Tornante politico in Yemen: tregua e nuova leadership
Salta al contenuto principale

Form di ricerca

  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED

  • login
  • EN
  • IT
Home
  • ISTITUTO
  • PALAZZO CLERICI
  • MEDMED
  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI

  • Home
  • RICERCA
    • OSSERVATORI
    • Asia
    • Digitalizzazione e Cybersecurity
    • Europa e Governance Globale
    • Geoeconomia
    • Medio Oriente e Nord Africa
    • Radicalizzazione e Terrorismo Internazionale
    • Russia, Caucaso e Asia Centrale
    • Infrastrutture
    • PROGRAMMI
    • Africa
    • America Latina
    • Global Cities
    • Migrazioni
    • Relazioni transatlantiche
    • Religioni e relazioni internazionali
    • Sicurezza energetica
    • DataLab
  • ISPI SCHOOL
  • PUBBLICAZIONI
  • EVENTI
  • PER IMPRESE
    • cosa facciamo
    • Incontri su invito
    • Conferenze di scenario
    • Formazione ad hoc
    • Future Leaders Program
    • I Nostri Soci
  • ANALISTI
Focus Mediterraneo allargato n.19

Tornante politico in Yemen: tregua e nuova leadership

Eleonora Ardemagni
06 giugno 2022

Una tregua e una nuova leadership: dopo sette anni di guerra[1], lo Yemen attraversa una fase di opportunità politiche. La tregua nazionale, mediata dalle Nazioni Unite fra tutte le parti in conflitto, è in vigore, per due mesi, dal 2 aprile: nonostante alcune violazioni, la buona notizia è che la tregua sta reggendo e il numero di vittime e feriti civili si è dimezzato dal suo inizio[2]. La speranza è che l’interruzione informale dei combattimenti si trasformi in un cessate-il-fuoco permanente. Intanto, il presidente ad interim Hadi trasferisce i suoi poteri, sotto la spinta di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (Eau), a un Consiglio presidenziale di otto membri. Il nuovo Consiglio è anche incaricato di negoziare il cessate-il-fuoco con gli houthi. Dal movimento-milizia sciita del nord arrivano segnali politici contrastanti. E nel quadrante del Mar Rosso-Bab el Mandeb-Golfo di Aden entra in funzione la Combined Maritime Forces-153: una nuova task force multinazionale, a guida Usa, per contrastare il contrabbando di armi nell’area, in primis quello di matrice iraniana per gli houthi.

 

Colloqui inter-yemeniti e due mesi di tregua nazionale

Fra il 30 marzo e il 7 aprile 2022 il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc) ha organizzato colloqui inter-yemeniti a Riyadh, presso la sede del Gcc. Gli houthi, conosciuti anche con il nome del loro movimento politico Ansar Allah, hanno rifiutato di partecipare, dichiarandosi pronti a farlo solo in un paese neutrale e chiedendo, prima di un ipotetico negoziato, la fine dell’embargo della coalizione a guida saudita sui territori controllati dagli houthi. In parallelo, nella capitale del Sultanato dell’Oman, le parti in conflitto hanno negoziato, con la mediazione delle Nazioni Unite, una tregua nazionale (ovvero un accordo informale di interruzione dei combattimenti), in vigore dal 2 aprile 2022[3]. Muscat è da anni al centro della diplomazia regionale per lo Yemen.

La tregua, iniziata in concomitanza con il mese sacro del Ramadan, avrà due mesi di durata e potrà essere rinnovata con il consenso delle parti. Essa prevede l’interruzione di tutte le offensive militari di terra, aeree e marittime “dentro e fuori dallo Yemen” inclusi, dunque, gli attacchi degli houthi contro l’Arabia Saudita e gli Eau, nonché gli obiettivi economico-commerciali nel Mar Rosso. Le Nazioni Unite registrano una significativa riduzione della violenza nel paese nonostante i perduranti scontri – seppur di intensità minore – nell’area centrale di Marib, la linea del fronte più calda dal 2021. L’obiettivo dell’Onu è costruire, in questa fase, un negoziato politico che trasformi la tregua in un cessate-il-fuoco. Più concretamente, la tregua comprende: l’ingresso di diciotto navi trasportanti carburante nei porti del governatorato di Hodeida; due voli aerei civili a settimana da e per l’aeroporto internazionale di Sanaa, in collegamento con Egitto e Giordania; nuove discussioni per la riapertura delle strade intorno alla città di Taiz.

