Con il Summit G20 di Roma ormai ai nastri di partenza le aspettative sono decisamente alte. La domanda che anzitutto bisogna porsi: come evitare il rischio di un G20 che non vada oltre una “photo opportunity” tra i leader globali (e neppure tutti - data l’assenza di alcuni come Putin e Xi)? Per abbozzare una risposta, va anzitutto ricordato che il Summit finale è solo la punta dell’iceberg del G20: rappresenta infatti il culmine di uno sforzo multilaterale durato un anno e che nel corso del 2021 ha incluso 19 Working Groups e 13 Ministeriali. Dunque, il modo migliore per procedere è valutare se, e in che misura, il G20 italiano ha già raggiunto dei risultati sulle principali sfide globali raggruppate dalla presidenza italiana nelle “3P” – People, Planet and Prosperity – e cosa invece rimane ancora da fare. A tal fine, prenderò in considerazione anche i lavori del Think20 (T20), l’engagement group ufficiale del G20 che riunisce centinaia di think-tank da tutto il mondo per fornire raccomandazioni di policy ai leader del G20. Tra queste raccomandazioni rientrano anche quelle riguardanti questioni globali su cui il G20 ha raggiunto risultati soltanto parziali, o su cui non è stato ancora in grado di raggiungere alcun risultato.
People
Nel mezzo di una pandemia, le persone – People – rappresentano di certo la principale priorità. Ad oggi, il Covid-19 ha causato oltre 5 milioni di vittime: i vaccini sono ora disponibili, ma la loro produzione e distribuzione sono ancora troppo lente e disomogenee. La pandemia ha lasciato dietro di sé 124 milioni di nuovi poveri, 33 milioni di nuovi disoccupati, ed oltre 500 milioni di giovani che rischiano di essere tagliati fuori dall’istruzione. Il G20 si è impegnato a vaccinare almeno il 40% della popolazione globale entro la fine del 2021, a rafforzare le reti di protezione sociale per ridurre povertà e disoccupazione, e a recuperare il terreno perduto sul fronte dell’istruzione colmando, tra le altre cose, il gap nelle infrastrutture digitali dei Paesi più poveri. Ovviamente, si dovrebbe fare di più – e più in fretta. E il T20 ha cercato di fare la propria parte offrendo opzioni di policy per affrontare al meglio queste sfide. Riguardo ad esempio alla questione della salute globale abbiamo proposto al G20 di istituire un “Global Health Equity Observatory” per raccogliere dati comparati tra i paesi in merito alle disuguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari. Sul tema della povertà e della disoccupazione, abbiamo suggerito l’introduzione di un reddito minimo globale – una misura che a prima vista può sembrare troppo ambiziosa, ma che in realtà si fonda su basi solide e realmente attuabili. Ci siamo inoltre focalizzati sul rafforzamento delle opportunità lavorative dei gruppi svantaggiati, in particolar modo i giovani e le donne imprenditrici, e abbiamo richiamato l’attenzione sull’importanza di regolamentare il lavoro da remoto. Infine, migliorare l’accesso all’istruzione resta cruciale per recuperare il terreno perduto durante la pandemia, attraverso un miglioramento del monitoraggio e della valutazione dei programmi scolastici, e colmando il gap digitale.
Planet
Se la salute globale rappresenta la sfida più pressante nel breve termine, i cambiamenti climatici e il futuro del Pianeta sono indubbiamente le questioni più importanti in un’ottica di lungo periodo. Il riscaldamento globale non è una “fake news” ma è già in atto, come mostrato chiaramente dalla frequenza sempre maggiore di eventi meteorologici estremi (quintuplicati nel corso degli ultimi 50 anni). Nel corso della riunione dei Ministri dell’Energia e dell’Ambiente di luglio, il G20 si è sforzato di andare oltre la legacy delle presidenze precedenti e di alzare l’asticella delle ambizioni: ad esempio riconoscendo come l’impatto dei cambiamenti climatici sarà decisamente minore se l’aumento delle temperature globali sarà contenuto entro 1.5° C anziché al di sotto dei 2° C, o rinnovando l’impegno di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 per supportare i Paesi in via di sviluppo nell’attuare misure di mitigazione e adattamento climatico. In aggiunta, su richiesta del G20, il FMI ha approvato un’emissione senza precedenti di 650 miliardi di Diritti Speciali di Prelievo, che punta anch’essa a sostenere la transizione verde nei Paesi emergenti; è stato poi istituito un Working Group sulla Finanza Sostenibile, portando così il tema al livello dei Ministri delle Finanze (e non relegandolo più a una discussione tra esperti e funzionari pubblici, come avveniva in passato).
