'infrastruttura “digitale” sino-centrica attraverso la quale Pechino possa affermarsi come potenza economica e tecnologica. Come per la Belt and Road Initiative (BRI), il successo della DSR  dipende da diversi fattori come l’estensione della sua infrastruttura (reti cellulari, cavi a fibre ottiche e data center), lo sviluppo e la diffusione delle proprie tecnologie (come il sistema di navigazione BeiDou il cui ultimo satellite – modello 3B – è stato lanciato lo scorso 23 giugno, le reti 5G, l’intelligenza artificiale e la computazione quantistica) e il rafforzamento dell'interdipendenza economica tra la Cina e i propri partner. 

 

Strumenti digitali a sostegno dell'espansionismo cinese

 

Questi obiettivi rientrano all’interno della Internet Plus Strategy (互联网+), un programma   della DSR che cerca di integrare tutte le infrastrutture e le tecnologie digitali descritte finora per migliorare lo sviluppo e l’erogazione di servizi e-commerce, reti industriali, Internet banking da parte delle società cinesi, aiutandole così ad aumentare la loro presenza sui mercati internazionali. In termini di avanzamento e rilevanza progettuale, a rappresentare il miglior esempio di questa strategia è oggi l’eletronic World Trade Platform (eWTP) di Alibaba. Secondo la visione di Jack Ma, fondatore di Alibaba, l’eWTP ha come obiettivo quello di esportare un nuovo modello di business fondato sull’e-commerce che avvantaggi le piccole e medie imprese (Pmi). L’ossatura di questa piattaforma sono gli e-hub per il commercio elettronico all’interno dei quali le Pmi possono usufruire di un vero e proprio “ecosistema” di servizi e infrastrutture fisiche e digitali tra cui Ali Cloud, Ali Pay e Ali Express. Una piattaforma messa a disposizione da Alibaba, che accompagni, migliori e velocizzi il processo di export e internazionalizzazione delle imprese. Attualmente operativi, seppure a diversi stadi di avanzamento, sono gli e-hub di Malesia (Kuala Lumpur), Rwanda (Kingali) e Belgio (Liegi). Durante la pandemia di Covid-19, questi centri hanno svolto una funzione di snodo che ha permesso un rifornimento di materiale medico-sanitario dalla Cina veloce e a prezzo concorrenziale per i paesi ospitanti: a metà marzo ad esempio, un aereo cargo partito dalla Cina ha portato a Liegi mezzo milione di maschere chirurgiche tramite l’eWTP.

 

L'eWTP viene descritta come uno strumento valido per spingere la transizione digitale dell’economia mondiale, aiutando soprattutto i paesi meno sviluppati a ridurre i tempi e i costi di tale processo.  Proprio per questo motivo, l’eWTP è stata inserita anche dalle Nazioni Unite come parte fondamentale della propria “Agenda 2030 per uno Sviluppo Sostenibile”. Tuttavia, molti studiosi diffidano di questa visione, ritenendo che l’eWTP nasconda dietro le sue promesse chiare mire egemoniche. Sebbene prometta di offrire un nuovo schema di "globalizzazione inclusiva", l'eWTP non rinuncia ad esportare quel modello così caro a Pechino che però è anche stato etichettato di “dittatura digitale” da parte dei suoi critici. In effetti, tutti i servizi promossi dall’eWTP sono soggetti alla regolamentazione cinese in materia di cyber security che permette alle autorità cinesi di analizzare dati ritenuti sensibili per la sicurezza nazionale. Il problema in questo caso non è tanto la norma in sé quanto il modo in cui viene formulata: essa non specifica in maniera chiara cosa sia sensibile per la sicurezza nazionale. Si lascia pertanto ampia discrezionalità alle autorità nel raccogliere e nel caso violare dati privati di aziende e consumatori. 

 

Un sistema di standard alternativo a quello occidentale

Tuttavia, una questione ancora più importante della violazione di dati sarebbe il consolidamento e la condivisione erga omnes di questa pratica da parte degli stati coinvolti nell’eWTP. Infatti, se tale approccio diventasse prassi anche all’estero e venisse accettato dagli stati che via via si appoggiano all’eWTP potrebbe imporsi come standard a livello internazionale. Un esito che contribuirebbe a promuovere il modello normativo-digitale cinese, sulla cui diffusione e affermazione Pechino si sta già battendo alacremente. Non è infatti un mistero che la Cina intenda proporre una propria alternativa al modello digitale occidentale. In questo senso va anche letta la riluttanza dimostrata da Pechino nell’adottare standard digitali internazionali condivisi o firmare qualsiasi accordo per un maggiore impegno sulla trasparenza nella trasmissione e condivisione dei dati con Stati Uniti e Unione Europea. Indicativo inoltre il rifiuto nel 2015 a sottoscrivere il nuovo quadro volontario promosso da Australia e Giappone all’interno dell’Asia Pacific Economic Cooperation (APEC) per rinnovare le regole della privacy sulla gestione dei dati transnazionali. 

 

I rischi di "colonialismo digitale"

 Ultimo rischio, ma per questo non meno importante, è che l’eWTP possa contribuire  all’affermazione di un “colonialismo digitale” alla cinese.  La normativa digitale a cui è soggetta anche l’eWTP è infatti particolarmente ostile nei confronti di aziende e paesi stranieri, tende cioè ad escludere la loro partecipazione nello sviluppo e gestione delle singole piattaforme digitali. La conclusione è implicita ma ovvia: Alibaba sarebbe l’unico provider di servizi digitali oltre che gestore esclusivo dei dati transitanti sulla piattaforma. Il rischio è quindi che i paesi partecipanti all'eWTP si trovino completamente dipendenti dall'infrastruttura digitale cinese, dall'accesso alla piattaforma fino alla condivisione dei dati. Ciò potrebbe portare a una situazione in cui la Cina diventi il principale gatekeeper per tutti quei paesi che desiderano sfruttare le nuove tecnologie messe a disposizione da Alibaba con l’eWTP.

 

Pechino, attraverso l’eWTP, potrebbe quindi approfittare del potere economico e tecnologico di Alibaba per influenzare il commercio globale, contribuendo a plasmare un nuovo quadro normativo per il mondo digitale in competizione con quello occidentale. Diventando il principale fornitore di servizi di e-commerce, Alibaba potrebbe creare una rete di paesi che nel tempo diventino sempre più dipendenti dalla Cina (dalla fornitura di infrastrutture e servizi) e più centrati su di essa (a causa della crescente dipendenza economica e tecnologica). Ma soprattutto, queste iniziative potrebbero ulteriormente sostenere l'attuale fase di internazionalizzazione e promozione del soft power da parte del governo cinese. Un esito non lontano dalla visione di Xi Jinping, per cui la Cina dovrebbe emergere come una superpotenza informatica promuovendo le "innovazioni indigene" e la sua "sovranità di rete", con l'obiettivo di sfidare la cyber-egemonia degli Stati Uniti e istituire una più pervasiva presenza degli standard digitali cinesi, in particolare nei Paesi in via di sviluppo.

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Asia Cina Geoeconomia OBOR
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AUTORI

Riccardo Bosetti
Global Policy Institute

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