Al di là dell’effettiva tenuta, il raggiungimento di una tregua nazionale non era affatto scontato, data la gravità – umana e simbolica – degli attacchi reciproci. Per esempio, un bombardamento saudita contro una prigione aveva ucciso oltre ottanta persone nella città di Saada (21 gennaio 2022); uno dei numerosi attacchi missilistici degli houthi contro obiettivi civili in Arabia Saudita aveva colpito un deposito di petrolio a Jedda (26 marzo 2022) nei pressi del circuito ospitante la gara automobilistica di Formula Uno, in corso in quei giorni. Proprio il 26 marzo gli houthi avevano annunciato tre giorni di tregua unilaterale, rinnovando le loro richieste alla Coalizione: fine dell’embargo e dei bombardamenti.

Il dopo Hadi. Il nuovo Consiglio presidenziale: otto membri, quattro dinamiche

Il 7 aprile 2022, con una mossa inattesa, il presidente ad interim dello Yemen Abdu Rabu Mansour Hadi ha diffuso una dichiarazione presidenziale[4] con cui ha trasferito i propri poteri a un Consiglio presidenziale di otto membri, presieduto da Rashad al-Alimi. Anche i poteri del vicepresidente yemenita, il potente generale Ali Mohsin al-Ahmar (che rimane vicecomandante delle forze armate) sono stati trasferiti al Consiglio presidenziale. Il nuovo organo, che si propone di compattare il fronte anti-houthi (fin qui frammentato e conflittuale), avrà il compito di negoziare un cessate-il-fuoco permanente con gli houthi, nonché di gestire la transizione verso l’elezione di un nuovo presidente. Sono stati altresì istituiti un comitato per la riconciliazione, uno economico e un team legale. Il 17 aprile 2022 il Consiglio presidenziale ha simbolicamente giurato ad Aden, di fronte ad alcuni membri del parlamento in carica (datato 2003). La salute di Hadi, 77 anni, già vice dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh, si era fatta negli anni più precaria: eletto presidente – da candidato unico – nel 2012, il suo mandato era formalmente scaduto dal 2014.

Il presidente del nuovo organismo al-Alimi, 68 anni, è originario di Taiz (la città storicamente al confine fra Yemen del nord e del sud) ed è membro del General People’s Congress, il partito dell’ex presidente Saleh, seppur vicino anche a Islah, l’altro partito nazionale yemenita, che raccoglie i Fratelli Musulmani, l’universo conservatore-tribale e parte dei salafiti. Al-Alimi è stato vicepremier negli anni della presidenza Saleh, nonché ministro degli Interni (2001-08): ferito, insieme al presidente Saleh, durante l’attacco alla moschea del palazzo presidenziale nel corso della rivolta anti-governativa del 2011, al-Alimi ha vissuto in Arabia Saudita dopo la presa di Sanaa da parte degli houthi (2015), diventando poi consigliere di Hadi. Oltre ad al-Alimi, i restanti sette membri del Consiglio presidenziale sono: Aydarous al-Zubaidi, presidente del secessionista Consiglio di Transizione del Sud (Stc), appoggiato dagli Eau; Tareq Saleh, nipote dell’ex presidente e capo delle National Resistance Forces (Nrf) basate nell’area occidentale di Mokha-Bab el-Mandeb e sostenute dagli Eau; Sultan Ali al-Arada, governatore del governatorato centrale di Marib, vicino a Islah; Faraj Salmin al-Bahsani, governatore del governatorato sudorientale dell’Hadhramawt nonché comandante della Seconda Regione Militare dell’esercito yemenita (che include le Hadhrami Elite Forces, sostenute dagli Eau); Abd Al Rahman al-Muharrami (conosciuto anche come Abu Zaara), comandante delle Giants Brigades, alleate di Tariq Saleh e sostenute dagli Eau. Infine, vi sono Othman Hussein Mujali, capo tribale e parlamentare di Saada (la roccaforte degli houthi), vicino però all’Arabia Saudita e già ministro dell’Agricoltura; Abdullah al-Alimi Bawazeer, già capo dello staff del presidente Hadi nonché vicino a Islah.

Osservando la composizione del Consiglio presidenziale, bilanciato fra yemeniti settentrionali (houthi esclusi) e meridionali, è possibile individuare quattro dinamiche di potere, utili per comprendere quanto lo Yemen sia cambiato dopo sette anni di guerra. La prima dinamica è la sostituzione dei partiti politici – già deboli poiché innervati da appartenenze tribali e regionali –  con gruppi armati, o con movimenti nati da gruppi armati. La seconda riguarda l’assenza di leader politici nazionali e, specularmente, la proliferazione di leader locali, che governano su specifiche porzioni di territorio. La terza dinamica è il sostanziale fallimento dei tentativi di coalizione fra gruppi: il fronte che si oppone agli houthi rimane molto diviso ed esprime agende politiche diverse nonché leadership rivali. Infine, spicca la presenza di leader militari e politici di gruppi fortemente legati agli Eau – anche in termini di sostegno finanziario e militare – nonostante i soldati emiratini si siano massicciamente ritirati dal paese nel 2019.