Tuttavia, non è ancora stato raggiunto un accordo per una graduale eliminazione del carbone e dei sussidi pubblici ad esso collegati. Oltre ad esortare i leader G20 a raggiungere un compromesso su questi temi, il T20 ha condiviso una serie di raccomandazioni su “Planet”: ad esempio, fornire ai Paesi emergenti fondi adeguati per affrontare la transizione. Per questo motivo è necessario definire una tassonomia internazionale comune per facilitare gli investimenti green. Proponiamo inoltre di istituire una Commissione che offra capacity building ai lavoratori penalizzati dai cambiamenti climatici e dalla transizione energetica. Abbiamo infine richiamato l’attenzione sull’agricoltura per rendere i nostri sistemi alimentari più resilienti e rafforzare il ruolo dei piccoli agricoltori.
Prosperity
L’ultima – ma non certo meno importante – “P” è quella di Prosperity. L’economia globale sta tornando rapidamente ai livelli pre-crisi (+5,9% nel 2021, secondo le ultime stime del World Economic Outlook del FMI), ma si intravvedono già parecchi rischi dietro l’angolo: l’incremento del debito pubblico- sia nelle economie avanzate sia negli emergenti- fino a toccare il 100% del PIL globale – potrebbe causare una nuova crisi finanziaria; lo stallo nei negoziati commerciali multilaterali potrebbe mettere a repentaglio la libertà e la trasparenza negli scambi globali; una transizione digitale diseguale potrebbe inasprire, anziché ridurre, le disuguaglianze esistenti. Su questi temi il G20 Italiano ha raggiunto alcuni importanti risultati: l’accordo su una tassazione minima globale per le multinazionali e l’estensione della Debt Service Suspension Initiative sono state azioni fondamentali per stabilire regole del gioco condivise – rifuggendo da pratiche di concorrenza sleale - e sostenere la ripresa globale.
Il T20 ha invitato i leader del G20 ad andare oltre queste misure. La ripresa economica dovrebbe infatti essere promossa mantenendo politiche monetarie e fiscali espansive per un periodo prolungato ed attraverso la creazione di un Global Liquidity Insurance Mechanism per sostenere le economie in via di sviluppo. Il G20 dovrebbe inoltre prestare attenzione ai rischi di future crisi finanziarie: sono necessari strumenti innovativi per ridurre progressivamente gli stock di debito, anche con l’obiettivo di promuovere la trasparenza nei flussi globali di capitali e combattere la corruzione internazionale. Per quanto riguarda il commercio internazionale, il T20 ha posto l’accento sull’importanza di procedere con le riforme dell’OMC e di regolamentare meglio l’e-commerce. Infine, occorre affrontare il tema della transizione digitale in modo che tutti possano trarre beneficio dalle sue opportunità: per questa ragione il G20 dovrebbe investire maggiormente nella formazione digitale femminile ed esplorare nuovi meccanismi di finanziamento per facilitare l’inclusione digitale.
Guardando dunque sotto la punta dell’iceberg, va riconosciuto che il G20 ha già conseguito – almeno in parte – alcuni importanti risultati nell’affrontare le principali sfide globali. E il T20 ha fatto la propria parte fornendo proposte di policy. Occorre però anche essere realisti e consapevoli che, in un contesto di crescenti tensioni internazionali, sarà difficile che i decisori politici prestino pieno ascolto alle nostre raccomandazioni per riattivare il sistema multilaterale. Il percorso del G20 italiano è stato lungo e tortuoso. Il T20 si è impegnato al meglio per delineare un quadro quanto più nitido possibile su come percorrere l’ultimo miglio.