Dopo la nomina, al-Alimi è stato immediatamente ricevuto dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman al-Saud, insieme ai membri del Consiglio: Riyadh e Abu Dhabi sono i primi sponsor – nonché gli ispiratori – del “passaggio di consegne” al vertice yemenita. Al-Alimi è stato successivamente ricevuto anche dall’emiro di Abu Dhabi e presidente degli Eau Mohammed bin Zayed al-Nahyan. Dal punto di vista finanziario, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno annunciato 3 miliardi di dollari in aiuti per lo Yemen (2 miliardi dai sauditi e 1 dagli emiratini): l’obiettivo, ambizioso, è permettere alle istituzioni riconosciute di erogare i servizi di welfare e pagare gli stipendi pubblici, fornendo così – nei fatti – legittimità al nuovo corso.  

 

La reazione degli houthi e il nodo dei soldati-bambini

Dopo l’annuncio di Hadi, la prima reazione pubblica degli houthi è stata negativa. Il portavoce nonché capo negoziatore del movimento-milizia, Mohammed Abdulsalam, ha dichiarato che la nomina del Consiglio presidenziale è solo un “disperato tentativo di ristrutturare i ranghi dei mercenari per spingerli verso ulteriori escalation”[5]. Tuttavia, nelle ultime settimane, gli houthi hanno operato alcune, calibrate, aperture diplomatiche. Dopo i tre giorni di tregua unilaterale, il movimento yemenita del nord ha partecipato ai negoziati di Muscat per la tregua nazionale. Per la prima volta dall’assunzione dell’incarico nel 2021, l’inviato speciale dell’Onu in Yemen, il diplomatico svedese Hans Grundberg, ha visitato Sanaa: un viaggio di tre giorni in cui Grundberg ha fatto il punto su tregua e percorso negoziale. Il 27 aprile, dopo la mediazione dell’Oman, gli houthi hanno poi rilasciato gli undici membri dell’equipaggio della nave cargo Rwabee (battente bandiera emiratina). La nave commerciale era stata sequestrata dagli houthi, il 3 gennaio 2022, al largo di Hodeida nel Mar Rosso, con l’accusa di trasportare materiale militare in Arabia Saudita.

C’è un passo, significativo e inedito, sul tema dei bambini-soldato, almeno da una prospettiva formale. Infatti, il 20 aprile 2022 gli houthi si sono impegnati, tramite un “piano d’azione” firmato con le Nazioni Unite, a fermare e prevenire il reclutamento di bambini nel conflitto armato, impegnandosi altresì a identificare e rilasciare i bambini nei loro ranghi nell’arco di sei mesi. L’Onu ha verificato il reclutamento e il dispiegamento da parte houthi di 3.500 bambini. Secondo uno studio del 2021, gli houthi avrebbero “forzatamente reclutato” 10.300 bambini in Yemen dal 2014, anche attraverso l’uso strumentale delle istituzioni educative, l’indottrinamento nonché compensi economici alle famiglie dei bambini reclutati nelle aree nord-occidentali da loro controllate[6]. L’impegno con le Nazioni Unite è forse un indizio ulteriore che gli houthi intendano perseguire il riconoscimento formale del territorio da loro controllato.

 

Una nuova task force nel Mar Rosso: sicurezza marittima e contrabbando di armi per gli houthi

Al largo dello Yemen, c’è una nuova task force multinazionale di contrasto al contrabbando. Il 17 aprile 2022 è stata infatti varata la Combined Maritime Forces (Cmf) 153, che sarà inizialmente guidata dagli Stati Uniti. La Cmf-153, dispiegata fra Mar Rosso, Bab el-Mandeb e Golfo di Aden, si aggiunge alle missioni di sicurezza marittima delle Cmf-150, 151 e 152, già attive nel contrasto a contrabbando e pirateria nell’Oceano Indiano occidentale, soprattutto nell’area del Golfo: il comando delle Combined Maritime Forces (organizzazione di 34 nazioni) si trova presso la V Flotta degli Stati Uniti, basata in Bahrein. L’obiettivo della nuova Cmf-153 è assicurare la libertà di navigazione nel quadrante, contribuendo inoltre agli sforzi di capacity-building. La missione ha il compito di contrastare il contrabbando di carbone, droga, armi e il traffico di persone. Seppur non sia mai stato apertamente dichiarato, lo scopo primario della missione è proprio il contrabbando di armi iraniane destinate agli houthi dello Yemen (oltreché il contrabbando di carbone, fonte di autofinanziamento per gli Al Shabaab della Somalia). Alla fine del 2022 un partner regionale subentrerà agli Stati Uniti nella guida della task force. Anche lo Yemen è membro della Cmf.

A proposito di sicurezza marittima, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato, il 28 febbraio 2022, la risoluzione 2624 (2022), estendendo l’embargo sulle armi, più il blocco dei beni e il divieto di viaggio, all’intero movimento degli houthi (Ansar Allah), non solo a leadership e gruppo dirigente (come già dal 2015, risoluzione 2216)[7]. La risoluzione, fortemente voluta dagli Emirati Arabi Uniti dopo i recenti attacchi missilistici degli houthi contro Abu Dhabi, “incoraggia gli stati membri a sostenere gli sforzi di capacity-building della guardia costiera yemenita” relativamente all’embargo di armi agli houthi, invitando gli stati membri a “incrementare gli sforzi nella lotta al contrabbando di armi e componenti via rotte terrestri e marittime”. La risoluzione ha inoltre espresso “severa preoccupazione per la minaccia alla pace e alla sicurezza in Yemen” derivante dal trasferimento illecito e dall’accumulo di “armi leggere e di piccolo calibro”, condannando “il crescente numero di incidenti al largo della costa dello Yemen”, inclusi gli attacchi e la detenzione arbitraria di navi civili e commerciali[8]. Proprio la creazione della nuova task force Cmf-153, a guida Usa, potrebbe contribuire a migliorare le relazioni diplomatiche di Arabia Saudita ed Eau con gli statunitensi, facendo leva sulla sicurezza marittima (che incide su commercio ed energia), ovvero un obiettivo strategico condiviso[9].

 

SOURCES:

[1] Per un approfondimento delle cause e delle dinamiche del conflitto, incluso il ruolo degli attori interni, regionali e internazionali, si rimanda a E. Ardemagni, Yemen, sette anni di conflitto: attori, strategie, implicazioni, in V. Talbot (a cura di), ISPI Focus Mediterraneo Allargato n. 18, Osservatorio di politica internazionale, Senato della Repubblica, Camera dei Deputati , Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, gennaio 2022.

[2] Norwegian Refugee Council, Yemen: Civilian casualties halved since the start of the truce, 11 maggio 2022.

[3] Qui il testo integrale della tregua. OSESEGY-Office of the Special Envoy of the Secretary-General for Yemen, United Nations Initiative for a two-month Truce.

[4] Il testo completo è disponibile qui in inglese, Issuance of a Presidential Declaration on the Transfer of Power and the Formation of a Presidential Leadership Council.

[5] “Head of new Yemeni council promises ‘end to war’”, Al Jazeera, 8 aprile 2022.

[6] Asharq Al Awsat, Houthis Sign UN Plan to End Recruitment of Child Soldiers, 20 aprile 2022; Euro-Mediterranean Human Rights Monitor-SAM for Rights and Liberties, Militarizing Childhood: A report on the Houthis’ recruitment of Yemeni children during war, febbraio 2021.

[7] A differenza del passato, anche la Russia ha votato a favore. E.M. Lederer, UN slaps expanded arms embargo on Yemen’s Houthi rebels, Associated Press, 1 marzo 2022.

[8] Security Council Report, S/RES/2624, UN Documents, 28 febbraio 2022.

[9] Sulle prospettive della partnership fra Stati Uniti e monarchie del Golfo, E. Ardemagni, After Ukraine, should the US relaunch its security partnership with the Gulf?, ISPI Analysis, 6 aprile 2022.

Contenuti correlati: 
Perché il Medio Oriente teme la guerra in Ucraina

Ti potrebbero interessare anche:

Le mani di Pechino su Aden
Eleonora Ardemagni
ISPI e UNICATT
Podcast Globally: nuovi scontri tra Israele e Palestina, un film già visto?
Focus Mediterraneo allargato n.1
Valeria Talbot
ISPI
Blinken’s Israel-Palestine Tour: An Empty Shell?
Giordania: un inverno caldo
Mattia Serra
ISPI
Iran: tra proteste e guerra in Ucraina: una tempesta perfetta?
Jacopo Scita
Bourse and Bazar Foundation e Durham University

Tags

MENA Yemen
Versione stampabile

AUTORI

Eleonora Ardemagni
ISPI e Università Cattolica del Sacro Cuore

Image credits: Muhanad Iasin (CC BY-NC-ND 2.0)

SEGUICI E RICEVI LE NOSTRE NEWS

Iscriviti alla newsletter Scopri ISPI su Telegram

Chi siamo - Lavora con noi - Analisti - Contatti - Ufficio stampa - Privacy

ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) - Palazzo Clerici (Via Clerici 5 - 20121 Milano) - P.IVA IT02141980157